RACCONTO - Diario di un Assassino - INTERLUDIO
All’interno della Domus Aurea di Nerone, non solo la grande exhedra
semicircolare era stata scavata e riadattata all’uso della Specula, ma anche
altre sale minori.
L’imperator Diocleziano, stanco e curvato dall’artrite – ma
non piegato dagli eventi degli ultimi due anni – entrò al braccio della
Magistra Sapientum, si sedette sulla sua scranna a capotavola e attese che
anche gli altri Magistri della Specula si sedessero attorno al tavolo.
Alle sue spalle, nell’emiciclo di quel triclinium ormai
sotterraneo riadattato a sala riunioni, cinque nicchie seminascoste nell’ombra celavano
cinque misteri.
In quella centrale, direttamente alle spalle dell’imperatore,
stava la statua di un giovanissimo guerriero con la spada levata in alto in un
moto di esultanza, forse, e lo scudo ogivale ben piazzato di fronte a sé, come
a proteggersi. Tutti erano convinti che fosse un gesto di esultanza per l’espressione,
quanto mai umana e realistica, del volto ritratto nella viva roccia con gli
occhi levati al cielo e un sorriso sarcastico sulle labbra.
Le due nicchie laterali più esterne racchiudevano solo ombre
scure, nulla di più di quanto ci si potesse aspettare e molto di più di quanto
si potesse immaginare: a un buon ascoltatore non sarebbero sfuggiti – se avesse
anche solo osato pensare a quelle nicchie come non vuote – dei leggeri respiri
di tenebra.
La nicchia a destra della statua ospitava un semplice
specchio femminile, con un manico in avorio dall’aria particolarmente antica,
rivolto con la parte lucidata verso l’alto, a celare in realtà l’intricato
disegno a cinque cerchi che portava sul dorso in un fine lavoro di cesello e
sbalzo, mentre nell’ultima rimanente una fontanella chioccolava quieta nel
ricircolo perenne di un’acqua a cui nessuno era mai riuscito ad attingere da
bere.

L’aria stanca dell’imperatore dissuase i presenti dal
parlare in generale, in attesa dell’arrivo del Magister Umbra che, puntuale
sulle previsioni degli astanti, aprì la porta scaraventando dentro il
pretoriano malcapitato di turno, entrò nella sala riunioni bofonchiando una
sfilza colorita e fantasiosa di insulti di varia natura ai presenti a mo’ di
saluto e finendo per crollare seduto all’altro capo del tavolo rispetto all’imperator
dopo aver rivolto la parodia di un inchino a quest’ultimo e ignorato bellamente
tutti gli altri suoi pari.
Salvideno rise di gusto, scuotendo il capo e pagando la
posta, e fissò negli occhi l’ultimo arrivo nell’assemblea mentre un giro di
monete passava rapidamente di mano sopra e sotto il tavolo. La risata del
Magister Violentum divenne ancora più forte allorché Gawain comprese di essere
stato oggetto di scommessa per l’ennesima volta.
Diocleziano sorrise lieve, divertito dalla scena e passò
sottobanco al Magister Conciliatricum un sacchetto con un centinaio di
sesterzii. Aveva sperato, oltre che vivamente creduto, che con il passare degli
anni dalla sua nomina Gawain avesse imparato a frenare la sua volubilità. E
aveva perso.
«Bene, ci siamo tutti, quindi direi che possiamo iniziare le
valutazioni di fine anno e fare gli assegnamenti del caso…»
A prendere la parola era stato il magister exploratorum,
facente funzione in queste assemblee a porte chiuse, di vice e relatore, mentre
il collega del magisterium concordis si occupava di prendere appunti e redigere
poi un verbale che avrebbe archiviato nella biblioteca segreta del suo
magisterium.
Passarono le seguenti due ore a valutare quelle coorti che
erano state indicate come “mancanti”, ovverosia quelle coorti che da un lungo
periodo, superiore ai sei mesi, operavano in scarsità di personale.
Ad alcune mancava un sapiente, ad altre un violens… ogni
volta Gawain esponeva il proprio parere sulla valutazione complessiva della
coorte con un grugnito e approvava o disapprovava con un cenno secco della
testa l’inserimento dell’uno piuttosto che dell’altro allievo.
Alla fine giunsero a dover prendere in considerazione la
coorte XVII. La peggiore di tutta di la Legio M Ultima: il tasso di mortalità
dei suoi membri era il più alto in assoluto e aveva un ricambio continuo a
garantirne il continuo approvigionamento di “teste calde”. Era una delle poche
coorti con una numerazione così bassa ancora attiva, nonostante vi venissero
accorpati nuovi membri con una frequenza assurda vista la velocità con cui
morivano. Nella scaramantica visione tutta romana, infatti, il numero XVII
anagrammato diventava VIXI, cioè “vissi”, “fui” e non portava bene. Di
conseguenza, tutti gli elementi più scarsi, ingovernabili e ingestibili
venivano puntualmente assegnati a questa coorte, il cui numero veniva talvolta
sospeso, ma mai iscritto al Cippo delle Stelle che, dall’originaria stele nella
sala grande, si era esteso a ricoprire un’intera parete.
Questo perché, nell’ottica dei grandi filosofi del tempo che
erano stati consultati, se fosse successo avrebbe portato ben poca fortuna a
questo corpo speciale che invece, nel corso di quell’ultimo decennio, era
diventato florido e ben avviato. Insomma, sarebbe stata l’ammissione di inadeguatezza
della Specula, l’annunciare ai nuovi e vecchi Speculatores che ivi si riunivano
che anche la Specula aveva fatto il suo tempo, era “vissuta” e non sarebbe
stata più.
Cominciarono e enumerare pregi e difetti – di più i secondi –
dei vari componenti.
«Il comandante attuale: Haimricht Etrutrio Venetio.» Annunciò
il magister exploratorum, per poi uscirsene con un profondo e rammaricato
sospiro.
«Credo che tocchi a te, più che tutti noi, esporre la sua
valutazione.» Replicò Salvideno, con un ghigno, salvo poi ritornare alla
gravitas consona al momento, specialmente quando ripensò ai due violens che
erano stati accorpati alla stessa coorte più o meno nello stesso periodo.
«Capace, un fine cacciatore: non l’ho mai visto mancare una
traccia o una preda. Anche la sua scheda
di servizio, come esploratore delle varie Legioni in cui è stato dislocato,
riporta i suoi successi.»
«Ma?» Chiese la Magistra Sapientum.
L’uomo sospirò: «Ma è letteralmente ingestibile. Sempre a
dire “Signorsì, signore” per poi fare di testa propria. Rissoso, è stato
richiamato all’ordine più volte dai suoi superiori, compreso dal Renano quando
è stato dislocato nello stesso manipolo sul limes germanico.»
L’assemblea annuì, greve, in silenzio. Poco dopo il magister
riprese: «Dopo più di sei mesi non è ancora morto, nonostante con tutta la
coorte abbia fallito clamorosamente la missione di prova con l’abbandono delle
due compagne al proprio destino.»
Ancora, calò il silenzio, rotto dopo una lunga pausa dall’imperatore
in persona: «Considerando il rapporto del valutatore per quella missione, mi
sento di dire che sia un bene la sua assegnazione a quella coorte.»
Nessuno se la sentì di contraddirlo e a un suo cenno il portavoce
dell’assemblea citò un secondo nome: «T’Challa il Numida.»
Salvideno tossicchiò e scosse la testa sconsolato:
«Nonostante l’età avanzata, ha quasi trentotto anni, è un combattente
eccezionale, un Mastino perfetto… se non fosse che non è assolutamente in grado
di controllarsi ed è insubordinato.»
«Insubordinato? La sua scheda non ne fa parola.» Disse
soprapensiero il collega Conciliator.
«Se un ordine non lo vuole eseguire per chissà quale sua
strana logica, non solo non lo esegue ma impedisce anche ad altri di farlo.»
«Una sorta di paladino delle cause perse?» Ironizzò la
magistra e Gawain sbuffò irritato.
«Più o meno, Azia. Questa cosa si è dimostrata un grave
problema e la sua stazza non aiuta i comandanti ad aver ragione di lui: la
maggior parte delle volte ne sono intimoriti e lo lasciano fare, cosa questa inammissibile.
D’accordo che nelle coorti c’è più elasticità che in una legione e lui non ha
mai fatto nemmeno il servizio di leva fuggendo nel deserto numidico con la sua
schiava all’epoca, ma questo elemento non conosce limiti di sorta se la cosa
semplicemente non gli piace.»
L’assemblea al completo alzò la mano destra, a indicare che
l’assegnazione alla coorte XVII era confermata. Che si facesse pure ammazzare
in servizio, se nel farlo abbatteva più nemici possibili tanto di guadagnato.
Azia sorrise candida: «Non dimenticare che è anche una
sapiens.»
«Già, e questo mi lascia sempre molto perplesso, mia cara: perché
consentirle di seguire due corsi che a suo tempo avevamo definito
incompatibili?»
La domanda del Magister Conciliatricum rifletteva il dubbio
di quasi tutti i presenti. Fu l’imeprator a rispondere: «Perché dobbiamo
sapere, innanzitutto, come possono reagire gli speculatores che li fanno. Anche
Azia, a suo tempo, fece due magisterii incompatibili e, tutto sommato, il
risultato non è poi da scartare.»
«Resta il fatto che dalla scheda di questa ragazza, non
sarebbe mai dovuta diventare Speculatrix. Troppo debole, non sa combattere a
dire il vero il doctor addetto all’addestramento delle armi ha minuziosamente
descritto la sua totale incapacità a tenere in mano un pugio se messa sotto
attacco, un gladio nemmeno lo solleva. Come diamine è arrivata a passare la
fase finale?»
In molti guardarono all’imperator per una risposta alla
domanda di Salvideno. Il vecchio sovrano sospirò, allungò una mano e prese le
tavolette di cera che racchiudevano la storia della ragazza. Ricordò di una discussione
avuta a suo tempo con Zarich, uno dei suoi fidati Spectra, e decise di parlar
chiaro: «è una giovane donna molto portata per le arti occulte e anche per la
medicina, avendo avuto una madre guaritrice. Vista la sua totale incapacità a
reagire fisicamente a un attacco e la nostra necessità di scoprire gli effetti
collaterali di due magisterii antitetici come il Divinatorum e il Sapientum,
abbiamo deciso di farle fare anche la specializzazione come medico. Sembra ben
tollerare gli effetti congiunti delle pozioni e con la meditazione riesce a
evocare il suo essere un Fulmine a piacimento.»
Il magister exploratorum, prese le tavolette che l’imperatore
gli porgeva, le scorse per poi passarle alla collega alla sua sinistra, Azia.
«Ma ancora una volta si è dimostrata incapace e inaffidabile in combattimento:
dai rapporti giuntici non solo dal suo comandante, ma anche dal valutatore
della prova finale, non è in grado di fermare un guerriero entrato in Mastino.
Questo non sarà mai di alcuna utilità per nessuna coorte.»
Azia ripassò le tavolette con un sospiro. «Ecco perché è
stata assegnata a questa coorte. In fin dei conti è inutile e quanto si voleva
sapere dal test su di lei, lo abbiamo saputo. Al massimo potremmo assegnarla a
un hospitale qui a Roma se volessimo continuare a tenerla sotto osservazione,
ma non ritengo sia di alcuna utilità.»
«Perché, dici?»
«Perché, Gawain, di medici preparati all’hospitale ne
abbiamo in abbondanza e come risultato del test su di lei si è notato un
incremento delle sue meditazioni, segno questo inequivocabile di un’instabilità
psico-emotiva che prima o poi la porterà a estraniarsi completamente da questo
mondo terreno e abbracciare lo stato dello spirito. »
Gawain capì perfettamente cosa intendesse Azia. Sarebbe
successo a questa Tuscia ciò che era successo all’amica di Azia: sarebbe morta
per una disattenzione fatale motivata da una ricerca interiore nel momento
sbagliato. Annuì.
«Veniamo all’ultimo componente della coorte: confermiamo a
Caio Cornelio Scipione Renano la sua posizione?» La voce del magister
exploratorum interruppe i pensieri dei due vecchi amici.
Tutti guardarono all’imperatore il quale, con un sospiro
rassegnato, annuì. «Ha pestato troppi piedi durante la sua permanenza in Curia.
Per non parlare del modo in cui si è liberato dei suoi avversari politici,
della cui cosa l’unica nota positiva era che appartenevano tutti ai
Riformisti.»
Gawain sogghignò: a quei fatti lui non aveva assistito,
impegnato com’era a selezionare i primi speculatores adatti al suo nuovo
magisterium, ma erano una specie di leggenda. E quel Cornelio era lui stesso
una specie di leggenda vivente.
«Dunque, confermiamo la sua presenza in quella coorte.»
«Non possiamo fare altrimenti. Tenerlo a Roma, con il giro
di clientes che si ritrova e la notorietà del suo nome, nonché del suo
carattere iroso sarebbe come tenersi una fiera in seno sperando che non ti
sbrani. All’epoca erano tutti Riformisti, ma sappiamo tutti come in Senato lo
sport principale sia la diffamazione, la corruzione e il voto di scambio, tutte
cose alle quali Cornelio non è in grado – o non vuole – non dico sottostare, ma
nemmeno avere la decenza di combatterle in modo ortodosso. Non posso
permettermi di avere un agitatore in casa, per quanto in buona fede.»
Le parole dell’Imperator erano gravi, tanto quanto il suo
tono rammaricato: era chiaro che a personalità avrebbe di gran lunga preferito
gente come quel Cornelio in Senato, ma era pur vero che uomini tutti d’un pezzo
come lui ce n’erano pochi e con una guerra civile in corso ogni mossa andava
calcolata nei minimi dettagli.
«Allora è confermato: la coorte XVII Syriana mantiene i tre
uomini e viene allargata alla ragazza, Tuscia Sabina. Possiamo quindi passare
alla prossima coorte?» Espresse a voce alta il magister Conciliatricum, salvo
poi essere bloccato dal collega.
«Veramente c’è una richiesta da parte del comandante della
XVII.»
«E sarebbe?»
«Un sapiente che vada a sopperire alle mancanze di Tuscia
Sabina. Potremmo fornirgli un’ombra di mercurio specializzato sapiente. Che ne
dici Gawain?»
Il gallico guardò truce il collega. «Non ho nessuno di così
scarso da meritarsi questa assegnazione. Magari tra sei mesi.»
«Veramente uno ce l’hai e anche estremamente pericoloso.»
«No, non ce l'ho.»
«Se ti stava tanto sulle palle, Salvideno, perché non
avete provveduto alla sua eliminazione immediata?»
«Sai bene che le informazioni su di lui sono troppo
frammentarie, ma se è vero che Tamer Aziru Khenzer è il prediletto di Archantes…»
«Questo non giustifica la sua assegnazione a quella coorte!
Mi rifiuto!»
Gli altri magistri si guardarono tra di loro prima di
tornare a puntare uno sguardo severo su Gawain. Fu Azia a parlare. «Gawain, sai
essere freddo e calcolatore quanto tutti noi, per questo sei qui, per questo
sei stato scelto come Magister. Sai benissimo, soprattutto quando tu stesso hai
scoperto quante e quali importanti informazioni sulla Specula ha trafugato, ora
che ha passato anche la prova sulla tua isola sa anche dov’è dislocato il tuo
magisterium, che è quello meglio celato a chiunque! Davvero te la senti di
rischiare così tanto?»
«Ti ho detto che ho sostituito quasi tutti i rotoli,
ricopiandoli e omettendo le informazioni più segrete e importanti, inoltre ci è
stato utile per capire quali fossero i nostri punti deboli, visto il modo in
cui non solo si è infiltrato, ma addirittura ha trafugato informazioni a dir
poco vitali.»
Come finì di parlare, Gawain provò l’irresistibile impulso
di mordersi la lingua. Non lo fece, ma in compenso si lisciò i lunghi baffi
spioventi biondo rossicci soffocando nella mano una pesante imprecazione. Invece
di salvare il suo allievo migliore, lo stava condannando. Per non parlare della menzogna madornale appena detta: non aveva potuto far nulla di quanto detto in merito ai rotoli. Dopo quel primo giorno all'Isola, in cui non poteva assolutamente intervenire in tal senso pena l'esser scoperto, successivamente non era più riuscito a scovarli. Nemmeno quando Tamer se n'era andato per Ostia prima e per Damasco dopo non era riuscito a trovarli nei suoi alloggi. Ma questo era meglio che l'Assemblea Magistralis non lo venisse a sapere, dopotutto aveva già allertato chi di dovere ad Avaris per intervenire in merito, se proprio fosse stato necessario.
«Vi dico che non è più così fedele al suo ordine. Altre due
o tre scoperte su come si sta muovendo Archantes e sarà fedele solo a noi e ci
rivelerà tutto quanto vogliamo sapere sugli assassini di Seth molto meglio
della tua spia tra di loro, Azia.»
La sapiente annuì, ma non recedette dalla sua posizione:
«Comunque sia, con un traditore noto in seno, non so tu, ma io non sarei
tranquilla ad affidarlo a una qualunque coorte. A dir la verità, non lo
affiderei nemmeno alla XVII, ma direttamente agli aguzzini per estirpare ogni
più piccola informazione possibile.»
Gawain scosse la testa. «Lo sai che non parlerebbe mai, si
ucciderebbe piuttosto.»
Azia scrollò le spalle indifferente: «Non sarebbe comunque
una gran perdita.»
«Mi oppongo comunque a questa assegnazione. Basterà rubargli
quei rotoli, se proprio volete, e mandarlo il più lontano possibile da Aegyptus
avendo l’accortezza di fargli avere solo licenze corte così da non poter mai
tornare da Archantes.»
«Così, prima o poi, diserterà e noi saremo costretti a
dargli la caccia.»
Gawain si passò nervoso una mano tra i capelli lunghi fino
alle spalle e sciolti. Non poteva dar torto ad Azia, ma lui era certo che Tamer
sarebbe diventato uno speculator affidabile e fedele. Lo sapeva. Lo sentiva.
Troppi ormai erano i dubbi che gli leggeva negli occhi, nonostante la sua
costante impassibilità. «Io preferirei…»
«Basta, Gawain.» Lo riprese l’imperator. «Ai voti.»
L’assemblea magistralis votò, l’imperator si astenne. E
Tamer Aziru Khenzer, sapiente maestro
d’ombre e ombra di mercurio, nonché assassino di Seth, venne assegnato alla Coorte XVII Syriana, che doveva il suo nome ai suoi primi componenti, tutti siriani, e poi all’area di competenza, sempre più o meno in Syria.
d’ombre e ombra di mercurio, nonché assassino di Seth, venne assegnato alla Coorte XVII Syriana, che doveva il suo nome ai suoi primi componenti, tutti siriani, e poi all’area di competenza, sempre più o meno in Syria.
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