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Tra Storia e Fantasia: Gli Eroi


Buongiorno speculatore et speculatrice e ben ritrovati alla rubrica “Tra Storia e fantasia” dopo tanto, tantissimo, TROPPISSIMO tempo!
Riprendiamo da dove l'avevamo lasciata, nell'ultima puntata abbiamo parlato di religione, oggi parliamo dei personaggi, per la precisione dei nostri eroi. Sì, insomma, quelli che sembra facile fare, ecco.

E cosa potremo mai dire dei personaggi? In realtà, e molti scrittori saranno più che concordi con me, spesso e volentieri i personaggi rappresentano sfaccettature della personalità dell’autore, quelle parti di noi che nella vita di tutti i giorni non emergono, restano sul fondo a decantare. Non si tratta di una cosa alla “vorrei, ma non posso”, ma di qualcosa di molto più intimo e istintivo di cui noi stessi non ci rendiamo conto di avere.
E poi ci sono i personaggi che rispecchiano le altre persone, nel bene e – soprattutto – nel male, rispecchiando in questo tutta la nostra voglia di vendetta nei suoi confronti tramutandolo nel personaggio che muore male, ma male davvero. Piccoli egocentrismi da autori, alzi la mano chi non c’è mai passato che tanto non ci credo! 😜🤣
Oggi però ci concentriamo sui nostri protagonisti e comprimari, gli eroi insomma. E sul lavoro da farci sopra. Ovvio, qui molto dipende da come lo volete fare voi, ma vi ricordo anche alcuni paletti su come voi lo dovete fare. Perché, come sempre, niente è rose e fiori per gli autori.
Se già nella narrativa moderna contemporanea è difficile rendere “vero” il proprio personaggio e nei mondi fantasy lo è di più quando è caricato di fenomenali poteri cosmici… in un minuscolo spazio vitale (ammettetelo, lo avete letto con la vociona e il falsetto del genio di Aladdin      ), quando andiamo a mettere un personaggio in un fantasy storico le cose che sembrano già difficili si complicano se possibile ancora di più. E, paradossalmente, lo studio – che speravate di esservelo finalmente tolto dai piedi, eh? – sarà la vostra ancora di salvezza.
Il problema di un personaggio, specialmente di un eroe a cui dobbiamo far affezionare il lettore, è principalmente quello di un qualunque romanzo storico: deve essere aderente al tempo e al luogo in cui si trova. E se non lo è, le cose si complicano ancora di più. Anche se “al contrario”, l’opera di Turtledove è il classico esempio di ciò.
Il personaggio, infatti, deve essere aderente al luogo e al tempo in cui vive, fedele agli usi e costumi di dove è nato e cresciuto.
Facciamo un esempio: un egiziano di fine XVIII sec. a Versailles impomatato e incipriato che discorre con la regina Maria Antonietta è ben poco credibile, in qualunque modo vogliate girare la cosa. Non sta in piedi, perché un egiziano di quell’epoca in primo luogo difficilmente arriverebbe a Versailles, in secondo luogo è praticamente impossibile che riesca anche solo a scorgerla da distante, la regina e, infine, di sicuro non sarebbe vestito in farsetto sgargiante, scarpe di vernice con tacco alto, imparruccato e incipriato con tanto di neo finto accanto alla bocca.
Capite che intendo?
Per rendercene conto appieno basta fare quello in cui tutti gli scrittori sono bravi a fare nella solitudine del bagno o della scrittura, ossia il gioco delle scuse. Se ci pensate bene è un gioco che conoscete bene tutti, ovverosia il tentativo di arrampicata libera sugli specchi senza corde di sicurezza nel tirare fuori tutte quelle giustificazioni possibili che uno vorrebbe fossero vere, ma che la sua logica di scrittore gli smonta (sì, non lo volevo dire così apertamente, ma sto proprio parlando di quei momenti di solitudine in cui, guardando la scena appena scritta, parliamo da soli che Gollum ce spiccia casa cercando di convincerci che non è una ciofeca colossale. Fallendo miseramente, tra l’altro).
Un egiziano alla corte di Francia sarebbe o un servitore della più bassa lega o un ambasciatore, sarebbe vestito o poveramente oppure come un ricco sultano, parlerebbe sempre e comunque con quella flemma tipicamente araba che è nell’immaginario comune grazie a film come “Lawrence d’Arabia”.
Insomma, dobbiamo studiare usi e costumi in cui il nostro eroe è nato e cresciuto e quelli del posto dove vive. Alla fine possiamo decidere se dargli i famosi “fenomenali poteri cosmici”, in che misura (insomma, renderli un po’ meno cosmici) e bilanciarne gli effetti e le conseguenze con il suo modo di vivere e di rapportarsi con gli altri.
In fin dei conti, non è affatto necessario che siano eletti, unti dal Signore, eroi per caso che devono
salvare il mondo non essendo capaci in niente, ma riuscendo a fare tutto. Possono esserci, certo e nessuno vieta i cliché, tuttavia anche far sì che siano personaggi che hanno lavorato sodo per giungere dove sono non li rende meno veri o meno eroici. E non è nemmeno necessario che siano sopravvissuti a dei traumi infantili, orfani o che altro.
Infine preparatevi mentalmente al giudizio negativo su di loro. Perché un qualunque personaggio calato in un contesto storico, ucronico o meno, deve essere giudicato secondo parametri diversi, non con gli occhi o la morale odierna, ma con gli occhi, la morale e la mentalità calata nel tempo e nel luogo della storia. Purtroppo l’esperienza mi insegna che spesso il lettore giudica quanto scritto e i personaggi raccontati con la morale odierna, comoda e lontana dagli orrori della guerra. Ben altro tenore rispetto anche solo a un centinaio di anni fa!
Detto ciò, l’unica vera raccomandazione è di farli come volete, ma coerenti al contesto. E i giudizi negativi… rideteci su, è l’unica soluzione! 🤗🤗😉

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