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La nostra ucronia


1. Ambientazione

L’ambientazione si basa su tutto il territorio dell’Impero Romano all’epoca della sua massima espansione, nel 117 d.C., come da cartina.

2. L’ucronia

Per non andare a scomodare grandi imperatori, cosa che poi comunque abbiamo fatto, ma per giustificare anche un po’ il nostro desiderio di fantastico e di romanità imperiale, a partire dall’epoca imperiale classica molte cose non sono cambiate oppure sono state reintrodotte.
Il testo in blu farà facilmente riconoscere al lettore le parti della storia che sono state modificate per creare l’ucronia storica, così che anche chi non fosse avvezzo con quanto sotto descritto, potrà padroneggiare meglio i fatti reali da quelli inventati.

2.1. L’ucronia: definizione

L’ucronia (anche detta storia alternativa, allostoria o fantastoria) è un genere di narrativa fantastica basata sulla premessa generale che la storia del mondo abbia seguito un corso alternativo rispetto a quello reale. Per la sua natura, l’ucronia è spesso assimilata al più vasto genere della fantascienza e si incrocia con la fantapolitica, mescolandosi all’utopia o alla distopia quando va a descrivere società ideali o, al contrario, indesiderabili.
Il termine ucronia è stato coniato dal filosofo francese Charles Renouvier in un saggio (Uchronie) apparso nel 1857. Gli anglosassoni usano invece il termine più immediato alternate history (storia alternativa).
È ucronia chiedersi, ad esempio, cosa sarebbe successo in Europa, se l’Impero romano fosse sopravvissuto fino ai nostri giorni, se l’Impero bizantino non avesse subito l’invasione islamica, se la Rivoluzione Francese non fosse scoppiata, se Napoleone avesse vinto a Waterloo, se l’andamento della Grande guerra fosse stato diverso, se Hitler avesse vinto la seconda guerra mondiale.
Non sono invece considerate ucroniche le storie ambientate in un’epoca futura rispetto a quella in cui sono state scritte, come ad esempio il romanzo 1984 di Orwell scritto nel 1948.
Prima ancora che Renouvier coniasse il termine uchronie, si possono rintracciare numerose opere letterarie a sfondo ucronico, tra le quali si può citare la Histoire de la Monarchie universelle: Napoléon et la conquete du monde (1812-1832) di Louis Geoffroy (1836), in cui si immagina una campagna di Russia vittoriosa per Napoleone che fonda un impero universale popolato di invenzioni fantascientifiche. A dirla tutta, il primo esempio di ucronia può essere considerato il brano dell’opera Ab Urbe Condita dove Tito Livio contempla la possibilità che Alessandro Magno avesse sviluppato il regno macedone a ovest anziché a est.
Nella letteratura internazionale ricordiamo tra i maggiori scrittori di ucronie Philip Dick (La svastica sul sole), Harry Turtledove (i cicli di Invasione e Colonizzazione), Robert Harris (Fatherland).
Non di rado anche i romanzi del filone steampunk, prevalentemente ambientati nel XIX secolo, sconfinano nell’ucronia.


2.2. L’ucronia in gioco

Innanzitutto, i territori del nord non sono mai andati perduti o, meglio, sono stati persi e poi ripresi. La nostra ucronia inizia, difatti, con la crisi del III sec. a partire dall’avvento al potere del successore di Marco Aurelio, Commodo, colui che ha dato il via a un’incrinatura nella fiducia popolare sempre più vasta.
È passata da pochissimo l’epoca dei “cinque buoni imperatori”, epoca d’oro per tutto l’impero con una pace stabile. Questo è l’ultimo periodo della famosa pax romana, terminato proprio con Commodo.
Il figlio di Marco Aurelio incrinò l’equilibrio istituzionale raggiunto e con il suo atteggiamento dispotico favorì il malcontento sia delle province che dell’aristocrazia. Il suo assassinio diede così il via a un periodo di guerre civili, quella che viene definita – per l’appunto – la crisi del III secolo.
Successore di Commodo fu il famigerato Lucio Settimio Severo, famigerato non tanto per l’origine provinciale (veniva dalla Cyrenaica, l’attuale Libia), quanto per essere stato il primo degli imperatori generali salito al potere con l’ausilio delle legioni e che instaurò la dittatura militare che poi avrebbe devastato con lotte di potere continue l’impero per quasi tutto un secolo.
Ai pochi superstiti dei Severii che si distaccarono dall’operato di Settimio Severo e che si trasferirono in Achaia venne fatto divieto di partecipare alla vita militare: mai più un Severo avrebbe cavalcato nelle Legioni, come anche venne imposto di non utilizzare più il nome Settimio come già era successo per gli Antonii quando venne fatto divieto di usare il prenome Marco per ordine di Ottaviano Augusto.

Tra il 211 d.C., anno della morte di Settimio Severo e il 235 d.C., #quando l’esistenza della gens Severa venne quasi completamente eliminata,# il malcontento popolare crebbe fino a sfociare in un periodo di aperta anarchia con imperatori eletti dalle legioni che duravano al potere sempre meno.
La crisi politica era diventata aperta anarchia militare e il Senato di Roma ben poco riusciva a fare: le legioni erano più fedeli al generale di turno che al popolo e all’impero.
Nel periodo più buio della storia romana, dal 244 al 268 si succedettero sei imperatori, uno addirittura durò solo quattro mesi.
Nel 268 ebbe inizio il ventennio dell’anarchia totale, periodo durante il quale salirono al potere gli Illyrici, ma con una durata media di uno o due anni.
#In questo ventennio il popolo romano e anche quello delle province si trova preso in mezzo tra i fuochi di mille battaglie e questo lo porta a guardare a Roma e al Senato come unico punto saldo di un mondo che sta sgretolandosi senza possibilità di recupero alcuno. Il Senato apre quindi le porte a nuovi padri coscritti provenienti da tutte le provincie, aumentando il numero dei Senatori e cercando di dare al popolo e all’impero una parvenza di stabilità che consenta all’istituzione di tenere insieme, per quanto possibile, i brandelli che le legioni hanno lasciato dell’impero.
Vengono quindi introdotte leggi di incentivazione per un “ritorno al passato”, a quando Roma era una potenza e la pax romana una realtà stabile e duratura. Sono piccole cose, che però permettono al popolo di sentirsi nuovamente parte di una sola grande e meravigliosa cosa: le terme vengono ingrandite e abbellite, le tasse sul pane e sulle farine diminuite e in alcuni periodi abolite del tutto, vengono inasprite quelle sui beni di lusso (pellicce, ambra, oggetti di alta oreficeria, cristalli provenienti dal nord), ma non eccessivamente per non inimicarsi l’aristocrazia (e non toccare troppo nemmeno le proprie di tasche).
Per contrastare l’imbarbarimento dovuto alle invasioni che non si riesce a contenere, dal momento che le legioni sono più impegnate a combattersi tra loro che a difendere il bene comune, vengono promulgate nuove leggi e lanciate dalle matrone nuove mode che altro non sono il rispolverare antichi capi di vestiario, magari rivisti e ammodernati con l’uso di sete e lini finissimi e un gran fiorire di delicati e minuziosi ricami; per non parlare dell’elogio di una dama molto in vista alla bravura della sua pettinatrice nel farle acconciature eccezionali.
In questo periodo si vede la nascita di attività commerciali nuove, come ad esempio la parrucchiera. All’epoca solo le donne di rango o comunque di una certa status sociale potevano permettersi delle schiave che acconciassero loro i capelli, non per niente vi era un fiorente mercato delle parrucche. Ora invece, abbandonata questa consuetudine per l’imbarbarimento progressivo della civiltà romana le donne si acconciano i propri capelli. Nasce una nuova esigenza e non solo nobiliare: alcuni tonsores (i barbieri) dallo scranno in strada decidono di aprire una bottega e “comprare” delle schiave per occuparsi delle fluenti chiome femminili. Poiché il costo diventa pressoché irrisorio per un’acconciatura di base, solo due sesterzi, va da sé che anche le popolane sono in grado di permettersi alcuni di questi servizi.
In pratica il popolo reinventa l’economia. Questo è solo un esempio di come l’economia regga perché gli uomini che vivono quest’epoca difficile imparano a reinventarsi un lavoro e a far comunque girare l’economia. Non che questo accada ovunque, sia chiaro, ci sono zone dell’impero dove la povertà regna sovrana.

Nel 284 avviene la grande battaglia decisiva in Moesia dove Diocleziano batte Carino e sale al potere, portando finalmente l’impero a una pace duratura.

Qui torna comodo l’utilizzo di una tabella che riassuma i principali avvenimenti successivi:

Anno
Attività
284
Il 20 novembre Diocleziano sale al potere, incoronato imperatore di Roma dopo una lunga campagna militare contro l’imperatore precedente, Carino.
285
Elevazione al rango di Cesare di Massimiano con sua adozione da parte di Diocleziano: Massimiano in Occidente, Diocleziano torna in oriente, una volta sedate le rivolte ritorna di gran carriera a Roma
287
Viene fondata la Specula e il suo braccio armato: la Legio M Ultima.
288
Strutturazione organizzativa della specula: i cinque magisterii e nomina dei relativi magistri
289
Fondazione delle scuole nella penisola italica, primo corso. Escono le prime sei coorti. Sterminate.
290
Secondo corso escono altre sei coorti. Viene aggiustato il tiro sulla formazione.
292
Massimiano sposa Drusilla Severa, della gens Severa, discendente di Settimio Severo. Sorella del futuro senatore Domiziano Severo Agostino (conciliator della coorte XII).
295
Nasce il figlio di Massimiano e Drusilla: Massimino Valerio Aureliano.
299
Diocleziano revoca il ruolo di cesare a Massimiano e centralizza di nuovo il potere nelle proprie mani, inizia lo studio della riforma amministrativa della tetrarchia con lo stesso Massimiano.
300
Aegyptus ottiene l’indipendenza amministrativa dall’impero, perdendo così il ruolo di mera provincia pur rimanendo assolutamente fedele a Roma. Vengono eletti Principi di Egitto, praticamente dei governatori a vita, Elios Tigrane e la moglie Bastet.
305
Scoppia la rivolta dei Riformisti. Il progetto della Tetrarchia viene definitivamente abbandonato. La guerra civile infiamma principalmente le provincie sud-orientali: Achaia, Mesia, Bithinia, Macedonia, sud Italia.
310
La rivolta viene repressa nel sangue, i cospiratori messi a morte. La fine della rivolta viene agevolata dall’insperato aiuto dei cristiani, scesi in campo a favore di Diocleziano, nonostante le feroci persecuzioni dietro la saggia decisione del Vescovo di Roma Marcello I (papa dal 308 al 309) e la cui linea fu proseguita dai successori Eusebio e Milziade.
311
Dopo aver riappacificato l’impero, Diocleziano adotta Costantino come figlio e ne fa l’unico erede. Muore in dicembre, nella sua villa in Illyria (l’odierna Spalato, che sorge all’interno delle mura del palazzo di Diocleziano).
312
Costantino sale al potere, estromette la madre dalla politica e la confina a Mediolanum, si circonda di saggi consiglieri tra cui un vicario cristiano che però non è il papa. I cristiani restano, anche durante il suo regno, una minoranza tollerata e “nascosta”.

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