RACCONTO: Un incontro casuale parte 1

Serena cammina tranquilla dal foro
verso la Domus Cornelia, dove aveva lasciato il suo cocchio
con lo schiavo.
Occhi del colore dei pini mediterranei,
lunghi capelli, e, raccolti in un’elegante crocchia da nastri
dorati le nobilitano il volto, truccato sapientemente dalle schiave
egizie. La figura snella prosegue a passo sicuro nella sera, i piedi
chiusi in delicati sandali appena sfiorano il terreno. Gambe tornite
si delineano sotto la veste aristocratica, un velo trattenuto da un
braccio eburneo nasconde la scollatura e il seno sbocciato della
fanciulla, appena
sedicenne.
Continua a camminare per la strada,
distratta dai suoi pensieri, la giovane non si accorge degli occhi
che la fissano, occhi predatori, rutilanti cupidigia e lussuria,
occhi sempre più numerosi.
Serena continua per la sua strada
inconsciamente, guardandosi in giro distratta, fino a incrociare lo
sguardo di uno straniero proveniente dalla direzione opposta.
Lui è giovane, con i capelli lunghi
fino alle spalle, il mantello chiuso color sabbia, con delle caligae
da cavaliere, e nel vederla le rivolse un sorriso attraverso la corta
barba.
Occhi magnetici, verdi e trasparenti,
come fossero di pura acqua di mare, screziati nell’iride da una
stella dorata, creando l'impressione che le pupille siano dei soli
riflessi sulla superficie dell'oceano. Serena sente di essere
trapassata da quello sguardo intenso, forte e carico di flussi di
emozioni, chiaro e limpido come i raggi del sole primaverile
attraverso le nubi dell’inverno.
I loro sguardi s'incrociano per pochi
istanti, appena il tempo di passarsi accanto vicendevolmente e poi
proseguire.
Chi sei, Uomo? Da quali lontane
terre giungi in questa perduta via di Roma? Quale divinità si è
resa carne per renderti così affascinante? Pensa la
fanciulla, ...Fermati! Serena, non puoi dirgli queste cose!
Sei una Cornelia! Mostra della dignità! Se quel fusto vuole
parlarti, che lo faccia lui! Oh Dei, speriamo che lo faccia...
Continua per la sua strada cercando di
non voltarsi per guardare lo sconosciuto, Serena vede in piedi
innanzi a sé un gruppo, una decina circa tra patrizi e legionari in
permesso, intenti a fissarla con malizia.

Il primo pensiero
della giovane torna agli insegnamenti dei suoi genitori: ”se
devi, picchia duro!”... no non quello... ”se affronti un uomo,
prendilo per le palle!!”... sì, grazie, e se sono tanti? ...“non
affrontare scontri se sei in svantaggio numerico?” Ah si esatto,
proprio quello!
A quel punto si mette a cercare
eventuali vie di fuga laterali ma, purtroppo per lei, non ce ne sono
di libere a portata. La sensazione è di essere circondata, come una
cerva da un branco di lupi famelici.
Il primo ad
avvicinarsi è, un ragazzo circa della sua età, con una ricca
toga virilis e con un'aria meschina che lo copre come una
seconda toga.
Con un sorriso le dice: ”Ave domina,
qualche problema? Cosa ti porta per le vie di Roma da sola?”.
Il tono sarcastico di quello che lei
reputa un bamboccio, una marionetta, le urta il sistema nervoso.
Lo sguardo di risposta di Serena è
così gelido e imperioso da annichilirlo, come se trafitto da lance
di ghiaccio: <Nessun problema, vedo solo un ragazzino che gioca a
fare l’uomo. State forse preparandovi a diventare vigiles?
Mi pare tu abbia dimenticato la spada di legno allora>.
Il bellimbusto perde le staffe dopo un
insulto tanto plateale e cerca di colpirla.
Serena sente il cuore andare a mille,
avrebbe venduto cara la pelle.
Il primo pugno è prevedibile. Deviarlo
con il braccio sinistro? <Adesso!> è la parola che risuona
nella mente di Serena, prima di dare al suo aggressore uno schiaffo a
mano chiusa, la stessa con cui teneva la tracolla del borsello.
Il colpo allo zigomo è subito seguito
dal contraccolpo del borsello sulla nuca del suo avversario che cade
a terra tramortito. Sbuffando, Serena pensa: Perché non ci
sei mai, papà, quando succedono questi imprevisti!? Saresti fiero di
me. No, avresti comunque da ridire sulla mia postura....
Questa volta sono tre legionari ad
aggredirla, attaccandola contemporaneamente da più lati. Il resto
della combriccola inneggia ai compagni, facendo parecchio chiasso.
Sentendosi alle strette, la ragazza
estrae un pugio dal borsello e si prepara a fronteggiare i
nuovi aggressori.
Una pugnalata alla mano del primo
malfattore, una piroetta per spostarsi e un colpo con la borsa
all'addome del secondo, il quale si piega in due soffiando fuori
l’aria dai polmoni per poi crollare con un tonfo sordo. Serena si
volta per affrontare il terzo, ma questi è sbattuto a terra e dietro
di lui appare una densa nuvola di sabbia.
Il resto del gruppo di balordi attacca
il nuovo arrivato e la giovane preda.
Vedendoli arrivare, Serena tramortisce
con un calcio in faccia l'aggressore steso dal dolore all'addome.
Quella che all'apparenza sembrava un
nembo indistinto si rivela essere un uomo coronato da una nube di
capelli lunghi fino alle spalle. Un mantello color sabbia svolazza
alle sue spalle per il movimento del corpo e brandisce un bastone...
o meglio, una specie di remo...tra le mani.
Quest'ultimo colpisce il legionario
ferito alla mano con un colpo in faccia e gli strappa il borsello
mentre sta cadendo.
Il soccorritore getta in aria il
borsello dicendo “Si comincia!” per poi colpire il borsello di
piatto con il remo.
Mentre le monete volano addosso ad
alcuni aggressori confondendoli, l’uomo continua la rotazione
colpendo alla testa uno dei ragazzi del gruppo che intendeva colpirlo
alle spalle con un pugio.
Serena evita un pugno, poi ferisce al
fianco il suo avversario e infine con un’agile movenza si libera di
lui colpendolo alla nuca col borsello.
L’uomo dai capelli lunghi di contro
colpisce un pugno indirizzato a lei con il remo, parandolo, e nota la
postura della ragazza, ogni movimento gli è così familiare che per
qualche secondo gli pare di vederla corazzata e armata come un
legionario regolare.
Quando è colpito al volto l'immagine
svanisce rapidamente quanto era giunta.
Ahia! Questa me la paghi! pensa, per poi restituire la cortesia con una gomitata all'addome.
Afferra quindi con la mano dietro la nuca il balordo, lo scaraventa a
terra ruotando il busto e colpendo un altro all'inguine con il remo.
Due legionari sguainano minacciosamente
i loro gladii e si avvicinano alla giovane, ma uno è
atterrato da un rapido sgambetto dello sconosciuto e l'altro,
distratto dall’improvvisa situazione, viene travolto da un suo
compagno che sta cadendo all'indietro, colpito violentemente da
Serena.
Il primo legionario inizia a rotolarsi
tenendosi lo stinco sul quale ha ricevuto il calcio con la suola
chiodata.
Il resto dei teppisti scappa a causa
dell'arrivo dei vigiles, attratti dai rumori di lotta.
«Grazie per avermi aiutato...»
Ringrazia ansimante Serena, quasi stremata.
«Prego, puella» risponde
lo sconosciuto con un sorriso e a quel punto lei si accorge che è
quel tipo che pochi minuti prima aveva incrociato la sua strada,
colui che le aveva scatenato quel torrente inarrestabile di emozioni.
Senza rendersi conto dello sguardo della ragazza, lui si volta verso
uno dei vigiles, assumendo d’un tratto un’espressione
torva: «Decio! Sei in ritardo! Sarebbe questa l’efficienza della
vigilanza di Roma? Accompagna questa fanciulla in un luogo più
sicuro. Muoviti!!» urla.
Il vigiles gli si avvicina, un uomo di
mezza età dal fisico massiccio e di statura media.
«Certo amico mio, con vero piacere»
risponde Decio con un sorriso malizioso poi guarda Serena e le porge
il braccio. «Prego, giovane signora, prendi pure il mio braccio e
andiamo.»
Serena guarda il misterioso salvatore e
gli chiede: «Posso sapere il nome dell'uomo che è venuto ad
aiutarmi nel momento del bisogno?».
Lui le sorride, rivelando alcune grinze
vicino alle labbra e lievi increspature sulla fronte. Indubbiamente
giovane, ma quali lande desolate avevano bruciato con il loro sole,
congelato con i loro venti, tormentato e torturato i lineamenti e il
corpo di quell’uomo?
«Gli amici mi chiamano Haim»
sussurra.
Serena rimane stupita e chiede: «Haim?
Solamente Haim? Nessun titolo? Nessun grado o nomen? È la
prima volta che sento questo nome. Non sei romano?» La curiosità
della ragazza è resa palese dal flusso di domande.
«No... solo Haim. Grado, rango
sociale o gens di appartenenza non rendono maturo o nobile
d'animo una persona» risponde con garbo, una risposta profonda che
scuote la mente della ragazza.
«Allora io sono Serena, dal momento
che tu non ti presenti in altri modi... io farò lo stesso. Buona
sera, Haim» è la risposta della ragazza, accompagnata da un
sorriso malizioso del vigiles. Serena e Decio si allontanano,
svoltato il primo angolo scompaiono dalla vista.
Il capo dei vigiles lo guarda
sconcertato, poi risponde: «Sì, esatto... di che legione?»
La risposta arriva con un tono di voce
distaccato, distratto: «Di tutte... qualche mese per ogni una.» Dopo una simile risposta, il capo vigiles non indaga oltre.
Liberandosi velocemente degli altri
vigiles, dando una ricostruzione sommaria dell’evento, Haim
riprende il suo cammino verso la Domus Cornelia, suo primo
obiettivo.
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