OPINIONI: Donne nella letteratura e nel fantasy
Sempre più frequentemente, girando sia in libreria che su
vari store on-line, mi sono accorta di una “moda” legata alla cosiddetta
“letteratura al femminile”. Ed è una moda che a mio modesto parere è a dir poco
aberrante e orrenda.
Si tratta dell’eterna abitudine di etichettare qualsiasi
cosa: un genere, un filone, una saga, un modo di essere. Sembra quasi che senza
etichette non si riesca a vivere e, per quanto molto spesso siano
innegabilmente utili, è altrettanto vero che certe etichette sono decisamente
antipatiche, se non addirittura odiose. Come per esempio la cosiddetta
“letteratura al femminile”, libri scritti da donne per le donne.
Prima di inoltrarci oltre in questa divagazione, vediamo un
po’ meglio nel dettaglio questo stereotipo femminile della letteratura.
Mai letto su nessun romanzo “al femminile” che
lei o lui abbiano una qualche difformità. E no, una cicatrice sul viso “che lo
rende ancor più tenebroso” non è una disabilità. Lei non è mai brutta, lui è
uno gnocco che manco al giovedì in piatto se ne vedono di tali.
Se poi sono pure mezzi nudi in copertina, tanto di guadagnato... Ragazze, ocio, non vorrei rovinarvi, ma esiste youporn e ci sono anche i canali dedicati alle femminucce con tanti bei maschioni, eh.
RICCHEZZA: è
ROBA DA MASCHI
Nel senso che la ricchezza è appannaggio
secco del settore maschile. Lei può essere parimenti ricca (come in molti
regency) altrimenti nella maggior parte dei casi o è una sorta di Cenerentola
oppure una figlia “scomparsa” cresciuta in orfanotrofio e/o in povertà e
angherie varie. Senza dimenticare le figlie di nobili casati caduti in
disgrazia. Ma lui no. Lui è sempre, costantemente, ricco da far sentire Creso
un mendicante. Di certo però vige il motto “I soldi non fanno la felicità”
perché lui oltre alla grana c’ha ‘na botta di sfighe nel passato che lasciamo
perdere.
In epoca moderna va di moda la lei che
arranca con trenta lavoretti per sbarcare il lunario, una catapecchia che se
non ci piove dentro è un miracolo per la quale paga un affitto assurdo e un
figlio a carico – meglio se avuto da Lui in una storia d’ammorreee strappa
lacrime e costretta a lasciarlo per una qualche parente serpente (mai ‘na
gioia) – figlio che, ovviamente, è bravissimo, bellissimo (figlio di
gnocchitudine può esser diverso?) ubbidiente che – da madre lo so!! – un figlio
così non esiste. È solo un sogno… Ma non nel romanzo in questione. Sigh.
LA DONNA FORTE
La cosa solitamente si traduce nella
pulzella medievale che tira di scherma, tira con l’arco ed è migliore di tutti
i soldati della guarnigione, tranne di Lui. Nei regency la donna forte è quella
che sopporta in silenzio le peggio umiliazioni, fino a che non decide di farla
finita e mandare tutti a fanculo andandosene in cerca di una vita migliore e allora
lui capisce di non poter vivere senza di lei e torna strisciando. Nei moderni
generalmente è una stronza, fredda e acida con qualunque personaggio maschile
del libro perché lei c’è rimasta scottata.
IMHO.
Dipingere o anche solo limitarsi a descrivere una donna forte intesa come una persona carismatica, capace di trascinare le folle e il lettore con il pathos dei suoi discorsi, oppure come una donna dalle mille risorse (senza svilire nel troiaio) capace di far fronte a problemi inaspettati con soluzioni che - per l'ambientazione scelta - ci si aspetterebbe da un uomo o, ancora, come una donna capace di pianificare e organizzare le cose in modo che tutto vada per il meglio... No, troppo difficile da scrivere o troppo veritiero?
SESSO SESSO SESSO SESSO E… SESSO!
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Un’altra delle prerogative della letteratura
al femminile è la costante, imprescindibile, immancabile scena di sesso.
Erotica, smaliziata, accennata, delicata o esplicita, fantasiosa o normale, se
il sesso non c’è sembra sia impossibile possa reggersi in piedi la trama. Poi
ben, ci son 150 sfumature di sesso che senza sesso non ha proprio trama,
quindi…
Però no, il sesso non può mancare. Se manca
allora è roba per ragazzine, quelle schifezze con i mezzo i vampiri
brillantinati e gli indiani allupati. Quelle robette paranormali che una donna
non leggerebbe mai (in pubblico).
L’AMMOREEEEE

Nel fantasy, diciamolo, tutto quanto detto qui sopra rimane invariato. L'unica cosa che distingue la figura femminile è il grado di discinteria del vestiario, direttamente proporzionale alla figaggine della tipa e quadraticamente proporzionale alla sua bravura di combattente. Se il fantasy in questione lo scrive una donna e lo illustra un uomo, ovviamente...
In questa stiracchiata lista di stereotipi della lettura al
femminile, quello che trovo insopportabile è che questa etichettatura
venga fatta in primis proprio dalle stesse donne. Quasi che fossimo incapaci,
in qualità di autrici, di esprimere concetti maggiori o sostanzialmente diversi
dalla grande storia d’ammmore e – di contro – come lettrici sembriamo (viste le
classifiche di amazon, per esempio) intellettivamente incapaci di leggere
altro.
Come se descrivere una donna forte come una con una grande
determinazione, una grande capacità di pianificazione o comunque in grado di
far fronte da sola ai problemi fosse difficile. Impossibile. Se non è un minimo
stronza non va bene.
Come se le donne autrici non fossero capaci di scrivere
generi diversi, come ad esempio il fantasy, senza ficcarci dentro per forza la
storia d’amore o le scene di sesso. Eppure io ne conosco di così: Sonia
Barelli, Rita Arcidiacono, per giocare in casa, oppure la Le Guin o, ancora, la
Zimmer Bradley.
Non sto dicendo che non si debba più scrivere di amore o di
sesso, in fin dei conti se la cosa è funzionale alla storia narrata ci può
stare, ma smettiamola per favore di considerare (e di considerarci) noi donne
come cerebrolese incapaci di comprendere qualcosa di più dell’amore da un libro,
incapaci di vedere la morale dietro saghe anche importanti come Star Wars,
Harry Potter o Hunger Games.
Siamo qualcosa di più, se i maschietti non vogliono
ammetterlo pace, ma che almeno tra di noi si smettesse di trattarci da idiote
infoiate e frustrate, per cortesia.
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