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LO SFATAMITI: Sangue, sabbia e morte

Chi non si è gasato guardando i combattimenti de Il Gladiatore? Chi non ha esultato, per un secondo, anche uno solo, quando Spartacus apriva come una cozza l'avversario nell'arena?
Chi non ha avuto la tentazione, seguendo la fortunata (quanto assurda) serie TV della HBO "Spartacus - Sangue e sabbia", di sollevare il pollice nel gesto della salvezza?

Quanti sanno quanto tutto questo è falso?

Oggi sfatiamo il mito del gladiatore e dei giochi gladiatori. Già partiamo col botto, insomma. La cosa più importante da comprendere è che, di regola, i gladiatori non si uccidevano nell'arena. Sarebbe stato un po' come se un calciatore venisse ucciso dall'avversario in campo una volta atterrato con un fallo.
I gladiatori erano per lo più schiavi (ma c'era anche qualche liberto) ed erano "dei pezzi grossi". In tutti i sensi: da un lato erano le celebrità dello spettacolo dell'epoca e nessuno di noi vorrebbe vedere uno dei nostri divi morti, giusto? Inoltre erano "grossi" anche fisicamente, per una questione scenica e di sicurezza: paradossalmente erano schiavi che talvolta mangiavano anche meglio dei padroni, accumulavano così il grasso che rendeva le ferite (perché quelle sì, c'erano!) superficiali. In questo modo rischiavano meno la vita per i fendenti e per le infezioni, ma sanguinavano molto di più e questo ai romani piaceva molto.
Niente combattimenti all'ultimo sangue, dunque, erano schiavi preziosi che riempivano le gradinate dell'anfiteatro di pubblico pagante e perdere uno di loro equivaleva a perdere un grosso investimento. L'imperatore Commodo autorizzò in una sola occasione un combattimento di questo genere e il compenso per il proprietario del gladiatore morto fu enorme, proprio per compensare la perdita economica. Il pubblico però non gradì molto la cosa.
Un altro mito da sfatare era che i combattimenti finissero sempre con la disfatta completa di uno dei due contendenti. Si vedono nei film queste distese di sabbia popolate solo dai combattenti. Nulla di più falso: in campo oltre ai due avversari c'erano anche quattro arbitri per ogni combattimento, erano loro a decretare la vittoria e la sconfitta, un po' come i giudici del pugilato moderno.
Un altro mito da sfatare in pieno nel mondo gladiatorio è quel maledetto pollice verso che tanto ci piace e ci fa impazzire. E che ci ha dato Hollywood con i suoi kolossal anni '50, non Roma. Perché il pollice verso era sì un gesto del pubblico, ma era fatto per indicare al guerriero di rinfoderare l'arma, era invece il pollice in orizzontale o verso l'alto che mimava la lama della spada a essere esposto all'urlo di "iugula, iugula" per indicare di uccidere l'avversario. E questo accadeva quando a combattere contro gli esperti gladiatori erano coloro che subivano la "damnatio ab gliadio", i condannati a morte per reati gravi.

Sui gladiatori ci sarebbero altri miti da sfatare, ma teniamoceli buoni per qualche altro appuntamento, no?
Nel frattempo: avete qualche mito in testa e non sapete se è vero o falso? Scrivetecelo e noi ve lo sfateremo! (... O magari no...)

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