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Geografia poetica


A volte mi dicono: «Ma che vuoi che sia per te costruire il mondo! Hai già tutto fatto!»
Ecco, questi sono i casi in cui vado in berserk.
Parlare del fantastico è facile, discuterne con discernimento è tutt’altra cosa. Ciò che per i più che leggono o giocano il fantastico è “scontato” e “immediato” è invece ciò che al suo autore è costato lacrime e sangue in revisioni ed editing infiniti, con risvegli da incubo nel cuore della notte a dire: «Oh, ca@@@!! Ecco come spiego lo status sociale! Ommerdaommerdaommerda devo subito appuntarmi sta cosa!!»Perché effettivamente la geografia del fantastico – così come studiavamo geografia a scuola quando eravamo ragazzini spensierati (WTF?!) – non è solo l’orografia classica, ma è tutto un insieme di fattori a contorno che descrivono la società, le persone, come la magia sottostà a determinate regole, per non parlare poi della religione e di un sacco di altri dettagli.Ma non è detto che scendere troppo nel dettaglio sia sempre la mossa corretta. Tanto più è dettagliato un mondo, tanto più è complesso nelle interazioni sociali al suo interno, tanto è più difficile da seguire sia per il lettore che, ahinoi, anche per l’autore che rischia di cadere nell’incoerenza e nella sospensione dell’incredulità che fanno crollare il tutto come un castello di carte.

C’è molto di più nella costruzione di un’ambientazione, sia essa destinata a un uso narrativo, che di gioco. Non si tratta solo di costruire un mondo e piazzarci dentro delle razze, dei regni e decidere come ci sono conflitti e tra chi; facile dire “nel sottosuolo vivono i cattivoni drow e duergar”, altrettanto facile schiaffare dei paladini in un castello: salvo che negli ultimi anni, dove si cominciano a vedere molte sfumature di grigio, da sempre il mondo fantasy vede le cose in bianco e nero e difficilmente ci si discosta da questa dicotomia che limita anche tutto il contorno geografico e sociale dell’ambientazione.

Spesso però ci dimentichiamo che il più fantasy tra i mondi è proprio il nostro, sia quello attuale che quello storico. Dimenticandoci della letteratura italiana e dei nostri miti, la stragrande maggioranza degli autori tende a buttarsi sempre in quello che è il fantasy cosiddetto "classico". In realtà altro non è che una trasposizione dell'Europa medievale, la più riuscita di tutte è quella di Martin che dipinge il medioevo inglese con abilità non solo sotto l'aspetto visivo, ma anche culturale e sociale. E se abbiamo una Barriera che altro non è se non il più antico (e reale) Vallo Adriano, non è pensabile non riconoscere il rifacimento fantasioso della Guerra delle Due Rose nella contrapposizione Lannister-Stark (Che anche sonoramente richiamano in modo incredibile Lancaster-York, non trovate?). Però non è che la storia d'Italia o del bacino del Mediterraneo siano da meno, anzi, esse sono la culla da cui i più famosi autori anglofoni hanno preso ispirazione per colorare i loro mondi.

Quello che, a mio modesto avviso, differenzia davvero una banale geografia da un’ambientazione propriamente detta sono i dettagli che rendono semplici posti in luoghi. È quella piccola differenza esistente tra la prosa e la poesia. Quella musicalità, quel ritmo che ti avvolge e ti fa vedere, ascoltare e sentire quello che con due parole la poesia dipinge.

Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d’orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi [...]

Chi non conosce questa lirica di Montale? E che lirica. Ecco, Montale con due parole ha trasformato il posto, un semplice orto, in un luogo.

Ciò che dobbiamo aggiungere alle nostre ambientazioni è poesia. Che non vuol dire inserire rime baciate nei testi, ma dare la stessa visione. Un posto è la classica locanda dove quasi tutte le campagne fantasy hanno inizio descritta per sommi capi e in modo asettico (l’oste è dietro il bancone, le cameriere girano per i tavoli, una decina e pieni di gente, c’è un grande camino e un bordello della malora), diversamente la stessa locanda intrisa di atmosfera e di poesia può diventare un luogo, dove i dettagli fanno sentire il calore del fuoco scoppiettante nel camino, l’odore di fumo di legna misto ai profumi intensi e speziati provenienti dalla cucina, fanno sentire la caciara del tavolo accanto dove un gruppo di amici brinda sbattendo rumorosamente i boccali colmi di birra e un bambino sfreccia tra le gambe della cameriera, facendola ridere per l’irruenza mentre tiene il vassoio ingombro di piatti in equilibrio, per andare a sedersi ai piedi del vecchio cantastorie che sta accordando il suo liuto con un sorriso, spandendo sopra il rumoreggiare della folla note stridenti che via via diventano limpidi cristalli sonori che attirano l’attenzione di molti commensali.
Un posto è dove ti trovi, un luogo è un posto che ricordi. Che ti lascia qualcosa. Un posto sono le mura di Minas Tirith sotto assedio, un luogo è l’ultima roccaforte nel Fosso di Elm. Un posto è il Foro di Traiano a Roma, un luogo è la Roma Antica descritta da Alberto Angela. O (mi piace crederlo), da noi demiurghi. Insomma, la differenza è minima, ma sostanziale ed è questo a donare tridimensionalità all’insieme per rendere l’ambientazione un piacere da scoprire sia a livello di gioco che di lettura.

Se poi, nella descrizione del luogo, ci inneschiamo anche tutta una serie di quotidianità delle persone qualunque ecco che lo sfondo finora descritto si anima, prende vita. Non è più un semplice affresco, ma qualcosa di più che “esce” dalle pagine del libro o del manuale per farsi guardare, farsi vivere. Non è più un semplice mosaico su un muro diroccato, ma un mosaico che danza sulla sigla della serie Roma della HBO.
La quotidianità delle azioni comuni dà modo al mondo che viene creato di funzionare, e se la cosa è fatta bene esso è plausibile e coerente con se stesso, viene così scorto dal fruitore – lettore o giocatore – come fluido e nel suo ispezionarlo non trova ostacoli nascosti in cui inciampare.

Tutto deve essere quindi così estremamente dettagliato? Come detto sopra: se avete una buona memoria, sì. Altrimenti, anche no. Non tutto deve essere per forza di cose spiegato nel dettaglio, la poetica deve dare al fruitore dell’ambientazione una lettura intuitiva di tutto, fargli intendere tutto senza la necessità di specificare ogni cosa in modo tecnico. Se riusciamo a fare questo, allora siamo a cavallo: abbiamo creato un mondo fantastico. Anche se, magari, è solo una ricostruzione storica.

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