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RACCONTI: Sortes - cap. II

Attenzione: il racconto non appartiene alla linea temporale definitiva della Specula.

Racconto di Nazareno Vianello


Dal diario personale di Haimirtch Etrurio Venetio  comandante in carica della coorte XVII Siriana.

Finalmente eravamo giunti ad Antiochia.
Il doppio cerchio di mura lasciava senza fiato: con cinque grandi porte e numerose posterle svettava maestoso trattenendo all'interno la sua città. Vista la loro magnificenza sembravano voler sfidare quelle leggendarie dell'Olimpo. L’Impero, giunto fin lì, aveva portato e trasmesso la sua grandezza. Quando varcammo l’entrata principale, fummo subito accolti da tutto il suo splendore. La strada, finemente lastricata, era circondata da una miriade di colonne da entrambi i lati. I portici del Tetraplyon, sulla strada principale, esibivano splendidi mosaici dove raffigurazioni di divinità greche e romane si susseguivano a scene di caccia dove le bestie venivano infine, tranquillizzate da Orpheus.
Carri carichi di lana, sete preziose e cibi esotici si alternavano lungo le vie, la gente si accalcava, entrando ed uscendo dai negozi cercando oggetti rari o preziosi o semplicemente attratti dalla magnificenza del luogo.
Prendemmo alloggio ad una popina appena oltre i bastioni, spacciandoci per un'allegra famigliola venuta a visitare le meraviglie della città.
Lasciati i cavalli nella stalla, vista l’ora tarda, Cornelio si presentò all'oste come Flavio Tullio Tribuno, commerciante in pensione in visita ad Antiochia con i suoi figli ed uno schiavo al seguito.
Caio chiese di poter usufruire di due camere, sostenendo che si sarebbero fermati almeno una settimana. Quando prendemmo posto al tavolo per la cena, iniziarono i preparativi.
«Dobbiamo scoprire dove si nasconde, se gira sotto falso nome o se, vista la sua pazzia, continua a predicare di convertirsi al cristianesimo.»
T’Challa parlò, lasciandoci di stucco.
«La città è divisa in cinque cerchie. Una esterna, e quattro che formano i quartieri interni della città. Probabilmente colui che stiamo cercando si è rifugiato nel borgo di Dafne, chiedendo asilo presso la chiesa che sorge là o comunque nelle vicinanze.»
«E tu come diamine fai a … Bah! Chi ti capisce è bravo! Io proverei comunque a dare un’occhiata in giro, tenendo le orecchie ben tese per vedere cosa riusciamo a scoprire»
«É una buona idea Tamer, questa città è molto rinomata per i suoi bagni termali. Essendocene molti di pubblici non dovrebbe essere difficile per te scoprire qualcosa attraverso i pettegolezzi che si sentono in giro. Cornelio, tu e Tuscia, come padre e figlia, setaccerete i negozi. T’Challa potrà accompagnarvi spacciandosi per il vostro schiavo personale. Io mi recherò alla chiesa e mi fingerò un pellegrino in cerca di una guarigione.»

Ci ritrovammo alla popina al calar del sole. Ognuno di noi doveva fare rapporto. Ogni minimo indizio, ogni minima traccia doveva essere riferita. Il timore era che la soffiata fosse giunta troppo tardi e che il sovversivo fosse già lontano.
Aspettavo seduto ad un tavolo, sorseggiando un bicchiere di buon vino, mentre attendevo ansioso il ritorno degli altri.
I primi a rientrare furono Tuscia e Cornelio seguiti pochi minuti dopo da T'Challa. Li avvisai della mia presenza con un semplice gesto della mano. Tuscia era entrata con un sorriso che le illuminava il volto, indossava una tunica nuova color rosso scarlatto con ricami d'oro sugli orli delle spalle e della gonna. Si accomodarono al tavolo mentre Caio ordinava la cena e altre due caraffe di vino.
«Notizie di Tamer?»
«No, comandante, ma penso che sarà qui tra poco. Ormai le ombre si stanno allungando, le prime stelle sono già visibili, non tarderà molto...»
«Lo spero... Sono stato alla chiesa fingendomi un simpatizzante, ho parlato con i preti cercando notizie del vescovo chiedendo un miracolo, dicendo che sono giunto fin qui in pellegrinaggio, supplicando di essere miracolato da Antimo. Purtroppo la loro risposta è stata che se la mia fede è grande dovevo tornare ogni giorno, pregare per la mia anima e che se avessi creduto abbastanza, la mia fede in Dio mi avrebbe salvato. Forse così, se il Signore nella sua immensa bontà avesse voluto ascoltarmi, Egli mi avrebbe fatto incontrare Antimo, ed avrebbe intercesso per mezzo di lui, e altre storie del genere... A voi com'è andata? Abito nuovo a parte...»
«Bè...Dovevamo simulare...»
Fulminai Cornelio con lo sguardo, incitandolo a proseguire.
«...Un piccolo spiraglio lo abbiamo. Siamo sicuri che sia ancora qui. Ha un suo sarto di fiducia di nome Shorab che gli confeziona gli abiti vescovili, ne stava finendo uno proprio questa mattina. T'Challa lo ha fatto parlare...»
«...Avevo detto di evitare di farsi...»
«Noo, nessun atto di violenza, comandante.» Ridacchiò Cornelio guardando l'altro violens di sottecchi.
«Basta così! L'importante è che abbiamo ottenuto le informazioni. Questo deve bastare, chiaro!??»
L'insolito scatto del numida, e la sua espressione lievemente imbarazzata, mi lasciarono perplesso mentre Tuscia stava cercando di trattenersi dal ridere e Caio voltava la testa dall'altra parte per non incontrare lo sguardo del violens.
«Bè, in fondo sei un bell'uomo...»
«Cornelio!! Per favore, possiamo evitare?…grazie.»
«Basta così...hai fatto un buon lavoro.» Intervenni, cercando di togliere T'Challa dall'imbarazzo, ma lui voltandosi verso di me mi guardò in tono quasi supplichevole.
«Comandante, per favore non ci si metta anche lei...»
«No...Scusa... volevo dire...Maledizione!»
Dapprima scese il silenzio poi, scoppiammo tutti in una grossa risata che sciolse la tensione. 
«Cosa mi sono perso?». Tamer era entrato proprio in quel momento e fissava la scena incuriosito.
T'Challa ci avrebbe ucciso se avessimo parlato e quindi la risposta fu unanime: «Nulla, le solite battute idiote. Siediti e vediamo se ci porti qualche buona nuova.»
«In realtà sì.» Il maestro d'ombre tacque godendosi l'espressione stupefatta dei suoi compagni, per poi riprendere quasi in modo teatrale.«Quell'Antimo non è il santo che vuol far credere...»
«Va' avanti.» Lo incitai per il semplice fatto che il sottoscritto si era rotto le palle per ore in chiesa fingendosi cristiano e non aveva ottenuto praticamente nulla, e lui invece era riuscito a trovare delle informazioni alle terme così facilmente.
«Bè...diciamo che i miei metodi persuasivi hanno dato il loro frutto...e tra un pettegolezzo e l'altro ho scoperto che c'è una mezzana che gli ha procurato una donna affidabile che avesse la giusta discrezione. Diciamo che ci dovrò lavorare sopra ancora un po'.»
Dopo cena ci ritirammo nei nostri rispettivi alloggi fino al giorno seguente.
«Scipione, tu ti recherai di nuovo - assieme a T' Challa - dal sarto con la scusa di acquistare una sovratunica per Tuscia. Come padre premuroso diciamo che non vuoi far mancare nulla alla tua figlia prediletta... Mi dispiace, T’Challa, ma dovrai recitare la tua parte ancora per un po'. Cerca di sfruttare la tua ascendenza per estrapolare qualche altra informazione utile, ad esempio dove deve essere consegnato l'abito di Antimo o se lo farà ritirare da qualcuno di sua fiducia.»
Il numida fece un segno d'assenso con sguardo rassegnato, che si riaccese come quello di Marte quando ordinai a Tuscia di seguire Tamer alle terme cercando di spettegolare il più possibile arrivando magari a parlare con quella mezzana.
«Tesoro, è inutile che fai quella faccia, qui ad Antiochia uomini e donne hanno terme separate...»
Con il suo intervento, Tuscia cercò di placare la crescente irritazione del numida, ma involontariamente, non fece altro che dare al maestro d'ombre l'imbeccata giusta. «Questo è relativamente corretto. Le terme sono separate: uomini e donne, ma...secondo te ci sarebbero problemi per un eunuco che segue la sua padrona fuori dall'acqua?»
Vidi il violens chiudere gli occhi come per riacquistare il controllo, Tamer era l’unico che riusciva a scuotere l’animo, di solito calmo, di quel bestione nero. T’Challa sembrò aver smesso di respirare e il suo volto divenne come quello di una statua. Quando riaprì gli occhi, si ritrovo l’intero gruppo che lo stava fissando. «Che succede?»
«Va tutto bene, ragazzo?» Cornelio sapeva la fatica che il suo compagno faceva nel trattenersi ogni volta che veniva provocato. Anche lui era un violens, ed anche se era prossimo alla cinquantina, aveva ancora una forza e una tecnica straordinaria e se veniva provocato troppo poteva tranciare le dita dei piedi del suo avversario con un colpo di scutum senza troppe cerimonie. Si era affezionato a quel ragazzone che come lui amava leggere Cicerone e Seneca, e più volte si erano battuti come belve, assieme, schiena contro schiena, a volte circondati da più di cinquanta avversari. Forse non glielo avrebbe mai detto ma in cuor suo lo considerava come un figlio, ed il numida lo considerava come il padre che non aveva mai avuto.
Sul volto di T’Challa si aprì un sorriso che non si vedeva da tanto tempo, quel sorriso prese il centurione alla sprovvista, ma poi Scipione iniziò a capire. Il numida si era voltato a guardare Tuscia che contraccambiava quel sorriso. Ora, dopo anni di traversie, tra loro vi era una fiducia incrollabile e niente e nessuno poteva frapporsi tra loro.
«… Sì, va tutto bene, amico mio.»
«Bene, sembra tutto sistemato, dobbiamo accorciare i tempi. Ci ritroveremo qui all’hora septima, se qualcuno di noi avrà avuto un riscontro positivo non si muova da dov’è e l’intero gruppo lo raggiungerà entro l’hora octava. É tutto chiaro?»
«Sì, comandante.»
Con quella risposta unanime i componenti della XVII Siriana si diressero verso i rispettivi compiti.

..continua...

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