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STORIA: Il Cursus Honorum

Capita spesso, nei nostri racconti, di citare cariche importanti, sia militari che civili. Più difficilmente riusciamo a spiegarne la storia e l'evoluzione del personaggio, cioè come sia arrivato fin lì e perché. Vuoi anche perché spesso - essendo noi appassionati - diamo per scontato che chi ci segue queste cose le sappia a pari nostro.
Poi però ti guardi intorno e ti rendi conto che così non è e allora cerchiamo nei tempi che abbiamo sempre più ristretti, di porre rimedio alla cosa.

Il Cursus honorum era un percorso politico e militare che nella vita di un cittadino romano era d'obbligo se aveva l'intenzione di fare carriera politica. Ora, questa cosa era ovviamente riservata quasi esclusivamente al patriziato, cioè ai nobili, ma ci sono stati anche dei casi interessanti di plebei che sono arrivati alla più ambita carica, seguendo questo percorso (quindi no, non parlo degli imperatori generali, acclamati per vox populi, ehm,legionis... ), uno su tutti è Gneo Pompeo Magno, prima grande sostenitore di Cesare e poi suo acerrimo nemico.

Ma vediamo un po' nel dettaglio cos'è.


Il Cursus Honorum, come detto, sin dall’età Repubblicana era quel percorso obbligato che un cittadino doveva percorrere se intendeva seguire una carriera politica e intendeva ricoprire delle cariche importanti. Questo percorso imponeva una sorta di scalata alle cariche in modo tale da seguire un preciso ordine di importanza e una tempistica precisa: era infatti molto sentita l’età del rappresentante che garantiva al sentire romano la giusta dose di esperienza per ciascuna carica che, per legge, aveva delle soglie minime di età per essere ricoperta (lex Villia, 180 a.C.).

Per fare qualche numero, la lex Villia – spesso in seguito modificata – imponeva quanto segue:
  • Non si poteva essere questori senza aver fatto almeno dieci anni di servizio militare (Silla poi alzò questo limite a trent’anni)
  • Si poteva diventare edili curili a trentasette anni
  •  Pretori a quarant’anni, non prima
  • Consoli solo dopo i quarantadue


Per un cittadino romano concorrere a delle cariche pubbliche, o comunque a un qualsiasi lavoro con un minimo di prestigio, era un grande onore e nessuno avrebbe mai tentato senza avere alle spalle quello che noi oggi chiameremmo un curriculum degno di rispetto. Il minimo di rispetto dovuto era dato dall’aver servito in ambito militare, con qualsiasi grado. Anche i noti Mecenate o Cicerone combatterono nell’esercito in battaglie importanti (Filippi, Modena e Perugia per Mecenate, sotto Gneo Pompeo Strabone e Silla durante la Guerra sociale Cicerone) prima di dedicarsi alle attività per le quali sono diventati famosi e, diciamocelo, immortali.
L’aver combattuto per Roma era, insomma, una sorta di garanzia di essere un buon cittadino (cives romanus) e chiunque avrebbe aperto le porte della propria casa a persone che potevano raccontare della propria vita di legionario spesa per la Patria.
All’epoca di Roma “faceva curriculum” anche il prestigio della famiglia di provenienza, quindi quello che nei tempi moderni è diventato un malcostume tutto italiano – il nepotismo – in antichità era piuttosto ben visto e, soprattutto, estremamente stressante per il candidato. Poiché ogni famiglia prestigiosa doveva mantenere alto il proprio nome, il candidato della stessa subiva la grossa pressione di non sfigurare, pena la perdita di onore non solo sua ma anche di tutta la famiglia, dimostrando valore e capacità in guerra nonché magnanimità e capacità amministrativa in tempo di pace. Insomma, in epoca repubblicana e imperiale il nepotismo era una sorta di garanzia di impegno a mantenere saldo il nome della propria famiglia e dei propri avi, a differenza di oggi che garantisce un posto di lavoro anche di prestigio ai più incapaci e lascia a piedi gli elementi veramente validi.
Da tutto questo ne consegue che i candidati provenienti dalle gens più antiche erano i più favoriti, potendo vantare glorie ed onori molto più vasti e vetusti (quelli dei propri antenati) in campagna elettorale e la cosa faceva la differenza.
C’è da aggiungere anche una cosa: la vita all’epoca di Roma era molto diversa da ora, si deve considerare che i giovani rampolli delle antiche casate vivevano e respiravano i valori legati all’onore della propria famiglia e degli avi e crescevano nel rispetto e nella gloria che veniva tramandata, era quindi d’obbligo per questi fanciulli emulare la grandezza dei propri predecessori; in virtù di questo modo di vivere nessuno osava sconfessare questa tradizione e questi valori, anche a costo della vita, per cui il nepotismo di epoca romana era di tutt’altro genere rispetto a quello attuale e ben poco i due hanno da spartire.

Il Cursus Honorum, quindi, era facilitato e generalmente percorso dai ricchi e dai nobili che potevano, quindi, comprare i gradi ai figli per farli entrare in legione (tradizione, questa, rimasta a lungo in tutta Europa, quando a comprare i gradi erano le famiglie che intendevano “piazzare” i secondogeniti) dove avrebbero servito nello staff di un generale per almeno dieci anni.
Questo iniziava di solito intorno ai vent’anni, quattro anni dopo aver dismesso la toga praetexta (indossata dai bambini) e aver indossato la toga virilis, cioè al passaggio all’età adulta di un giovane uomo.
Prima di questo, però, era necessario aver ricoperto delle cariche minori, quali ad esempio il tribuno militare per almeno un anno (a diciassette anni) e aver fatto parte dei vigintivir (i venti uomini) con cariche amministrative o militari a seconda delle competenze, oppure delle cariche di magistratura. Augusto stabilì delle regole precise, in special modo per l’ordine equestre, sulle quali però non mi dilungo per non creare troppa confusione.

Qui le strade del Cursus Honorum si dividono: non solo per i nobili o comunque i ricchi che ambivano ad avere un posto in senato, ma anche per tutti coloro che, pur non avendo grandi disponibilità economiche, dimostrano di avere grandi meriti.
Fu Gaio Giulio Cesare a introdurre questo secondo cursus honorum, detto di Centurionato, che si basava appunto solo sui meriti del singolo e non sulla gens o familia di provenienza, né tantomeno alla classe sociale di provenienza (plebeo o pratrizio). In questo modo alcuni soldati, in seguito ad atti di vero e proprio eroismo, riuscirono ad arrivare ai primi ordini di comando e taluni anche al titolo di primus pilus della legione. Cesare però aveva modificato anche un’altra regola di avanzamento: il primus pilus della legione poteva anche ambire alla nomina di Tribuno Militare, cosa che in precedenza veniva stabilita solo dal Senato e tra uomini dei ranghi senatori, ovviamente. Forse Cesare ha avuto la manica un po’ troppo larga nel dispensare le nomine, ma la creazione di questo particolare Cursus Honorum spinse molti uomini a dare il massimo pur di emergere a qualunque costo in battaglia e a molti veramente meritevoli diede una spinta non indifferente alla carriera. Un esempio molto bello, per quanto inventato, è quello del centurione Primus Pilus Lucio Voreno nella serie Roma che proprio sotto Cesare fa la sua arrampicata sociale sino a essere nominato senatore (anche se nella serie la cosa ha una certa motivazione utilitaristica).

Dopo l’anno da Tribunus Militum e altri nove al servizio di un legatus o con altra importante carica militare, nonché quella di Legatus Legionis stesso, il secondo passo avveniva intorno ai trent’anni, con l’incarico da Questore e l’elezione a questo posto comportava, sin dai tempi della Repubblica, la nomina a senatore.
I questori erano da otto a dodici e avevano il compito di amministrare le finanze di Roma o essere secondi in grado ai governatori delle province.

Terzo passo del Cursus Honorum – ma facoltativo - era il diventare Edile, l’età minima per essere eletto a questa carica era di trentasei anni. Erano solo quattro e si occupavano di amministrare le infrastrutture pubbliche, spesso organizzavano dei giochi per festeggiare la fine della carica ed erano, in genere, due patrizi e due plebei.

Successivamente, dopo i trentanove anni, ci si poteva candidare al titolo di pretore con la qual carica si amministrava la giustizia a Roma, oppure comandare una legione. Per alcuni, alla fine del loro mandato, si apriva la strada del governatorato di una provincia, qualora questa non fosse stata assegnata a un console.

Il passo successivo, a quarantadue anni, era quello – appunto – di Console. Era la carica più prestigiosa di tutte, era il vertice della carriera e si entrava nella Storia poiché era uso comune indicare l’anno in base al nome dei due consoli che erano stati eletti (ad esempio, era l’anno del consolato di Marco Tullio Cicerone). Il Console aveva un enorme potere poiché si occupava della vita politica della città controllando che tutto venisse svolto secondo giustizia e alla bisogna comandava grossi eserciti composti da più legioni. La carica durava un solo anno e ci si poteva ricandidare solo dopo dieci anni, al termine del mandato però si finiva per governare le provincie più importanti e prestigiose.

Per ulteriori approfondimenti vi rimando al bellissimo e assai completo post sul Cursus Honorum pubblicato dal blog Romano Impero, dove potrete andare a spulciare tutte le cariche e le riforme attuate da Augusto nel dettaglio!

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