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RACCONTI: La prova - cap. 1

Racconto di Nazareno Vianello


I nembi, bassi e scuri, sembravano quasi toccare le cime degli alberi. Il vento gelido, sferzando i rami, portava con se odore di pioggia e morte, mentre i lampi creavano ombre minacciose tra le cime. 

Tutto lasciava presagire che quello fosse l'ultimo giorno sulla terra. Gli dei hanno veramente abbandonato il continente? Questo pensiero continuava a riecheggiarti nella mente mentre, assieme ai pochi superstiti, ti trascinavi passo dopo passo andando incontro alla bufera. 

Avevi invocato Marte con tutte le tue forze, l'ira ti aveva preso tutt'un tratto come sempre, mista a quella gioia e paura che provi ogni volta che il Mastino prende il tuo posto.
Il cuore batteva all'impazzata, il tuo respiro si faceva rapido, un ronzio ti riempiva le orecchie, ma il sangue ribolliva...Sì, ribolliva, sentendo il fuoco del dio fluirti nelle vene, gonfiandoti i muscoli fino allo spasmo per poi esplodere nella furia di un dio racchiuso nel corpo di un uomo.
Eppure, questa volta, sembrava che un demone fosse stato rigurgitato dalle fauci stesse di Ade.
Siete partiti in ventinove, scelti e selezionati dalla morte stessa. Ventinove rimasti su trecentosedici: una selezione.. Una carneficina.
I ventinove uomini più forti di tutto l'impero. Ventinove mastini per eliminarne uno solo. Quando il praefectus urbis in persona vi aveva comunicato la missione alcuni di voi si erano messi a ridere, ma la punizione per quelle risa furono niente cibo e trenta frustate.
Sei. Di ventinove siete rimasti in sei, scampati per puro miracolo. Ganimede da Atene, Dario il persiano, Tersa da Antiochia, Callisto da Roma, Angus dalla Gallia e tu, T'Challa il numida.
I mesi trascorsi per inseguirlo erano serviti per rendervi un'unica bestia che insegue la sua preda. Sicuri di voi stessi avete creduto di inseguirla, almeno questo è quello che credevate, ma al contrario siete stati braccati da essa.
Avete valicato le alpi della Raetia nella direzione di Augusta Vindelicum, affondando nella neve fino al busto attraverso sentieri non battuti, rischiato l'ipotermia e la cancrena, e come se non bastasse cacciato lupi e orsi dalle loro tane per cercare rifugio nelle grotte.
Quando avete trovato un distaccamento romano presso il confine, dopo essere stati ricevuti dal legato, egli vi ha confermato la presenza di morti sospette avvenute in zone ben precise dell'Impero.
Quasi un percorso, ben delineato, come se qualcosa o qualcuno si stesse lentamente avvicinando a Roma. 


I mastini iniziarono a notare prima piccole, poi sempre più concrete tracce del suo passaggio.
I rami di alcuni arbusti erano stati spezzati di recente, anche se la zona era deserta ed avrebbe dovuto essere non battuta... Poi tracce di animali in corsa sparivano nel nulla, ed infine piccole carcasse - lepri selvatiche, qualche volpe - erano state nascoste in malo modo.
«Dividiamoci in quattro squadre tenendoci in vista, rastrelliamo la zona ed i primi che notano qualcosa di sospetto facciano il segnale stabilito; poi lo accerchieremo e lo ridurremo a brandelli.» Callisto aveva suggerito un'idea che poteva funzionare, rastrellare la zona avrebbe ridotto i tempi di ricerca. Il praefectus aveva raccomandato di non dividersi per nessun motivo, di non sottovalutare mai l'avversario, ma l'essere un gruppo così numeroso diede ai violens oltre che un immenso potere distruttivo una certa dose di stupidità.
L'aria gelida tagliava il viso, le ombre si stavano allungando: l'astro infuocato aveva iniziato la sua parabola per lasciare il posto ad una splendida falce d'argento. Un'altra notte di guardia, un'altra sosta forzata nel bosco... degli ululati in lontananza.
Il fuoco languiva protetto dalle rocce, lottando contro un gigante fatto di vento.
Tersa, di guardia a pochi passi dall'accampamento, giocava nervosa con un pugio tenendo pronti arco e faretra. Era stanca ed affamata, l'unica donna sopravvissuta alla carneficina e l'unica donna all'interno del gruppo. Era veramente forte, molti erano stati quelli che in passato l'avevano sottovalutata ed ora erano solo cibo per i vermi. Nata libera, aveva scelto di entrare nella Specula di sua spontanea volontà, sostenendo un durissimo allenamento. Voleva diventare un violens. Non aveva dato spiegazioni a nessuno e nessuno gliele aveva chieste, dandola per spacciata appena entrata al cursus... ma ogni volta che ci si aspettava il suo ritiro, Tersa tirava fuori i denti dicendo: «... Avanti un altro!» Fino a quando, presa finalmente sul serio, venne sottoposta alla prova...
Ne uscì con un braccio rotto ed un taglio che le attraversava il viso da parte a parte e solo per miracolo non era rimasta priva di un occhio, ma quando era risalita nella triremi, Tersa era morta ed era nato un Mastino.
La violens sfiorò la cicatrice con un dito, mostrando un ghigno che brillava nella notte come la falce di luna.
Agganciò il pugio alla cinta, mentre, rapida, tendeva l'arco incoccando la freccia.
Il bubolare di un gufo squarciò il silenzio e ventotto ombre si disposero all'unisono in cerchio, a quindici passi dal fuoco. In un unico movimento una fila di lame scintillarono nel buio della notte.
«Lupi...»
«...e ci svegli per questo? Non dirmi che non sai cavartela con un paio di cuccioli!»
«Taci Angus e ascolta...Non sono due cuccioli, gli ululati rimbalzano da est a ovest, sono branchi, si stanno riunendo...»
«...Ma è...impossibile! Per quale motivo dei branchi comunicherebbero tra loro? Siamo noi la minaccia…non si avvicinerebbero mai ad un centro abitato ben organizzato, figuriamoci ad un gruppo di guerrieri. Quelle bestie sanno percepire molto bene il pericolo, ed in questo caso siamo noi ad essere un pericolo per loro...»
«Tersa ha ragione, si stanno avvicinando. Mi prenderete per pazzo ma...sembra che ci stiano circondando...»
«Circondando? É Phobos che ti guida, Cassios?»
«Smettetela! Pensiamo a concentrarci, piuttosto!» Ganimede prese, come al solito, la situazione in pugno. «Ci divideremo in quattro squadre come in precedenza. Cerchiamo di tenere i branchi separati, se li prendiamo a gruppi saranno più deboli. T'Challa, prendi con te la prima: sei uomini e avanza verso sud. Dario! A te la seconda...dirigiti a ovest, Callisto e Tersa, la vostra squadra sarà composta da otto uomini e vi dirigerete a nord. Angus! Io e te con la nostra squadra ci dirigeremo ad est. Per ogni branco che riusciremo ad eliminare useremo il segnale del gufo, per ogni ferito in modo grave quello del cuculo, nel caso ci siano morti... sarà il canto del falco ad innalzarsi fino alle stelle. Ed ora andiamo! Ci riuniremo qui e... Buona caccia!»
Fu come vedere dei ghepardi acquattarsi nell'erba alta, scivolare silenziosi tra gli alberi prima di gettarsi sulle loro prede.


Chi tra loro ora era la belva e chi l'uomo? Gli occhi gialli dei canidi scrutavano l'oscurità mentre le loro teste scattavano ritte oltre i cespugli.«Eccoli!...Caio e Edmè a destra, Blagoy e Clovis a sinistra, Aurelio tu proteggici le spalle, Angus io e te attaccheremo frontalmente.» Così tutto ebbe inizio, con le ultime parole di Ganimede negli orecchi.
I violens partirono all’attacco come un’onda titanica, travolgendo tutto ciò che gli si parava di fronte. I branchi si diedero alla fuga, mentre molte bestie caddero quasi subito sotto i colpi dei Mastini. «C’è qualcosa che non va…É tutto troppo facile…» Le parole gli si spezzarono in gola, Marcus ebbe appena il tempo di urlare…«É una trappola!»«Non è possibile! Non possono essere così organizzati!»
I lupi avevano sacrificato uno dei loro branchi per riunirsi e circondare quel gruppo di uomini, che da cacciatori, ora, erano divenuti prede.
Erano centinaia. Da dove venivano, e perché li stavano attaccando? Forse non sarebbero sopravvissuti per avere delle risposte.«Ganimede! Tersa! Guardate!» T’Challa urlava a squarciagola, indicando qualcosa che se ne stava appollaiato su un albero ad un centinaio di passi da loro. Il numida possedeva una vista allenata dai combattimenti notturni, ma gli altri distinguevano a fatica ciò che stava indicando.«É un uomo…sembra un barbaro…» Tersa aveva acceso una fiaccola nel tentativo di allontanare le bestie con il fuoco, e grazie alla luce, riuscì a distinguere quella sagoma meglio degli altri.
Gettò la torcia a terra sugli aghi di pino incendiando la zona davanti a lei, incoccò la freccia e prese la mira…
I lupi arretrarono dinanzi al divampare delle fiamme, il dardo saettò rapido e sicuro, ma la punta si conficcò sul tronco mentre dei lunghi capelli biondi ondularono al vento. L’uomo si era spostato di almeno dieci passi.
«Come diamine ha fatto!?! Ero sicura di averlo preso!»
Un urlo agghiacciante scosse l’intero gruppo: il canto del falco s‘innalzò per ben due volte. Non c’era più nulla da fare, non potevano perdere altro tempo, dovevano agire…E in fretta.

Vennero accesi altri fuochi, cercando di circondare le bestie con le fiamme.
Tersa diede fondo alle sue scorte di frecce mentre T’Challa saettava rapido tra gli alberi, colpendo i canidi con una precisione tale da staccar loro la testa di netto quasi senza fermarsi.
I lupi attaccavano da tutte le direzioni, come i raggi di una ruota attorno al mozzo, quasi sincronizzati. Sembravano fiumi in piena durante il periodo delle piogge, non davano ai Mastini nemmeno il tempo di prendere fiato, sfiancandoli. Li stavano costringendo a stringersi spalla a spalla in uno spazio sempre più ristretto.
Fu una carneficina. I violens alternavano i colpi in perfetta sequenza, le lame si alzavano ed abbassavano fulminee, mentre i fiotti di sangue tingevano la neve di rosso cremisi.
Anche se una bestia cadeva sotto i loro colpi, subito un’altra ne prendeva il posto, pareva fossero infettati dalla rabbia tanta era la loro ferocia.
I lupi sembravano un mare in tempesta, mentre i Mastini lo scoglio dove le onde s’infrangevano violente.
Il cielo iniziava a rischiararsi. Le nubi, prima scure e pesanti, venivano trafitte dai primi raggi del sole nascente. L’intero gruppo era esausto, non avrebbero retto ancora per molto, ma come dal nulla quelle belve erano apparse, così svanirono, ritirandosi rapidamente verso gli angoli più profondi della foresta.
Quando Galeno si guardò intorno, l’aria gelida gli raschiava i polmoni e decine di carcasse giacevano attorno a lui ed ai suoi compagni.
Avevano subito quattro perdite e due di loro erano feriti rispettivamente al polpaccio e all’avambraccio.«Quella sagoma dalla chioma bionda era lui? Non sono riuscita a colpirlo! Io non sbaglio mai!» Le imprecazioni di Tersa erano perlopiù rivolte a se stessa, ma stava parlando ad alta voce, come se si volesse liberare della frustrazione lasciandola uscire in un monologo mentre raccoglieva le proprie frecce.«Sì, lo era». T’Challa rispose quasi d’istinto, perché lui era quello che era riuscito ad avvicinarglisi di più. Quando saettava tra gli alberi uccidendo i lupi, lo aveva visto per pochi secondi mentre, furtivo, si teneva distante dai mastini.«Ne sei sicuro?»«Sì, controlla il disegno ritratto sulla pergamena…è lui.»«Perché i lupi non lo hanno attaccato? Perché aggredivano soltanto noi?»«Cosa vuoi che ne sappia, Tersa! Il nostro compito è solo quello di eseguire gli ordini! …e l’ordine è quello di eliminarlo, nient’altro.» Vitruvio aveva soltanto dato sfogo alla sua esasperazione, ma la domanda rimaneva senza risposta.

Dovevano riposare. Si fermarono, tesi e angosciati. Anche se esausti scavarono quattro fosse usando l’unico strumento che avevano a loro disposizione: le mani.«Perché Caronte sia soddisfatto…» Così dicendo Callisto mise loro una moneta in bocca, innalzando a Marte una preghiera silenziosa. Quando la terra fu posata, e le carcasse bruciate, venne allestito un bivacco ed i turni di guardia furono decisi a sorte.
Riuscirono a far riposare il fisico ma non la mente, pronta a scattare al minimo rumore sospetto.

«Dobbiamo muoverci, abbiamo poltrito abbastanza! L’hora prima è passata da un pezzo!» La voce di Aurelio irruppe nel silenzio mentre, con leggeri calci alle costole, svegliava malamente i più pigri e restii del gruppo.
Mangiarono rapidi e silenziosi, nessuno di loro aveva ora la spacconeria con cui erano partiti. Nei loro animi non vi era neppure posto per la sofferenza. Era il loro destino, scritto e marchiato a fuoco sulla loro pelle, da quando erano stati scelti per quel ruolo: erano violens. Bestie sacrificabili in nome dell’Impero. «Andiamo ad ammazzare quel bastardo.» Con quell’ordine i venticinque rimasti si alzarono e si mossero come automi1.
L’istinto di sopravvivenza e l’innata forza di spirito, forgiate in anni di combattimenti, li trasformava al momento opportuno in perfette macchine da guerra dalle quali fatica e dolore non trovano appigli, come delle fiere incapaci di ferire degli dei.

Attraversarono la foresta, guardinghi, muovendosi a cuneo, coprendo con lo sguardo ogni centimetro circostante particolare, pronti a scattare al minimo rumore o movimento. Giunsero al valico, senza trovare nessuna resistenza, verso la dodicesima hora quando il sole era allo zenit nel punto più alto.
Sapevano benissimo che da quel momento in poi, le cose si sarebbero invertite, da quel momento sarebbero stati loro il bersaglio, la facile preda…e non quel barbaro che sembrava prevedere ogni loro mossa.
Iniziarono la salita, rapidi quanto i loro possenti muscoli potevano concedere loro…ma il vento gelido soffiava sui loro visi tagliando la pelle; il cielo grigio e pesante sputò fiocchi ghiacciati; la neve iniziò a cadere rapida e silenziosa mentre le cime dei monti incombevano sulle loro teste come enormi giganti di pietra.
«Ci siamo, è nostro. Superato il valico sarà in trappola. Oltre la montagna vi sono solo piccoli pertugi e due grotte». Le parole di Ganimede incitavano gli altri come dei segugi che annusano un lembo di stoffa per poi partire all'inseguimento.
«Lo attaccheremo al calar del sole, sarà più stanco e noi non gli daremo il tempo di riposare».

Il gruppo aveva appena raggiunto la cima e si preparò a scendere lungo la strada che li avrebbe condotti alle grotte.«Guardate! Delle tracce!» Valerio indicò delle orme pochi metri avanti a sé sulla sinistra, delle tracce inconfondibili di impronte umane.
«É molto alto e robusto, l’impronta è leggera ma parecchio distante l’una dall’altra…come può essere così agile e veloce?»
«Potrebbe essere entrato nella Specula come explorator, questo spiegherebbe in parte la sua agilità e la capacità di rendersi quasi inafferrabile...»
«Potrebbe, Antimione, potrebbe…ma qualunque stratagemma stia usando questo Gautigoth, ha finalmente fatto il suo primo passo falso. Le tracce parlano chiaro, si sta sfiancando, non può fuggire all’infinito».
Le parole di Aurelio misero speranza e grinta nelle menti dei violens. Come segugi partirono all’inseguimento di quel barbaro, con la sola voglia di farlo a pezzi e di tornare a casa con la sua testa come trofeo.


Note
1 - Per quanto possa sembrare strano, già nell’antica Grecia abbiamo traccia di automi meccanici: per citare la settima delle Olimpiche di Pindaro, «Le figure animate stanno ritte / adornando ogni pubblica via / E sembrano respirare nella pietra, o / muovere i loro piedi di marmo. » cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Automa_meccanico

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