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E come una fenice risorse dalle ceneri della sua ira.... (Parte II)

Esattamente come immagina sin dall'inizio: tutto parte dalla missione in Tracia, dal suo allontanamento furtivo e dalle giuste conseguenze che Gautighot ha scatenato. Ammette a sè stessa che per un po’ aveva sperato che Domiziano fosse riuscito a calmare il suo grosso amico, ma evidentemente così non è stato. “Capisco.”
Nulla, apparentemente, emerge da lei, eppure l’immunes che tanto bene la sta studiando coglie un cedimento, un inspirare brusco subito represso dal ferreo controllo che la donna esercita su sé stessa.
“Vogliamo capire cosa sia accaduto da farti prendere una decisione simile in quanto alla luce del tuo Magisterium, finora impeccabile anche se bizzarro, non è mai trasparso un comportamento rivoltoso od irrispettoso da far presagire un tale atto. Ritieniti libera di rispondere sinceramente come si sono svolti i fatti in quanto ne va del tuo futuro, non solo all’interno della Specula. Sono stato chiaro?”

Lucente. Si trattiene dal dare quella replica pungente. “Sì, signore, chiaro. Come detto poco fa, non ero integrata nella coorte. Non sono stata in grado di legare con i compagni. L’artefatto era al sicuro nelle mani del mio comandante e avendo portato a termine con successo la missione, non ritenevo più necessaria la mia presenza, quindi me ne sono andata. Al messaggero che ci aveva consegnato l’incarico avevo dato la lettera per il Praefectus in cui lo informavo della mia decisione e chiedevo il trasferimento ad altra unità. Non ho ritenuto di compiere un atto così grave, allontanandomi da una coorte in cui non avevo affiatamento con i compagni. Ho considerato invece il fatto che proseguire un siffatto rapporto sarebbe stato deleterio per il bene della squadra. Questo è tutto.”
Spera di essersi spiegata nel migliore dei modi con il minor numero di parole necessario. Purtroppo la successiva domanda le fa comprendere che non se la sarebbe cavata con poco. L’inquisitor era di livello ben superiore, intelligentemente parlando, rispetto al Praefectus Urbis. Sarebbe stata una bella partita a latrunculus, dunque. Raccoglie tutto il suo sangue freddo ed ascolta la requisitoria dell’immunes. Doveva essere un immunes, indubbio.
“Detta in questo modo mi risulterebbe accettabile da un infante, non da una persona che ricopre una carica come la tua, conquistata a prezzo di notevoli sacrifici a quanto scritto sul tuo Curriculum. Oppure devo pensare che ha ragione chi afferma che hai intrapreso questa strada solo per vincere la noia di una vita solitaria nella tua grande domus di Nicea?”
“Nulla di tutto questo, signore. Infantile? Tu non eri lì. Ho valutato bene pro e contro di questa mia decisione, non sono solita fare mosse azzardate senza pensare alle conseguenze. Il fatto di essermi allontanata così è dovuto al carattere dei compagni della XII: troppo autoritari alcuni, troppo supponenti altri. Ma tutti si sarebbero mossi per farmi restare, ben sapendo che invece la squadra avrebbe solo giovato dal mio allontanamento. È difficile dire la verità in faccia a chi ha uno status più alto del tuo. Ma non li biasimo, avrebbero insistito nel farmi rimanere in quanto probabilmente temevano ritorsioni dai livelli più alti della Legio M Ultima e della Specula. Dopotutto, è noto a tutti il legame esistente tra la mia familia e l’Imperator.”
Azia percepisce chiaramente il sussulto del suo pater a queste sue parole. Quand’è che l’imperatore è diventato il suo pater? Non lo sa di preciso, ma in ogni caso in quel frangente è solo l’imperatore. Tiene a lei, lo sa, ma sa anche che non può e non deve intervenire. Azia non si scompone, semmai si rammarica di avergli fornito questo grattacapo di cui Diocleziano non ha bisogno. Poi continua, implacabile: “Chiedo venia se la risposta può darvi fastidio, ma è la realtà dei fatti e non vedo perché nasconderla. Questo per me non è un buon motivo per tenere insieme una squadra, non nella Legio M Ultima. Una squadra deve essere affiatata, sempre, in tutte le sue parti. Si fa parte di un unicum, come una catena. Se anche un solo anello cede, la catena si spezza. E questo, signore, non mi sembra un ragionamento infantile. Negli ultimi tempi ho rischiato di scontrarmi apertamente con il mio comandante. Prima di compiere un atto di aperta insubordinazione ho preferito valutare cosa fosse meglio per la squadra, non per me.”
“No, questo non è infantile. Ma il fatto di allontanarsi di notte, senza avvisare i propri superiori, neanche quelli che si fidavano di te, e solo dopo spedire la missiva, che tra l’altro qui non è stata messa agli atti, questo si lo ritengo infantile. Potevi attendere di tornare a Roma e qui fare domanda di trasferimento. Comunque da quello che dici sei stata messa in disparte a causa del tuo status e delle tua parentele? Sarebbe questo che vuoi dire?”
Alle domande dell’inquisitor l’imputata scuote la testa senza alcuna emozione evidente, ma con un certo fastidio. In realtà nella sua testa ha appena trovato un appiglio nelle parole dell’inquisitor che le permettono di rispondere contrattaccando. Proprio una bella partita a latrunculus. “Non ho detto questo. Nessuno mi ha mai messa in disparte.” Non è vero, ma non può rischiare di mettere nei guai per affermazioni personali Domiziano ed Elettra. Per loro avrebbe salvato anche gli altri che non meritavano altro che il suo biasimo.
“Ricapitoliamo: Il mio nome, la mia gens, non mi ha allontanato dalla squadra. Semmai, rischiava di tenermici dentro a forza. Se mi fossi azzardata ad allontanarmi in pieno giorno sarei stata certamente fermata. Ecco perché me ne sono andata di notte. Ed il fatto di non averlo comunicato nemmeno ai superiori che si fidavano di me... beh, signore, già dalle sue parole si può evincere chiaramente l’aria che c’era in squadra: un mio superiore si fidava di me, mentre l’altro no. Una squadra vive della fiducia reciproca. Se non c’è... non ha senso chiamarla squadra. Torniamo al discorso della catena di poco fa. Rimanere in squadra, quindi, avrebbe portato non solo ad un mio aperto contrasto con il comandante e, di conseguenza anche con buona parte dei miei compagni, ma, peggio, al contrasto tra i vertici stessi della squadra. Quanto sarebbe durata, in un frangente di questo tipo, secondo te? Dici che dovevo attendere di tornare a Roma? E, di grazia, spersi nel mezzo della Tracia orientale, quando mai avremmo avuto l’occasione di tornare a Roma? Ci sarebbero voluti mesi. Troppo tempo, troppo rischioso. Per quanto riguarda la missiva... se il cursus publicus si perde la corrispondenza non è colpa mia.”
L’ultima affermazione sulla missiva è una menzogna palese, ma lo sa solo lei. Il messaggero in questione è in giro a recapitare altri messaggi e non è facilmente rintracciabile al momento per verificare le sue parole. Azia è consapevole che tutto il consiglio non crede minimamente a quella misera scusa, ma è tutto quello che ha e l’unica sua salvezza è l’oratoria. Attinge dai ricordi di come si comportava Domiziano e si risolve in questo ironico e freddo attacco al servizio postale. La voce grondante ironia fuori luogo sortisce l’effetto desiderato, creando scompiglio tra gli inquisitori.
Un’altra scranna si sposta, un altro stridio nel buio percorre il brusio tacitandolo, un’altra volta l’immunes si scopre a sorridere divertito e compiaciuto nel fondo del cappuccio mentre esce dal circolo di fuoco.
“Bene. Bene, io invece vorrei tornare alla vostra ultima missione in quanto ci interessa particolarmente. Dicci cosa è accaduto durante quella missione, se vi sono stati fatti particolari che possono riguardare questa riunione. Abbiamo visto, ad esempio, il tuo comandante molto debole nonostante fosse passato un mese e le sue ferite si siano riprese.”
La voce lei la riconosce subito. È quella del suo Magister. Rischia quasi di cedere e sorridere, ma rimane ferma, zitta. Impassibile. Marmorea nel pallore esaltato dalla massa dei capelli rossi e dal viola scuro della veste. “La missione si è svolta con successo. Vi sono stati degli scontri armati, quello si, ma io sono sempre stata nelle retrovie. Il comandante Gautighot è un ottimo combattente, forse un po’ avventato alle volte. Non so immaginare come mai abbia problemi di salute.”
“Nel rapporto ufficiale della missione è stato fatto riferimento ad un mostro affrontato dalla squadra, e che la lotta è stata dura, ma lo avete vinto. Cosa è accaduto all’essere?”
“È stato eliminato.”
“Bene.”
Un agitarsi di voci percorre la volta a cupola e Azia si rende conto che non necessariamente i membri del consiglio sono davanti a lei: la rifrazione sonora delle cupole fa cadere qualunque rumore al centro, motivo per cui le è facile sentire tutti i loro bisbiglii. Motivo anche per cui i bisbiglii si sovrappongono sempre sapientemente. Una mossa studiata dai membri del consiglio per non farle capire nulla. L’immunes rientra nel cerchio illuminato dalle fiaccole, portandosi alle spalle dell’imputata, agitandola pur senza rendersene conto.
Dal consiglio giunge una voce sconosciuta, ma ha già parlato: è una donna. “Direi che, quindi, tutto è stato intentato per un grave malinteso e per una tua azione, sebbene fatta con un buon fine, sconsiderata.”
Azia si limita ad annuire, troppo concentrata sul buio per accorgersi dell’immunes che si china su di lei a sussurrarle beffardo in un orecchio: “Non hai mai avuto alcuna intenzione di tradire i vertici della Legio o i tuoi diretti superiori?”

Continua.....

3 commenti:

  1. Bello, la situazione sta diventando interessante.
    Ottima idea di scriverlo in prima persona

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  2. Non è ancora finita... manca ancora un'ultima puntata, in arrivo domani.
    Buona lettura!

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