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Vestiario I: Il Subligaculum e gli indumenti intimi

Il termine subligaculum lo incontriamo la prima volta nel racconto di Aleksandros.

Riguarda l’abbigliamento intimo dei romani, in termini molto semplicistici lo possiamo definire un “perizoma”. Per la precisione il termine latino è composto da subligo (legare sotto) e dal suffisso culum (che indica genericamente gli strumenti).
In pratica, quando abbiamo scritto che Aleksandros rimase con il solo subligaculum, l’abbiamo letteralmente lasciato in mutande. L’origine delle nostre mutande, del subligaculum romano, è quasi certamente etrusca che poi, grazie allo scambio culturale dei nostri due popoli predecessori, ne tramandarono l’utilizzo ai romani.
Il subligaculum era una striscia di lino che veniva avvolto in vita ed attorno alle cosce quindi allacciato, come si vede dalla figura qui a lato.
Era un indumento intimo utilizzato sia da uomini che da donne, anche se all’inizio non era ammesso usarlo con la tunica, ma solo con la toga. Poi le abitudini cambiarono e sotto la toga molti romani iniziarono ad utilizzare anche la tunica, riducendo così la lunghezza della toga.
Anche attori di teatro, ballerine e gladiatori utilizzavano il subligaculum, sebbene di foggia differente, più simile a dei mutandoni a pantaloncino tenuti fermi in vita da una cinta, nel caso dei gladiatori si usava il balteus, una grossa cintura di cuoio rinforzato.
Le donne, oltre al subligaculum, utilizzavano anche lo strophium, in pratica l’antenato del reggiseno. Famosissimo il mosaico delle terme che raffigura le donne intente a fare ginnastica. Lo strophium era paragonabile ai moderni reggiseni ad incrocio e sosteneva il seno senza comprimerlo. Esistevano poi anche altre versioni più “toste”, diciamo così, di reggiseno, il marmillae, che serviva a contenere il seno un po’ più generoso. Poiché per gli antichi romani le donne giunoniche o comunque con il seno molto grosso non erano poi così attraenti, queste potevano indossare il cestus, ossia un corsetto in pelle che aveva il compito di appiattire e contenere il seno. (… e pensare che migliaia di donne oggigiorno invece si riempiono di silicone per ottenere l’effetto contrario …)
Gli indumenti intimi, come anche la tunica usata durante il giorno (i romani la chiamavano "da fatica"), non venivano mai tolti, nemmeno per dormire, a meno che non si andasse alle terme. Gli antichi romani, quando si svegliavano al mattino, dovevano indossare solo le calzature, mentre le donne indossavano una sopravveste sopra la tunica, ed erano pronti per affrontare la giornata. Questo farebbe pensare che forse non fossero poi così puliti, che l’igiene scarseggiasse e sicuramente a molti lettori tornano in mente le abitudini settecentesche di riempirsi di profumi piuttosto che fare un bagno… ebbene, niente di più sbagliato! È vero che non si cambiavano per andare a letto come invece facciamo noi, ma è anche vero che al costo di soli due assi (la frazione più piccola della moneta in uso), l’accesso alle terme ed ai bagni pubblici era alla portata di chiunque e che, dopo la hora VI, tutte le attività lavorative finivano ed i romani si dirigevano in massa nel pomeriggio alle terme, dove facevano ginnastica, si lavavano, facevano i bagni di sudore… contrattavano e stipulavano accordi di vario genere e facevano nuove conoscenze.
Curiosità: dall'abitudine di lavorare solo mezza giornata e quindi rilassarsi o, come dicevano i romani, di godersi la vita, deriva il nostro attuale modo di dire "fare la bella vita".

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