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BIBLIOTECA: Bandlòr

Bandlòr – Federico Galdi
Editore: Plesio Editore
Formato: Brossura
Pagine: 360
ISBN: 9788890646218
Prezzo: 15,00€

Sinossi
La battaglia alle Rocche Gemelle non è servita; nessuno aiuterà Thorengreim a riprendersi le sue terre e cacciare Atlantide. Al nano non rimane che fidarsi ancora una volta del druido Tremerys e seguirlo a ovest, verso le Terre Assediate. Verso Bandlòr.

Trama
Continua la saga del re dei nani Thorengreim e del principe erede al trono di Atlantide Myrddion. Insieme al druido Tremerys e al mercenario draconico Jarl continuano il loro cammino isolato verso una meta che pare chiara solo al druido (e per buoni motivi).
Vengono affiancati dall’elfo Ierwing, che si era spacciato – nel primo libro – per il boia pur di aver modo di uccidere Jarl. Il suo accorpamento al gruppo avviene quindi non perché egli sia uno dei più validi guerrieri elfi, ma come punizione per il suo reato.
L’avventura dei nostri eroi prosegue alla cerca di alleati per consentire a Sire Thorengreim di tornare a sedersi sul trono di Khaemir, e per farlo i nostri sembrano seguire sempre più ciecamente il druido in quella che pare una missione suicida: avventurarsi nella piana di Bandlòr, verso il regno dei centauri, nel mezzo dei domini orcheschi.
Disvelando di volta in volta sempre nuovi segreti di ciascun personaggio, arriviamo al climax finale nell’assalto al tempio druidico retto dai centauri, mentre l’amicizia tra i personaggi di approfondisce di pari passo al crescere del sospetto verso gli altri, con una chiusa a dir poco spettacolare, in attesa del terzo e ultimo volume di una trilogia avvincente.

Parere
Il secondo volume della trilogia di Atlantide si mantiene perfettamente nella linea di qualunque secondo volume: alza un poco i toni del primo, approfondisce alcuni aspetti e apre nuove mille altre questioni e si conclude con un climax pazzesco da far mordere il freno (o l’autore, nella malaugurata ipotesi di incrociarlo e fargli scucire subito il terzo volume) e lasciando una sensazione di sospensione protesa verso la totale inutilità delle gesta dei nostri eroi.
Federico Galdi si riconferma quindi un ottimo autore, capace di fondere e rimestare le leggende mediterranee e nordiche per dare vita a una storia unica e originale. La principale originalità è che i nostri eroi sono di tutto, tranne che eroi e che – per ora – gli vanno tutte storte.
Il libro scorre pagina dopo pagina che è un piacere, l’intreccio della trama non è avulso dalla realtà e si mantiene coerente, alcune cose vengono “date per scontate”, ma in modo giusto, in quanto i protagonisti dei fatti sono l’atlantideo Myrddion e il re dei nani Thorengreim, non la madre del primo, la cui storia parallela dà profondità al tutto, facendo procedere anche tutto il palinsesto socio-politico del Regno delle Mille Isole, senza però interferire troppo con la portante principale.
I colpi di scena si susseguono con il giusto ritmo e con degli escamotage narrativi mai banali, sempre logici e coerenti ai personaggi e alle situazioni in cui essi si vengono a trovare. Se anche la parte iniziale, fermi nella città elfica di Themis, è piuttosto lenta, tale lentezza non è pesante e consente al lettore di assaporare ogni singolo dettaglio, compresi quelli che pongono le basi a un successivo colpo di scena. Galdi ha sapientemente usato l’escamotage di natura cinematografica portando sui nostri schermi mentali le scene e facendocele vivere e dire: ah, cavolo! Ecco cos’era quella cosa!
I personaggi sono in continua crescita agli occhi del lettore, con ricadute di stile così dannatamente umane da farceli anche odiare e sicuramente da non farceli sentire eroi e questo è sinceramente il fattore più bello di tutta la storia.
La caratterizzazione dei singoli personaggi assume sfaccettature che finora non si erano viste e fornisce al lettore sempre più tessere per inquadrarli al meglio nel mosaico della loro personalità, talvolta certe sfumature o accettazioni sono forse un po’ forzate (tipo quando si scopre il segreto di Myrddion), ma nel complesso sono abbastanza realistiche e credibili.
Jarl risulta semplicemente lo stereotipo di se stesso, unico e meraviglioso, coerente nei discorsi e negli atteggiamenti, se ben aggregatosi al gruppo per soldi in qualità di mercenario di scorta, procede oltre i suoi “doveri” per motivi personali che lo portano a pensare agli altri come ad amici, nel suo battibeccare (e pestarsi di santa ragione) con l’elfo Ierwing c’è una coerenza costante al suo odio per gli “orecchie a punta” che mai esula dal suo modo di essere tant’è vero che accorgendosi della crescita del reciproco rispetto, il riconoscere apertamente questa cosa è per il mercenario fuori discussione, sebbene diventi più immediato e istintivo collaborare con l’elfo quando si trovano nei guai.
Myrddion sembra affrontare una spirale discendente infinita per tutto il libro, finisce con le ossa rotte un numero imprecisato di volte, sempre fedele alla parola data a Kenneck, sempre in crisi e sempre pronto comunque a prendere la decisione peggiore per se stesso, fedele e coerente al suo spirito. Toccante il momento in cui confida il suo peggior segreto a Thorengreim e forse può risultare incredibile il modo in cui reagisce il nano, ma in realtà solo se si affronta il personaggio del re con gli occhi puntati al classico stereotipo dei nani. La personalità poliedrica del nano affiora dopo ogni pagina, approfondisce una persona assai diversa da quella che ci si aspetta, al pari dei personaggi antagonisti principali, orchi che si dimostrano agli occhi del lettore e anche agli occhi degli stessi personaggi, ben diversi da quanto di solito si pensa degli orchi.
Tremerys continua a essere il personaggio più odioso, così palesemente intento a perseguire scopi che non sono solo quelli dichiarati e che si scoprono via via che si dipana la storia. Il fatto che alla fine giochi a carte scoperte non lo salva dal suo modo di fare e dall’astio che oltre ad aver suscitato in Myrddion, lo consolida, facendoci sentire particolarmente partecipi agli sbalzi d’umore dell’uomo.

I paesaggi sono resi con maestria e le descrizioni non inficiano e non rallentano la lettura, sono descrizioni brevi e concise che si innestano perfettamente nel momento in cui vengono presentate, solitamente accoppiate a pensieri ed emozioni dei personaggi, tanto che talvolta ci sembra di guardare il mondo attraverso i loro occhi, di vestire in pratica la loro pelle.
La trama è più complessa del primo volume, cominciano a intrecciarsi anche gli eventi politici e sociali nell’Impero di Atlantide e si intercalano parallelamente alle vicende di Myrddion e compagni. La madre dell’atlantideo tenta di mantenere il potere della sua casata, ma è in una posizione assai difficile e il reale nemico potente e senza scrupoli, tanto da non aver alcuna rimostranza ad un attentato direttamente all’interno delle mura del palazzo imperiale.
Anche in questo caso, personaggi che sono stati mere comparse nel primo libro, assumono in questi tratti una maggiore profondità e forse quello che veramente mi è mancato è stato un maggior bilanciamento delle vicende, dal momento che gli intrighi socio-politici messi in campo sono dannatamente affascinanti, ma lasciati un po’ “indietro” rispetto al resto delle vicende. Il che comunque non è sbagliato, a mio modestissimo parere, in quanto la storia della madre di Myrddion, per quando approfondisca le tematiche e la struttura socio-politica del Regno delle Mille Isole, non è e non deve essere la portante principale del libro.
La sfortuna vuole che io abbia avuto tra le mani una delle rare copie della primissima edizione e presenta un quantitativo di refusi da far accapponare la pelle, ma il rapporto che ho con Giordana Gradara, titolare di Plesio Editore, è per me davvero un privilegio e mi ha assicurato che solo un numero esiguo di copie presentano questo inconveniente e io penso e dico: se sono solo trenta son da tener da conto… Chissà che in futuro non valgano qualcosa in più!
A livello narrativo, invece, di pecca ne ho evidenziata una sola, un “buco” non risolto che poi ha portato all’unico momento di incoerenza e cioè quando si scoprono gli scopi del druido e il modo in cui decidono di muoversi: ne sono tutti a conoscenza, e Jarl si comporta come stabilito, ma la cosa in realtà non porta da nessuna parte e alla “confessione” di Tremerys le reazioni delle due teste coronate del gruppo, principali vittime delle macchinazioni del druido, non sono coerenti al cento per cento con la loro personalità. Ma è, alla fin fine, una cosa piuttosto limitata e anche se in leggera contraddizione, non inficia l’evolversi dei fatti, come un pianificare qualcosa che viene poi vanificato dal comportamento altrui.
Tolta per forza di cose una stellina per la cura editoriale della prima edizione che mi ha disturbato notevolmente la lettura, tengo comunque a precisare che Plesio Editore ha reso noto sin da subito, in un confronto che mai mi aspetterei di avere con qualunque altra casa editrice, che tale problema è limitato a un numero esiguo di copie, circa una trentina. 

Voto: 3/5

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