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RACCONTI: Sortes - Cap. X

Attenzione: il racconto non appartiene alla linea temporale definitiva della Specula.
Racconto di Nazareno Vianello


A.U.C. 1064
Dal diario personale di Haimirtch Etrurio Venetio  comandante in carica della coorte XVII Siriana.

Uscimmo uno alla volta da porte diverse, con calma e a tempi alterni. Ci demmo appuntamento all'esterno della taberna situata in una via laterale nei pressi del tempio di Ecate al termine della secunda vigilia.
La giornata sembrò non finire mai, io mi ero inoltrato nei boschi del sobborgo di Dafne. Lì, davo meno nell'occhio ed in lontananza tenevo d'occhio la domus Claudia, ma T'Challa, entrato nell'hortus, salutò con garbo le due schiave ed il mastro giardiniere, che riconosciutolo, ricambiò con un cenno della mano ed un ampio sorriso. All'inizio, temevo che il violens rovinasse tutto, in realtà stava tenendo d'occhio la domus da molto vicino. La cosa poteva risultare pericolosa, perché insistere nel rimanere troppo nei dintorni avrebbe potuto insinuare dei sospetti nella mente sveglia e pratica del senatore.
T'Challa consegnò un piccolo pacco al giardiniere per poi congedarsi.
Vidi il numida uscire dall'hortus scivolare silenzioso dietro le mura e dirigersi verso l'alae della domus. Dopodiché quel bestione svanì dalla mia vista. Si era appostato. Aspettava che Antimo uscisse allo scoperto.
Stavo consumando un po' di pane e un pezzo di formaggio seduto appena accanto all'entrata della taberna ed oltre al cibo, gentilmente offerto dal taverniere, avevo racimolato ben tre oncie!
«...pane, domine, o una moneta...»
«Certamente, ecco a te...»
Una matrona corpulenta di mezz'età dai capelli rossi, entrando, si era chinata con difficoltà lasciando cadere nel bicchiere di coccio ben cinque assi.
«Non credere di tenerteli... poi me li ridai..»
Tuscia si sollevò sorridendo, premendo una mano sulla schiena come se le dolesse. Recitava controvoglia, ma lo faceva bene.
Cornelio entrò guardandomi di sottecchi mentre teneva sotto braccio un piccolo barile di vino. Probabilmente si era offerto di dare una mano in cambio di una cena, ed il locandiere ne aveva subito approfittato.
Tornò fuori dopo pochi minuti offrendomi un bicchiere di vino.
Tamer si fece attendere. Il tempo passava e di lui nessuna traccia...Stavo cominciando a preoccuparmi, quando...
«Eccolo!»
Invece di pensarlo, mi accorsi di averlo detto ad alta voce, ed immediatamente, mi tappai la bocca con un pezzo di formaggio.
Due avventori si voltarono a guardarlo.
«Mica male quell'egiziana, quasi quasi le offro da bere...»
Per poco il pane non mi si bloccò in gola e non mi soffocai solo grazie all'aiuto del vino.
Non sapevo se ammirare la maestria e la sicurezza che ostentava nel muoversi, o se prenderlo in giro per il resto dei suoi giorni.
Il maestro d'ombre impersonava alla perfezione una piacente egiziana che, con grande padronanza del flabélum, ogni tanto copriva ed ogni tanto lasciava intravvedere di sfuggita il proprio viso. Più precisamente i suoi occhi.
Solo T'Challa mancava all'appello.
Dopo un'ora, che sembrò interminabile, notai dei movimenti lungo la strada.
Ogni tanto infatti, approfittavo della mia condizione di mendicante per allontanarmi e chiedere qualche moneta per la strada, così da poter controllare la situazione e poi far ritorno alla mia postazione.
Alcune persone, da sole o a piccoli gruppi si stavano dirigendo, cercando di non dare nell'occhio, verso il cubicolo che dava accesso al tempio.
Entrai nella taberna con la scusa di chiedere un altro bicchiere di vino. L'oste stava per perdere la pazienza, ma vistosi mettere le tre once in tasca, il suo umore cambiò immediatamente e me ne versò un po' nel bicchiere.
Avevo dato il segnale. Dopo aver ringraziato, mi allontanai in attesa.
Tuscia e Tamer uscirono portandosi dei cartocci di pesce fritto, mentre Cornelio aveva optato per delle salsicce. La scusa di non dare nell'occhio mi stava costando una fortuna. Mi chiedo come potrò giustificare tutte queste spese per l'eliminazione di un solo uomo...
Mi appostai proprio di fronte all'entrata del tempio. Il travestimento aveva sortito il suo effetto: i seguaci di Antimo non davano il minimo peso alla mia presenza.
Il piano era perfetto, ma mancava ancora la portata principale: il vescovo.
Di lui per ora non vi era traccia, ma era questione di poco.
Caio ed il maestro d'ombre si scambiarono un'occhiata, alzai lo sguardo... Loviana!
La sarta si copriva la testa con un ricinium completamente fuori moda, ma utile allo scopo.
Continuava a guardarsi intorno con quei suoi occhi da furetto, pronta a scattare in caso subodorasse del pericolo.
Alla fine anch'essa, dopo un'ultima occhiata entrò nel pertugio.
Penso di esprimere il pensiero di tutti quando dico che l'istinto mi diceva di muovermi e la ragione m'imponeva di attendere.
Dopo alcuni minuti dalla scomparsa di Loviana, vidi il numida apparire dall'oscurità e questo, per poco, non mi fece venire un colpo.
«É arrivato.»
«Ma... Da dove?»
«C'è un'altra entrata, passa per le fondamenta del tempio.»
«Maledizione! Questo complica le cose.»
«No, in realtà è più semplice.»
Questa volta lo fissai aspettando che mi chiarisse la cosa.
Fu Tamer a parlare e per la prima volta quei due avevano uno sguardo d'intesa, poi compresi cosa volessero dire.
«Se è arrivato da li, c'è una buona probabilità che Antimo sfrutti quel passaggio anche per uscire.»
Una chiostra di denti bianchi si aprì nell'oscurità...
«Esatto.» 
«E se non fosse così?» 
«Dovremo bloccare tutte le uscite. Siamo cinque contro uno, sarà uno scherzo.»
Chissà perché, ma non la vedevo così rosea, ma era inutile scoraggiarli proprio ora.
Poi vidi lo sguardo della sapiens farsi serio.
«Tuscia, che succede?»
Tutti ci voltammo a guardarla. I suoi occhi erano glaciali. Un misto tra paura e reverenza.
Scipione gli si avvicinò con il suo solito modus operandi.
«Dì tutto allo zio Caio, cosa ti preoccupa?»
Ma lei non rispondeva, il suo sguardo era diventato vitreo e fisso verso terra.
D'un tratto Scipione fece un passo indietro. Così, mandando a quel paese quel che restava della copertura, ci avvicinammo tutti.
T'Challa le posò una mano sulla spalla e finalmente lei si scosse.
«Guardate!» 
Ci indicò un piccolo piatto di metallo appoggiato a terra. Sul momento non notai nulla di strano, poi strabuzzai gli occhi.
«Le... Le sortes
«Sono perfettamente verticali!» Tuscia era esterrefatta, ma non era finita.
«Tirale di nuovo!»
«Forse non hai capito, Tamer. Guarda!»
Così dicendo la sapiente le raccolse e le lanciò di nuovo.
«Non... Non è possibile!»
Le piccole tavolette d'osso intagliato rimbalzarono nel piatto, ma ancora una volta caddero in piedi.
Cornelio sembrava pietrificato, Tamer preoccupato, ma dal suo sguardo acuto sembrava di poter vedere la sua mente al lavoro. T'Challa attendeva guardandola, concentrato, perché si fidava pienamente della sua donna, ed ora non era il momento di mettere in dubbio le sue capacità ne tanto meno d'intervenire a sproposito.
Lei e il maestro d'ombre si scambiarono uno sguardo di comprensione. Lui le raccolse, si concentrò e le lasciò cadere di nuovo, ma il risultato fu il medesimo.
Questa volta un rivolo di sudore le scese lungo la tempia minacciando di rovinare il trucco.
«Che sia protetto dal suo dio?»
Mi sorpresi a rispondere alla domanda del maestro d'ombre...
«Chi siamo noi per saperlo?» per poi proseguire rauco « Non possiamo certo tirarci indietro adesso, non vi pare? Ci è stato assegnato un compito e noi lo porteremo a termine.»
«Accidenti a queste vesti, mi danno prurito!»
«Tranquillo, tra poco potrai liberartene. Come va la febbre?» 
Tuscia lo fissò e senza dargli il tempo di rispondere gli posò una mano sulla fronte. Era tiepida. La febbre era sicuramente diminuita, ma non se n'era andata del tutto. 
«E smettila! Qui abbiamo quasi finito, poi riposerò!»
Attendemmo con pazienza che la funzione finisse. Non vi erano vigiles in giro, Dafne in fondo poteva considerarsi un borgo tranquillo. Se non fosse stato per l'incidente con cui T'Challa aveva messo fine alla vita di Soraya, non vi erano problemi degni di nota.
Suppongo fosse per questo che Antimo ha scelto un posto come Antiochia e ancora di più questo borgo, per incontrarsi con i suoi seguaci.

La cerimonia durò quasi tre ore. I nostri calcoli si rivelarono abbastanza corretti, poi la gente iniziò lentamente ad uscire.
Sfruttavano lo stesso pertugio sulla roccia che avevano utilizzato per entrare. La predica doveva aver sortito il suo effetto, perché le persone parlavano tra loro cercando di trattenere addirittura dell'euforia.
Quando i primi gruppi di fedeli si furono allontanati, ci avvicinammo con disinvoltura ma cautamente.
Io entrai per primo. Per un attimo non riuscii a vederlo, e dovetti abituarmi alla semioscurità. La luce guizzante, che proveniva da dei bracieri improvvisati agli angoli, non riempiva l'intera stanza. Le ombre si allungavano sulle pareti più distanti e al centro del tempio.
In un angolo erano state accatastate delle casse che probabilmente fungevano da podio. Per prima riconobbi Loviana. La sarta si occupava di riscuotere le offerte che i fedeli donavano al loro dio prima di lasciare la stanza.
Poi lo vidi. L'abito vescovile era di stoffa pregiata, ma allo stesso tempo studiato su un disegno semplice. Esso sembrava fatto apposta per assomigliare a quelli che loro chiamavano con il nome di apostoli. La tunica gli si posava appena sui piedi senza però farlo inciampare, mentre le maniche larghe permettevano di tenere celate al loro interno entrambe le mani. Folti capelli grigi e una barba bianca completavano l'opera.
Personalmente non avevo nulla contro quell'uomo, era solo un altro lavoro.
Tamer scivolò all'interno silenzioso e micidiale. Lanciò il suo incantesimo e in pochi attimi le ombre si distesero celandolo alla mia vista e a quella degli altri occupanti del tempio.
Mentre gli ultimi cristiani si apprestavano ad uscire, Tuscia e Cornelio diedero loro le spalle, mentre la sapiente guadagnava tempo gettando alcune erbe nel braciere in segno d'offerta. In fondo, quel gruppo stava celebrando dei riti in un luogo che di lì a poco sarebbe stato dedicato ad un'altra divinità...Ecate. Probabilmente, anche se non lo avevamo notato, Tuscia era furibonda.
Il vescovo non notò immediatamente la nostra presenza. Tolta la tunica preziosa, si stava preparando a lasciare la grande sala sempre affiancato dalla sua seguace e da quattro dei suoi fedelissimi.
Quando però il tempio si svuotò, fu Loviana ad adocchiarci e a farlo notare loro.
«Signori, la celebrazione è finita, verrete contattati come al solito per il giorno e il luogo per la prossima.»
Cornelio avanzò, inizialmente con un sorriso bonario, verso Antimo che restava indietro protetto dalle sue guardie personali. Anch'io mi feci avanti scivolando però lungo la parete sinistra, Tuscia invece bloccava l'uscita.
«Volevamo solo una vostra personale benedizione, vostra grazia. Vede quel mio amico è gobbo e quasi storpio dalla nascita. Ed è costretto a mendicare anche solo per un tozzo di pane...»
Antimo per un attimo sembrò rilassarsi, approfittando di questo il centurione avanzò lentamente ancora di qualche passo fino a trovarsi faccia a faccia con due dei suoi scagnozzi.
«Ora!»
Con un gesto si liberò della veste che copriva la sua lorica e con un movimento ormai esperto e rapidissimo, il gladio comparve nella sua mano. Il suo sguardo bonario mutò in quello di un Falco della Specula. Gli occhi divennero gelidi ed il sorriso mutò in un ghigno di mortale soddisfazione . L'imbottitura che con tanta cura aveva preparato aveva sortito il suo effetto: aveva ovattato il rumore prodotto dall'armatura.
Dal canto mio lasciai cadere gli stracci, lanciai il bastone in direzione di Tuscia e recuperai le due spathe celate nella gobba. Libero finalmente di muovermi, scattai in avanti con la ferocia di un lupo.
Il medicus raccolto il bastone bloccava l'uscita in posizione di difesa, mentre nell'altra mano ora teneva la propria sica.
Scipione non diede loro nemmeno il tempo di reagire. Attaccò come una furia scaricando un pugno in pieno viso all'avversario alla sua sinistra. Il colpo gli ruppe la mascella facendogli quasi perdere l'equilibrio. Con il gladio parò un colpo di spatha del secondo avversario, ma questi non era per niente un soldato e bastò un movimento del polso a fargli perdere l'arma. Un attimo dopo gli aveva già perforato lo stomaco trafiggendolo dal basso verso l'alto, la guardia non ebbe neanche il tempo di accorgersene...morì all'istante.
L'uomo rimasto solo si teneva il viso sanguinante con la mano.
«... pietà...» 
Fu l'ultima parola che riuscì a biascicare. Scipione gli sferrò una ginocchiata che lo piegò in due togliendogli il fiato, poi il gladio entrò dritto nella scapola trapassandogli il cuore. Un'esecuzione magistrale.
Io mi gettai sui due armigeri che si erano frapposti tra noi ed il vescovo che ormai era in preda al panico. Fu un lavoro facile e pulito.
Si gettarono su di me in modo goffo e scoordinato. Nei loro occhi non si leggeva ne' rabbia ne' fede...Solo paura.
Sentii l'adrenalina che invadeva il mio corpo, i miei sensi divennero più acuti, inspirai forte mentre il cuore accelerava il proprio battito. Usai il muro come punto d'appoggio e piantato il piede spiccai un salto mortale: ero alle loro spalle.
Le due guardie si voltarono esterrefatte. Nei loro occhi il terrore, nei miei la vittoria.
Un istante dopo, esse cadevano sulle ginocchia, tenendo una mano sulla propria gola ormai tagliata, mentre il sangue sgorgava come una fontana dalla carotide recisa di entrambi.
Inspirai ed espirai lentamente mentre un rumore indistinto iniziava a farsi strada nella mia testa.
«Heim! ...comandante! ...il vescovo!»
La voce di Tuscia rimbombò all'interno del tempio riportandomi indietro. Il medicus, attraversato di corsa il tempio stava rincorrendo Loviana che si era prodigata per mettere in salvo Antimo. Entrambi, come avevamo fortunatamente previsto si stavano dirigendo verso il passaggio sotterraneo. La donna aveva iniziato la sua corsa verso la salvezza, ma in pochi attimi Tuscia guadagnò terreno. Loviana era più vecchia e più lenta della sapiente e la distanza tra loro si era ridotta enormemente. 
Il medicus si fermò. Abituata ormai alla Pax Augustea, aveva acquisito un'ottima mira. Invocò per un attimo Necessitas e poi Ecate a cui doveva essere dedicato questo tempio una volta terminato, poi scagliò la sica nella speranza che gli dei in questo momento la stessero ascoltando.
Il colpo andò parzialmente a segno. Loviana venne centrata alla spalla, ma questo bastò per fermarla quel tanto che bastava.
Tuscia, preso il bastone con entrambe le mani, scaricò tutta la sua forza in un unico colpo alla nuca. La donna crollò a terra urlando. Mentre i suoi abiti si tingevano di rosso, essa cercava inutilmente di trascinarsi verso un'impossibile salvezza. La sapiente la fermò mettendole un piede sulla schiena e poi la bloccò definitivamente caricando su di lei tutto il suo peso con il ginocchio.
Estrasse la sica dalla spalla e poi con precisione assoluta le trapassò il cuore.
Alzato lo sguardo, gridò nel vuoto, sapendo però che qualcuno la stava ascoltando.
«Tamer, blocca il vescovo!»
Il fuoco crepitò nei bracieri e lunghe ombre si distesero lungo tutta la stanza fino al corridoio.
Antimo, impaurito, aveva iniziato una folle corsa verso l'unica uscita ancora libera.
«Signore, mio Dio, aiutami, ti prego...» 
Cornelio stava sbraitando mentre anch'egli era partito all'inseguimento.
«Tamer, bloccalo! Ma dov'è finito quel disgraziato di T'Challa?»
Antimo vide le ombre allungarsi attorno a lui per poi afferrarlo avvinghiandosi a lui, bloccandolo.
Ancora una volta il vescovo invocò il proprio dio.
«Dio mio, Dio mio non abbandonarmi...»
Di colpo le ombre si ritirarono come per magia. Egli, per un attimo, rimase stupefatto, ma senza porsi altre domande iniziò a correre.
D'un tratto si piegò in due, urlando.
«Il... Il... Diavolo...»
Quelle furono le sue ultime parole prima di spirare.
T'Challa lo aveva aspettato a metà strada di quel passaggio sotterraneo che doveva condurlo all'uscita. L'ultima cosa che il vescovo aveva visto, era il volto del numida prima di essere trapassato dal suo gabon.
Il violens tornò dal gruppo tenendo per la cintura il corpo senza vita del vescovo.
Tutti ci voltammo a guardare Tamer che lo seguiva a qualche passo di distanza.
«Cos'e successo? Perché ti stava scappando?»
La voce di Cornelio, prima furiosa, si fermò all'istante vedendo il volto del maestro d'ombre.
Fradicio e bianco come un cencio, pareva un fantasma uscito dall'Averno.
«É.. É... Finita. Ora posso riposare.» 
Così dicendo il maestro d'ombre si lasciò scivolare sulla parete fredda del tempio fino a ritrovarsi seduto a terra.
Con una mano si tolse la parrucca gettandola poco distante, in un gesto stanco.
Tuscia gli fu accanto in un baleno. Il suo volto era un misto di timore e preoccupazione.
«Scotta peggio di un pultarius lasciato sulle braci!»
«Quel vescovo ha invocato il suo dio... Ma dubito che...» 
T'Challa stava cercando di misurare le parole.
«Dobbiamo andare!» Anche se anch'io ero preoccupato, dovevo rimetterli in riga. Non avevamo molto tempo e di sicuro non valeva la pena rischiare.
Il numida staccò di netto la testa del morto e la infilò in un sacco.
«Cornelio, T'Challa, aiutate Tamer a mettersi in piedi e poi filiamo.»
«Ce la faccio! Per chi mi avete preso?!?»
La forza di volontà del maestro d'ombre era ammirabile. Con un sforzo si rimise in piedi e lentamente iniziò a seguirci verso l'uscita sotterranea. I due violens si scambiarono una rapida occhiata...
Nell'arco di qualche istante Tamer si ritrovò issato sulla spalla destra del numida come se fosse stato un sacco di farina.
«Come osi maledettissimo bastardo??! Mettimi subito giù! So camminare con le mie gambe! Mettimi giù ti dico!»
«Me la farai pagare più tardi. Ora dobbiamo metterci in salvo.»
«Ti ho dett...»
«Bastaaa! O giuro che ti spacco il vitis in testa!»
Dopo l'ultimo avvertimento di Scipione, il sapiens dovette arrendersi. In effetti, era proprio a pezzi e anche se non lo avrebbe mai ammesso, non sarebbe riuscito a stare al passo. Si sentiva esausto; ma era finita, ora poteva tornare a casa, quello che gli bruciava era che a portarlo in salvo era proprio il numida... 
Maledizione a lui!
Si sarebbe fatto curare e sarebbe tornato in piena forma. Era solo una questione di tempo.
Una freccia saettò silenziosa. Centrai la guardia appostata all'uscita al primo tentativo. Nemmeno un fiato... Mi complimentai con me stesso.
Finalmente eravamo fuori. La statua di Apollo Pithio svettava sul borgo ancora addormentato. I lapislazzuli posti sui suoi occhi, colpiti dalle prime luci dell'alba, brillavano come fuoco blu.
I cavalli erano pronti. In realtà, mi era dispiaciuto uccidere quell'uomo, in fondo era anche un ottimo giardiniere. Il doppio gioco gli era riuscito molto bene. E, anche se T'Challa l'aveva pagato profumatamente per venire a conoscenza di quella via di fuga, non era il caso di lasciare in giro testimoni.
Cavalcammo più veloci possibile, prima tappa Myriandros. Li ci saremmo fermati e ci saremmo potuti occupare del maestro d'ombre.

...continua...

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