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RACCONTI: Sortes - Cap. IX

Attenzione: il racconto non appartiene alla linea temporale definitiva della Specula.
Racconto di Nazareno Vianello


A.U.C. 1064

Tuscia si fece coraggio e uscì dal riparo fornito dalla colonna.
Il maestro d'ombre con la coda dell'occhio notò immediatamente il movimento alle sue spalle e mantenendo la sua posizione raccolse il pugio che aveva posato sullo scalino appena sotto il pelo dell'acqua.
Le lucerne illuminavano appena l'esile figura che gli si stava avvicinando a passo deciso. Tamer strinse il manico e si preparò a colpire.
Accadde tutto talmente rapidamente che Tuscia si ritrovò ad urlare senza neanche accorgersene.
La mano del maestro d'ombre stringeva l'arma tenendo la lama verso il basso, mentre il braccio si era piegato già per dare maggior forza al movimento.
Attese fino all'ultimo, poi con un gesto fulmineo ruotò il torso, mentre la lama saettava diagonalmente fuori dall'acqua.
La punta del pugio si fermò a qualche millimetro dal suo aggressore. Se avesse proseguito, avrebbe centrato la rotula, ma ciò che più contava nel combattimento era il controllo ed in questo Tamer era un maestro. Sapeva colpire alla perfezione e fermarsi allo stesso modo, anche ad un soffio dalla gola di un uomo, senza versare neppure una goccia di sangue.
L'immagine che il suo cervello aveva registrato, aveva fermato l'istinto e fatto partire la ragione.
«Tu.. Tuscia??? Ma che diamine….» Tamer la fissò per un attimo...
«...Sei... SEI UNA STUPIDA!» La sua voce echeggiò nel tepidarium paralizzandola. 
«Potevo ucciderti! O storpiarti! Cosa ci fai qui??» 
Poi un sorriso malizioso apparve sul suo viso stanco...
«Questa sera T'Challa non ci riesce? Hai bisogno di un sostituto?»
La sapiente, ripresasi dallo spavento, ignorò la battuta e, sedutasi sul bordo della vasca, rimase in silenzio.
«Si può sapere cosa vuoi, donna?»
Il sapiens si stava innervosendo. Quando lei faceva quella faccia seria, non sapeva mai come prenderla.
Lei continuava a fissarlo. I suoi occhi erano diventati freddi e indagatori...Tuscia non c'era più, ora Tamer si trovava di fronte al medicus.
Quando parlò, la sua voce era calma e sicura.
«Esci dall'acqua.»
«Uhmpf, sto bene ti ho detto, la smetti di preoccuparti?» Ma dovette desistere.
«Va bene.» Il maestro d'ombre uscì e raccolto il subligaculum iniziò a coprirsi. «Lascialo giù.» «Assolutamente no!» «Fa' come ti dico! Non è certo la prima volta che ti visito!»
«Adesso basta. Mi hai stufato, ti preoccupi sempre troppo!»
«Se non mi dai retta inizio ad urlare e chiamo le guardie.»
«Sì, è già un miracolo che non ti abbiano sentito prima! E se ricordi, io sono un eunuco…vuoi rovinare tutta la copertura?»
Tuscia si morse il labbro, ma non si rassegnò. «Almeno lascia che ti dia un'occhiata.»
Tamer dovette arrendersi.
«Ho un po' di febbre. Suppongo di aver esagerato con il lavoro.»
In effetti, Tuscia dovette constatare che, per seguire la sarta, quel disgraziato aveva dato fondo a parecchie energie. Non tanto nel seguirla, ma nel rimanere celato ai suoi occhi durante l'appostamento.
«Dai, stenditi.»
Il maestro d'ombre si distese vicino ad una colonna, dove la luce era più intensa. Chiuse gli occhi e cercò di rilassarsi. Mica facile, con quell'Erinni a portata.
La sapiens raccolta una lucerna, l'avvicinò reggendola con una mano.
Partì dalla testa.
Scostò i capelli controllando il cuoio capelluto per poi passare alla fronte, al viso e alle orecchie. Lentamente scese lungo le spalle, il petto e lungo i muscoli delle braccia fino alle mani controllandone i palmi e le articolazioni delle dita. Passò poi la mano sul ventre asciutto fino all'ombelico.
Tuscia pensò di sciogliere i lacci che reggevano il subligaculum, ma questo avrebbe sicuramente dato il via ad un'altra discussione e quello non era ne' il posto ne' il momento adatto, così decise di proseguire oltre, scendendo con la luce sulle cosce e lungo entrambe le gambe fino ai piedi... Nulla.
«Voltati.»
«Uffa...Ne hai per molto??»
«Zitto e voltati.»
Tamer si mise a pancia in giù esponendo le spalle, ma il pugio, come per magia, ora era nella sua mano. Per abitudine non abbassava mai la guardia e non si poteva mai sapere se il fato avrebbe colto l'occasione per fargli qualche bello scherzetto.
Il medicus riprese il suo lavoro. Controllò il collo, le spalle e la schiena. Passò poi ai bicipiti e ai polpacci. Si soffermò sulle caviglie fino alle piante dei piedi...
«E questo cos'è? Qui sulla pianta.»
Tamer si mise a sedere e presosi il piede destro lo esaminò mentre Tuscia reggeva ancora la lucerna.
«Boh? Sembrerebbe un piccola escoriazione. Nulla di grave...non esagerare!»
«Però hai la febbre...»
«Sì, ma è leggera. Un po' di riposo e sarò di nuovo in forma, vedrai.»
Tamer sfoggiò uno dei suoi soliti sorrisi tentando di rassicurarla. Tuscia stava facendo di un sasso una montagna. In fondo, in quegli anni, ne aveva passate di cotte e di crude e se l'era sempre cavata. Ancora qualche giorno e poi sarebbero tornati tutti a casa.
La sapiente non era pienamente convinta, lo fissò in tralice ancora per qualche istante, poi sospirando dovette desistere.
«D'accordo, ma se qualcosa non va prometti di dirmelo.»
«Va bene, va bene. Ma adesso vai, altrimenti rischiamo di mandare all'aria tutto il lavoro.» 
«Immergiti nel frigidarium, ti abbasserà la febbre.»
Così dicendo, Tuscia si diresse verso l'uscita.
Diede al guardiano altre tre monete per assicurarsi il suo silenzio, poi pensierosa si diresse alla popina.
Quando arrivò, T'Challa la stava aspettando seduto sul letto.
«Come sta?»
Tuscia rimase di stucco. Si sarebbe aspettata un rimprovero, invece lui si stava preoccupando per l'unica persona che lo punzecchiava sempre. Era davvero cambiato.
«Ha la febbre. Gli ho consigliato di bagnarsi nel frigidarium, dovrebbe attenuarla. Domani comprerò delle erbe e gliele farò ingoiare a forza.»
«D'accordo...domani. Ora vieni a dormire.»
Il medicus si accoccolò tra le braccia del numida cercando di scacciare i brutti pensieri.
Voleva solo riposare.


Dal diario personale di Haimirtch Etrurio Venetio  comandante in carica della coorte XVII Siriana.

«Bevi!»
«Ma fa schifo! Bevitelo tu quell'intruglio!»
«Hai promesso!»
«Uhmpf, almeno si può sapere che cos'è?»
«Estratto di laserpizio e succo di cavolo.»
«Bleah!»
«Bevi!»
Il battibecco tra Tamer e Tuscia assomigliava ad una di quelle opere teatrali tanto in voga in Ellade, peccato che non indossassero le maschere adatte per l'occasione.
T'Challa, Cornelio e, devo ammettere, anch'io...ci stavamo godendo la scena. E a giudicare dalle facce degli altri avventori, non eravamo gli unici. Alla popina, i due stavano dando spettacolo. Decisi d'intervenire prima di attirare troppo l'attenzione.
«Tamer!»
Il maestro d'ombre si bloccò e finalmente si voltò a fissarmi.
«Bevi. É un ordine.»
Rassegnato, l'egiziano trangugiò la pozione che il medicus gli aveva preparato, ma non prima di averci fulminato con lo sguardo.
«Adesso dammi il piede. Devo fasciartelo con foglie di cavolo.»
« E no! Questo no! Non intendo girare con un piede che puzza di marcio!»
Ma lo sguardo di Tuscia non ammetteva repliche.
«Me la pagherete, non so come, ma giuro che me la pagherete!»
«Sì, sì... Intanto sta' fermo che devo finire il bendaggio.»
Tamer dovette rassegnarsi e girare con quel simpatico bendaggio attorno al piede. In realtà, grazie alle insistenti cure della sapiens ed alle immersioni nel frigidarium, nell'arco della giornata la febbre era diminuita ed al maestro d'ombre era rimasto soltanto un fastidioso senso d'affaticamento.
Ognuno cercava qualcosa da fare per occupare il tempo: in realtà, quando si presentano queste situazioni, le hore sembrano non passare mai.
Decisi di fare un sopralluogo al tempio di Apollo Pithio per poi passare in chiesa e casualmente passando per il tetraplyon dove una delle sue vie, sempre casualmente, passava accanto al tempio dedicato ad Ecate.
Era tutto tranquillo, forse fin troppo, visti gli ultimi accadimenti. Controllai le strade secondarie e la piazza del mercato. Anche le spie del senatore sembravano aver allentato la presa. Continuavano comunque le loro ronde, ma lo facevano con meno concentrazione. In fondo, per quanto importante, Soraya era soltanto una schiava. Se avessimo avuto più tempo, le acque si sarebbero sicuramente calmate maggiormente, purtroppo i tempi ora erano stretti e non potevamo tirarci indietro.
Attraversai i portici nell'hora in cui il mercato era al culmine. Due donne stavano contrattando per delle stoffe, un cane randagio dal pelo ispido stava rovistando nella spazzatura, delle schiave con dei cesti seguivano silenziose i loro padroni, e per poco non mi scontrai con un portatore d'acqua che penso mi abbia augurato di finire nell'Averno.
Tornato alla popina, trovai Tuscia, Cornelio e T'Challa che discutevano attorno ad un tavolo.
«Cosa sta succedendo?» «Oh, nulla, ragazzo...si chiacchiera...» Il volto di Scipione era sereno. O era davvero così o stava recitando alla perfezione. «Ne siamo sicuri?» Incalzai. In fondo ero e sono il comandante: se mentono a me mentono a Roma!
...ma a chi la vado a raccontare, se avessi soltanto la minima idea di quante volte quei disgraziati mi hanno tenuto nascoste le cose, penso che gli farei svuotare le latrine con le mani a vita!
«Certo, abbiamo lasciato Tamer in camera a riposare e noi stiamo facendo due chiacchiere. Dobbiamo essere in forze e pronti o no?»
«Bene, ma se mi state nascondendo qualcosa...questa volta preparatevi ad una punizione veramente severa... Intesi?!?»
I tre si guardarono per un istante prima di rispondere contemporaneamente. «Intesi!»
Decidemmo di uscire e darci appuntamento presso il tempio di Apollo. Per non dare troppo nell'occhio, ci ritrovammo nel giardino esterno. Da lì, dopo un rapido resoconto, per evitare che qualcuno di noi potesse essere seguito, poi demmo inizio al piano.
Ci dividemmo ed ognuno di noi si recò a fare acquisti. Chi del trucco per il viso e per il corpo, chi degli abiti, chi tornò con un semplice bastone. Tornammo alla popina in tempi diversi tenendoci comunque d'occhio l'un l'altro da debita distanza.
Salimmo nella nostra stanza separatamente e senza farci notare più del necessario. L'unico che mantenne il suo aspetto originale fu T'Challa, perchè viste le sue dimensioni sarebbe stato praticamente impossibile travestirlo.
Tuscia dopo un primo rifiuto, si era truccata fino a diventare una vecchia matrona, con un'imbottitura sotto la tunica, una parrucca rossa molto elaborata e il trucco che gli invecchiava il viso.
« Se solo provi a ridere...» borbottò, guardando di traverso il numida.
«Non ho nemmeno aperto bocca...» 
T'Challa aveva alzato le mani in segno di resa. Sarebbe bastato anche solo un mezzo sorriso e avrebbe dormito da solo per una decade: Tuscia detestava travestirsi e diventava tremendamente suscettibile quando era costretta a farlo.
Io con i miei lunghi capelli, impiastricciati di fango e terra, il viso sporco e gli abiti laceri, sembravo un perfetto mendicante...anche grazie ad una finta gobba, dove in realtà tenevo la sacca; il bastone e una ciotola di coccio sbeccato concludevano l'opera.
A Cornelio venne invecchiato il viso rendendolo più rubicondo, sbiancati barba e capelli e coperte le cicatrici. Con una tunica un po' logora e le guance rubizze sembrava un perfetto oste.
«No! No e poi no!»
«Smettila, Tamer! Pensi che io mi diverta vestita così? Ci siamo travestiti tutti quanti!»
«Tutti tranne il bestione!»
«E come pensi che si possa fare? Gli taglio le gambe con un colpo di gladio e lo immergo in una vasca di latte d'asina per schiarirgli la pelle?!?»
Cornelio stava andando su tutte le furie e cominciava a sbraitare. Dovevo intervenire prima che qualcuno giù alla popina salisse a controllare. 
«Falla finita e lasciati truccare!»
Onestamente, anch'io stavo veramente per perdere la pazienza. Eravamo tutti molto tesi e stanchi.
Le guerre non sempre si combattono nei campi di battaglia, a volte, quelle più grandi sono quelle combattute da pochi e celate ai molti.
Dopo un altro scambio di battute e qualche silenziosa imprecazione, il maestro d'ombre rasato di fresco, con una parrucca, un buon trucco ed una tunica nuova ed un po' d'imbottitura, era diventato una “bellissima” fanciulla egiziana.

...continua...

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