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VIDEOTECA: Django Unchained

Non solo libri nella nostra Res Publica, cosa pubblica, ma anche film. Film che, se ancora non sono usciti in DVD, di certo andranno a rimpinguare il mio personalissimo stipo di bei film non appena lo faranno. Uno di questi è sicuramente l'ultima creazione di Quentin Tarantino: Django Unchained.

Titolo: Django Unchained
Durata: 165 minuti
Uscita: Gennaio 2013 (in Italia)
Cast: Jamie Foxx (Django), Cristoph Waltz (Dr. King Schultz), Leonardo di Caprio (Calvin Candie), Samuel L. Jackson (Stephen, lo schiavo), Kerry Washington (Broomhilda)

Trama
Django è un schiavo, destinato a un mercato degli Stati Uniti del Sud.
Procede, umiliato e in catene, in una triste fila indiana con altri schiavi controllati da due negrieri.
Nella notte si avvicina alla colonna un carro, sormontato da un traballante dente, a indicare che un dentista itinerante è sulla loro strada. Ma il dentista è anche e soprattutto un cacciatore di taglie che non si fa molti scrupoli di uccidere chi lo minaccia e compra Django per un solo motivo: lui conosce tre criminali cui il dr. Schultz sta dando la caccia in qualità di cacciatore di taglie.
Si avvale di quella farsa che si chiama schiavitù per assicurarsi la collaborazione dello schiavo per poi giungere al sodalizio e all'amicizia tra i due uomini, ora entrambi liberi: Django rimarrà con il dottore per tutto l'inverno, andando a caccia di banditi e criminali, affinando le sue qualità di tiratore e di attore per poi andare insieme alla ricerca della moglie dello schiavo, Broomhilda, venduta separata da lui anni addietro.
La ritroveranno a Candyland, la piantagione di proprietà di Calvin Candie, ricco possidente viziato e arrogante, crudele padrone di cose e di uomini.
E Django, come un novello Siegfrid, scalerà la sua montagna e ucciderà il suo drago perché senza paura e salverà la sua Broomhilda perché se lo merita, come gli aveva a suo tempo raccontato King Schultz narrandogli il mito norreno.

Sceneggiatura & Regia
Regia e sceneggiatura sono ineguagliabili e inconfondibili, recano il marchio "Tarantino" in ogni minuto. Il regista non si improvvisa sceneggiatore, ma realizza con professionalità e genio puro una summa di citazioni dai vari generi rendendo il western qualcosa di mai visto.
L'inizio con titoloni cubitali rosso fuoco ricordano agli amanti del genere e non solo i grandi classici di Sergio Leone con i suoi spaghetti western, i dialoghi sono brillanti e le scene si succedono con ritmo costante denotando come al solito una divisione lineare dei capitoli della storia che però non è mai banale e mai cala di tono.

Fotografia & Colonna Sonora
La fotografia è quella classica di grandi paesaggi desolati e montagne maestose, piantagioni lussuriose e campi coltivati a fatica, locali di lusso e piccoli borghi da duelli all'ultimo sangue a mezzogiorno.
La colonna sonora è di altrettanto impatto e anch'essa un collage di citazioni, dall'apertura con la stessa aria del "Django" di Corbucci alla musica di Morricone cantata da Elisa (in italiano anche nel film originale!) alla simpatica chiusa con il motivo di "Lo chiamavano Trinità", passando per pezzi rock, pop e rap che sembrano non c'entrare nulla ma che in realtà alzano il tono dell'opera cinematografica donandole quell'input di azione in più.

Impressioni
Io amo Tarantino. Ma, non di meno, se un suo film non mi piace solitamente lo dico e, nonostante il grande favore di pubblico e critica dei precedenti Kill Bill parte 1 e parte 2 e l'ultimissimo Bastardi senza gloria, devo dire che sono le sue creazioni che davvero non mi sono piaciute.
Non erano e, a mio modestissimo avviso e parere personale, non saranno mai all'altezza di Le iene o di Pulp-fiction.
Il regista polivalente Quentin Tarantino ha dato con questa sua ultima pellicola una svolta al wester classico, decisamente sempre più deludente che da anni a Hollywood è stato abbandonato, andando a rispolverare le atmosfere degli spaghetti western alla Sergio Leone, citando il Django del '66 di Corbucci senza però svilirlo o parodiarlo.
La bravura del regista e sceneggiatore sta proprio in questo: creare un collage di citazioni e rivisitazioni che regalano al pubblico un'opera nuova e unica, che affronta la tematica delicata del razzismo e il periodo vergognoso della schiavitù americana con ironia, ma senza reale leggerezza, dedicando spunti classici con semplici scene fuori campo, comprensibili ma non visibili, della crudeltà efferata di alcuni negrieri e di alcuni padroni, affiancandola a pennellate di romanticismo e di umanità, per quanto "sporca" alla maniera di un spaghetti wester di Leone.
Un cast d'eccezione per un risultato se non proprio colossale decisamente sopra le righe, non è un film di Tarantino se non è ricco di dotte citazione, non ultime le sue comparsate alla Hitchcock (questa è stata, come dire... esplosiva!) e le mitiche inquadrature di sguardi freddi e duri dal basso, tagli spettacolari come l'uso dei flashback ottimamente dosati e, per finire, la mitica citazione sonora al cult "Lo chiamavano Trinità" in chusura che fa sorridere gli amanti del genere.
Uno spettacolare Di Caprio che mostra negli anni una crescita spaventosamente bella e profonda di un attore che, a vedere i suoi primi lavori, non gli si avrebbe dato un soldo bucato, già stupendo cattivo per causa di forza maggiore in "Blood Diamond" e profondo e psicologicamente instabile nella sua lucidità in "Inception", qui sfiora veramente le vette dei super grandi con una magistrale interpretazione di un crudele possidente del Sud appassionato di incontri di mandingo.
Samuel L. Jackson, altra pietra miliare del cinema hollywoodiano, irriconoscibile quasi nella parte dello schiavo Stephen, irriverente e dispotico nero al servizio di Calvin Candie che si comporta quasi come fosse stato lui stesso padrone di Candyland, teatro della seconda metà del film che richiama la precedente dualità buono-cattivo, rivalsa-vendetta de "Bastardi senza gloria" sebbene a mio avviso superando di gran lunga quel film.
Kerry Washington, nella parte della schiava Broomhilda moglie di Django, è un cameo di bellezza sfruttata e anelata, lontana anni luce dalle solite eroine di Tarantino mi appare sotto tono rispetto ad altre sue interpretazioni, causa anche se vogliamo, al poco spazio che il regista dedica a questo personaggio, mentre Cristoph Waltz rimane impareggiabile: praticamente sconosciuto in Italia, l'attore austriaco sfonda i confini italiani grazie alla sua interpretazione dell'ufficiale delle SS proprio in Bastardi senza gloria e torna alla grande con un altro ruoto totalmente contrapposto in Django: da padrone a mentore, da maestro ad amico e la cinicità del personaggio ben gli si adatta addosso rendendolo sublime accanto a un Jamie Foxx (Django, appunto) capace di svelare un personaggio in crescita per tutto il film, fino al gran finale col botto, che se non c'è un vero e proprio spargimento di sangue un po' splatter, ma molto pulp non è un film di Tarantino. Talmente pulp da essere quasi ridicolo con tutto quel sangue che schizza ovunque arrossando le pareti e per questo forse meno pesante e cruento di quel che si può pensare.
Dialoghi brillanti, come già detto, fotografia di ampio respiro come il classico western chiede e ama, un insieme che ti fa passare le quasi tre ore di film in un battito di ciglia, tra una risata e un'esultanza, scena dopo scena.
Insomma... un film da vedere, che piaccia o meno Tarantino!

Citazione
"Siegfrid scalò la montagna, perché era senza paura. Uccise il drago, perché era senza paura. E attraversò le fiamme dell'inferno perché la sua Broomhilda se lo meritava."


"Mi piace come muori..."



Voto: 4/5

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