OPINIONI: Anca io vogio fare il scritore...
Oggi voglio proporre all’attenzione dei nostri lettori un argomento un po’ ostico, specie se affrontato da chi, come noi, vuole diventare davvero uno scrittore.
Ma intanto guardiamo il video che ha ispirato questo articolo:
A parte l’ilarità che genera Balasso, specialmente per chi
come me è veneto e capisce meglio le inflessioni delle parole e i significati
nascosti degli accenti, questo video mi ha fatto pensare allo stato agonizzante
dell’attuale sistema editoriale italiano.
Ma mentre per quanto riguarda il ramo editoria vero e
proprio il discorso lo affronterò nel prossimo futuro, oggi voglio soffermarmi
sulla figura dello scrittore. Sì, quella persona che nell’immaginario
collettivo ha un qualcosa in più che lo fa sentire suo malgrado superiore,
quasi che venga posto su un piedistallo nel momento stesso in cui gli scappa
detto, magari anche con molta umiltà, “ho scritto un libro”.
Gli italiani sono un popolo bislacco, fatto più da scrittori
che da lettori e quelli che non scrivono guardano agli scrittori con occhi
scintillanti di emozioni represse, non ultima una punta di invidia, pensando
forse che la normalissima persona che si trovano davanti sia “arrivato”. Nulla
di più sbagliato, ma la cosa peggiora quando invece è lo scrittore stesso che
lo pensa. E, fidatevi, sono in molti a farlo anche se poi, per ovvie ragioni di
ipocrisia commerciale, non lo ammetteranno mai, sbandierando a gran voce la
loro umiltà e attaccando con ferocia chi osa dire qualcosa, qualsiasi cosa, sul
loro libro che a loro non piaccia.
Sarà per il tam-tam mediatico che alcune grandi case
editrici fanno dei propri pupilli, sarà per l’effetto di ricordarsi un nome
famoso che non sia di un calciatore o una velina visto nella vetrina della libreria
al centro commerciale, fatto sta che la prima cosa che si chiede è il genere in
cui si è scritto e se malauguratamente si risponde “fantasy” scatta automatico
il paragone con la Troisi o con Paolini. Povera Italia, poveri noi.
La cosa poi scade nel triste e ridicolo circolo vizioso dei
social network di vario genere, da facebook ad anobii, a goodreads a twitter a
chissà quali altri. Perché il scritore non contento del piccolo club di amici deliranti comincia il circolo vizioso delle recensioni e, fateci caso, mai una che dica
chiaramente se l’opera vale davvero la pena di essere letta o se è una
schifezza di dimensioni bibliche. Perché? Perché l’italian style è corrotto fin
nel più piccolo di noi e si pensa (ahimè a ragione) che visto che io sono uno
scrittore e faccio una recensione a un amico scrittore (amico di FB, mai visto
o conosciuto prima) positiva quello poi farà lo stesso con me. Ovviamente, chi
mi legge e scrive che sono il novello Tolkien del panorama fantastico nostrano
soffia sulla fiamma della nostra vanità e ci spinge a fare altrettanto perché,
sai, è stato così carino…
Per non parlare poi del proliferare di account fake sui
social network letterari dove gli autori stessi si decantano e, talvolta,
sparano a zero sui loro diretti concorrenti.
La rete, che dovrebbe essere il nostro massimo terreno di
diffusione e di confronto diventa un far west di commenti clientelari e fake.
Diventa difficile quindi valutare uno scritto e se vale
davvero la pena comprarlo, ma non demordete. Un modo sicuro per vedere se un
account è fake (e quindi decurtare notevolmente il numero di stelline e di
punteggi del libro e del commento) è vedere quanti libri ha e quali ha
recensito/valutato e scoprirete librerie desolatamente vuote (sotto i
venti/trenta libri) e tendenzialmente solo quello di interesse valutato a pieni
voti mentre gli altri mancano sia di recensioni che di punteggi. Fate vobis.
Insomma, in un paese dove sono più le persone che scrivono
che quelle che leggono, in un paese dove si cavalca l’onda della fama altrui
per farsene un pochina di propria, tutti vogliono fare “il scritore” ma pochi si impegnano per diventare davvero “lo scrittore”.
Scusate quindi, se vi millantiamo da tempo pezzi e brani di
un’antologia in divenire (che speriamo piacciano) senza ancora mai farvi vedere
un prodotto finito. Ma noi, semplicemente, vogliamo fare gli scrittori.
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