STORIA - I romani e l'arte: la musica
Rimane ben poco della musica dei romani dopo il passaggio
devastante dei primi padri della Chiesa che, come scritto nel precedente
articolo, tentarono la totale cancellazione di tutto ciò che era legato al mito
pagano e agli usi teatrali.
La cosa certa è che la musica rivestì per i romani un ruolo
molto importante nella vita culturale e sociale, veniva usata durante i
banchetti, i funerali, le feste private, gli spettacoli e le cerimonie
religiose. I concorsi musicali erano piuttosto comuni e ad uno di questi prese
parte anche l’imperatore Nerone, che si spinse fino in Grecia per partecipare
alla competizione.

Dai Greci i Romani ripresero alcuni strumenti musicali con
medesime funzioni, ma nomi diversi e, in generale, gli schemi, la grammatica e
tutto il sistema teorico che si è tramandato anche per tutto il medioevo.
Inizialmente la musica romana non era particolarmente
creativa e originale come invece lo fu quella greca delle origini,
tendenzialmente trattava delle melodie monofoniche che seguivano l’andamento
metrico dei testi in special modo per la musica vocale, l’influenza del mondo
ellenico e via via che l’espansione imperiale inglobava nuove culture anche di
quello nordico, africano e mediorientale che portarono nuovi modi di far musica
distanziando enormemente quest’arte rispetto alle delicate e originali metriche
greche.
Alcuni elementi della musica dell’antica Roma erano quindi extraeuropei e rispetto alla
semplice raffinatezza della musica greca – che usava preferibilmente lire e
strumenti a corde delicati nell’accompagnamento del canto e delle scene
teatrali – la musica romana fu certamente più vivace ed eseguita con strumenti
più grandi che fornivano un suono più forte, prediligendo quelli a percussione
e a fiato, e soprattutto questi ultimi organizzati in orchestra perché avevano
armonie unisone e così facendo sottolineavano la specificità del loro utilizzo
nelle varie occasioni.
La musica ebbe quindi un carattere popolare pur
distinguendola, un po’ come facciamo oggi con la musica commerciale e quella
più aulica, tra musica di consumo per il popolino e una più colta considerata
come un distintivo sociale per le classi nobiliari. Non ebbe mai come in Grecia
quel ruolo fondamentale nell’istruzione del cittadino (in Grecia si pensava che
potesse influire sul comportamento e sulla moralità degli uomini), ma dopo la
conquista dell’Ellade la musica occupò un posto di sempre maggior rilievo nella
vita dei romani, in quella pubblica come in quella privata, nei giochi, nelle
rappresentazioni teatrali e non ultimo in campo bellico.
Difatti, strettamente interconnessa alla danza, la musica
ebbe per i romani un forte significato simbolico legata alla guerra, non a caso
la passione che i romani dimostrarono per i fiati, che con i loro suoni
possenti e intimidatori erano prediletti durante le campagne militari anche per
segnalare alle truppe legionarie i movimenti e le manovre belliche da eseguire,
si dipana con una serie incredibile di tibie,
le trombe dell’epoca, dalle più svariate forme e sonorità derivanti dalle
influenze di tutte le regioni dell’impero.
Con la musica e con la conquista della Grecia e dell’oriente,
si insediarono nella cultura romana un gran numero di cantanti, strumentisti e
danzatori provenienti da Siria ed Egitto oltre che Grecia, patria anche dei
concorsi musicali che, come già scritto, videro lo stesso Nerone tra i
partecipanti in più di un’occasione. L’attività musicale quindi fu molto
intensa specialmente nell’ultimo periodo repubblicano e nei primi secoli della
Roma Imperiale e non a caso anche i colossal hollywoodiani mostrano molte scene
in cui durante le feste nelle lussuose domus romane musici e danzatori
allietano la serata. In questo periodo, difatti, i nobili patrizi sono come
anfitrioni e ospitano presso le loro residenze musicisti famosi provenienti da
ogni angolo dell’impero, fino a che gli stessi romani iniziarono a cimentarsi
assiduamente in quest’arte.
Come detto Nerone fu un grande appassionato di musica, ma
prima di lui vi fu Caligola e dopo Adriano, Commodo, Eliogabalo e Alessandro
Severo, segno questo che anche la corte imperiale si interessò allo studio di
questa forma d’arte.
Come nell’Europa del ‘700, nella Roma Imperiale i musicisti
vivevano principalmente di esibizioni e, soprattutto, di lezioni private, cosa
per cui si facevano pagare profumatamente. Le esibizioni più ricercate erano
quelle nelle feste private nelle domus patrizie, ma la musica conquistò nel
corso dei secoli sempre più spazio facendo da sottofondo a quasi tutti gli
aspetti della vita quotidiana. C’era musica nelle cerimonie religiose, nei
trionfi, negli spettacoli come la pantomima e i ludi gladiatori, nei cortei che
precedevano questi ultimi e i giochi circensi ma anche nelle varie
rappresentazioni teatrali, nella danza, nella poesia, nelle feste private, nei
banchetti, nella caccia, nei funerali e nelle battaglie.
Pur essendone testimoniata la presenza in tantissimi reperti
storici e letterari pervenuteci grazie ai copisti di tutti i tempi, nessun
documento è rimasto abbastanza completo per essere utile a ricostruire i brani
più noti e cantati all’epoca. Per quanto riguarda gli strumenti musicali, oltre
a rari reperti archeologici, siamo più fortunati per via delle innumerevoli
raffigurazioni di strumenti musicali su sarcofagi, medaglie, mosaici e bassorilievi.
Come detto nell’articolo della danza, questa era
principalmente pantomimica e teatrale e l’introduzione della musica come
elemento integrante dello spettacolo fu una delle novità più rilevanti del
teatro romano. Lo strumento prediletto era la tibia, uno strumento a fiato
simile al flauto (un tubo forato in canna, legno o avorio, ad ancia semplice o
doppia) che veniva utilizzato per accompagnare le parti cantate che, a
differenza del teatro greco, si alternavano alla parte recitata. La lunghezza e
la modalità di esecuzione producevano un suono più grave o più acuto, adatto
alle parti rispettivamente più serie o più allegre della rappresentazione. La musica
nel teatro produsse la convenzione per la quale il pubblico, prima ancora dell’entrata
in scena del personaggio, poteva già intuire lo svolgersi degli avvenimenti e
spesso il musico restava in scena per tutto il tempo della rappresentazione
muovendosi insieme ai personaggi.
Le melodie furono ovviamente d’accompagnamento anche alla
danza, sebbene si preferissero altri strumenti. Per scandirne il ritmo si
usavano soprattutto quelli a percussione come i crotalia, realizzati
in argilla, legno o avorio (in pratica sono le moderne nacchere) e il cymbalum,
formato da due dischi di bronzo legati e battuti l’uno contro
l’altro, di provenienza orientale e simile ai nostri piatti. C’erano inoltre il
sistrum,
formato da lamine metalliche che se agitate tintinnavano, utilizzato
inizialmente dai sacerdoti appartenenti al culto di Iside che si diffuse a Roma
soprattutto dopo la conquista dell’Egitto (31 a.C.); il tympanum formato da
un cerchio di legno o di bronzo sul quale veniva tesa una pelle di bue o di
asino battuta ritmicamente con le mani e lo scabellum, composto da due tavolette di legno sovrapposte e legate sotto al piede
destro che racchiudevano all’interno una castagnetta che produceva il suono
quando veniva battuta, era usato in genere per dare il tempo ai
danzatori e per annunciare la fine dello spettacolo. Spettacoli che, a
differenza delle feste private, erano generalmente disertati dalle donne.
Infatti, l’iconografia reportistica romana ci mostra in svariate occasioni
musiciste donne alle prese con arpe, pandura, lire, siringhe e cetre, strumenti
classici che indicavano una vita raffinata e colta, virtù queste proprie della
donna e specialmente delle nobili patrizie.
Oltre ai succitati strumenti e ai fiati come tibie, flauti,
il lituus e la buccina (per citarne alcuni), uno strumento molto diffuso tra i
romani fu l’organo, così come lo conosciamo noi.
Di derivazione nordica (la famosa cornamusa), venne poi
modificato in concezione con l’utilizzo di più canne dedicate e l’uso di
mantici che lo rendevano più leggero e facilmente trasportabile; l’aria era
spinta dai mantici e modulando su delle tavolette la si faceva uscire da una o
più canne. Il suo utilizzo fu notevole, ebbe un enorme successo sin dai primi
anni dell’età imperiale quando venne introdotto nella cultura musicale romana,
e soprattutto passò quasi unico tra gli strumenti antichi in retaggio ai
cristiani giungendo fino al medioevo e, quindi, fino all’epoca attuale.
Ovviamente, nel corso dei secoli sono stati elaborati nuovi sistemi e nuove
funzionalità rispetto allo strumento originale, ma il concetto di utilizzo e
funzionamento è lo stesso di allora.
Ebbe meno fortuna – adesso con l’uso di compressori si sta
riscoprendo il suo principio di funzionamento – l’organo idraulico, evoluzione
dell’organo classico con l’aggiunta di un sistema idraulico che rendeva
costante il flusso d’aria. L’invenzione di questo tipo di organo risale alla
metà del III sec. a.C. da parte di Ctesibio di Alessandria e sua moglie ne fu
una valente suonatrice, ottenendo anche il primato di essere la prima organista
della storia. Il suo principale utilizzo a Roma fu legato alle rappresentazioni
teatrali e ai ludi circensi appassionando, guarda caso, anche l’imperatore
Nerone.
![]() |
Buccina |
Da un popolo dedito alla guerra e alla conquista come i
Romani ci si aspetterebbe, soprattutto vista la severità e la disciplina dei
legionari, un’austerità tale da bandire la musica dal campo bellico, invece non
fu così. Un popolo guerriero come quello romano basò le manovre militari sulla
musica, usando strumenti a fiato potenti, quali la buccina e il lituus. Tanto
ne fu pervasa la vita militare dalla musica che alcuni modi di dire per definire
in che momento della battaglia ci si trovava si basa proprio sugli strumenti
utilizzati: “in medias tubas” per indicare che si era nel bel mezzo della
battaglia, “post lituos” per indicare la fine della battaglia.
Il lituus, di
origine etrusca, era costituito da un tubo bronzeo lungo e sottile, pressoché
cilindrico e terminante in una sorta di cono ripiegato all’indietro. La bucina è forse lo strumento di uso militare
più difficile da interpretare, definito ambiguamente dalle fonti letterarie e
spesso confuso con il corno. Secondo studi recenti avrebbe una forma pressoché
semicircolare e sarebbe distinto dal corno, oltre che per la mancanza della
traversa, per il fatto di essere realizzato in corno bovino e non in bronzo.
Altro strumento a fiato utilizzato in ambito militare era la tuba, una tromba
dritta conica generalmente realizzata in bronzo, con bocchino separabile in
corno, che emetteva un suono aspro e tremendo.
![]() |
Tubas |
Nell’ambito della guerra venivano usati per dare i segnali
di attacco, di incoraggiamento durante la battaglia e di ritirata, nonché per
dare l’ordine di accamparsi; le tubae
in particolare erano al centro della cerimonia religiosa del Tubilustrium
con la quale si inaugurava la stagione dedicata alle campagne militari
attraverso una purificazione delle trombe sacre, che si svolgeva due volte
l’anno, a marzo e a maggio.
Questi strumenti erano fondamentali anche in altre occasioni
non legate alla sfera militare: durante i trionfi e le cerimonie religiose, per
esempio, e rivestivano un ruolo importante nell’ambito dei ludi gladiatori, nei
quali sanciva l’inizio del combattimento cruento. Rappresentazioni musive di
giochi fanno supporre che più musicisti associati in un’orchestra dovessero
suonare in alcuni momenti ben precisi anche durante il combattimento.
La musica trovò posto anche nei giochi circensi e olimpici,
nelle gare il rullo di tamburi e di strumenti a percussione scandiva
distintamente il ritmo nei momenti clou delle gare. Prima delle corse o nell’intervallo
tra una gara e l’altra, o tra un gioco venatorio e uno gladiatorio, il cornu
(il corno, appunto, inizialmente ricavato da un corno animale, in seguito fatto
in bronzo) suonava un intrattenimento per gli spettatori, solitamente insieme
all’organo. Oltre che nei ludi e nelle gare ginniche venne impiegato molto
anche durante le feste dedicate a Bacco e nei funerali.
La stretta connessione della musica alla religiosità di
tutti i tempi e di tutti i pantheon, portò i primi padri della chiesa ad
associarla a riti pagani blasfemi e sconvenienti nonché a spettacoli di sangue,
al punto da perpetrare una sistematica distruzione della cultura musicale
romana, senza rendersi conto che, pur proibendo ai cristiani la frequentazione
di teatri e ludi gladiatori, non era possibile fermare l’arte. Sicché dopo la
proclamazione del cristianesimo come religione ufficiale da parte di Teodosio
nel 391 la musica religiosa si diffuse presso i fedeli cristiani che così,
trasformandosi da quella romana e greca da cui proveniva, riuscì a sopravvivere
fin dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente nel 476.
Ma, nonostante tutto, la musica romana è arrivata fino a
noi, sfatando il mito che i romani fossero un popolo poco interessato alle arti
in genere e alla musica in particolare. Anzi, la musica era onnipresente nella
Roma Imperiale e tardo Imperiale e sottolineava come abbiamo visto ogni
attività.
È arrivata fino a noi, dicevo, perché pur iniziando da culture
italiche ed etrusche molto più antiche, arriva ai giorni nostri sotto forma di
quella tanto decantata musica celtica utilizzata in film e nelle rievocazioni
storiche di carattere celtico o medievale perché questa altro non è che il
frutto della cultura multietnica romana che prese il meglio da ogni parte dell’Impero
facendolo proprio e affinandolo e perfezionandolo per tramandarlo, intatto o
quasi, ai posteri.
Post a Comment