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Celeste e il Generale filosofo- Capitolo VII


Ubi leonis pellis deficit,
vulpina induenda est. 
                                                                                                        (Fedro)
Dettaglio Colonna Troiana: i Roxolani



VII capitolo



Caius, in sella al suo sauro nero, discuteva piuttosto animatamente con il re dei Roxolani*. Celeste osservava nascosta dietro un albero i suoi occhi verdi posarsi duri sul suo interlocutore.

I Roxolani, una popolazione che abitava da secoli in quelle terre, erano accorsi numerosi con l’ intenzione di aiutare Roma,  ma perseguendo in realtà i propri egoistici interessi sul territorio. I Romani, d’altro canto, non facevano molto affidamento su di loro, in quanto la loro forza e abilità militare era ostacolata dalle pesanti armi che si ostinavano ad usare.
Il loro capo e re si chiamava Susago ed era un misogino convinto. Odiava le donne tanto quanto amava i propri cavalli, e il motivo di tanto astio era da ricercarsi nei numerosi rifiuti che aveva da sempre ricevuto. Susago era infatti terribilmente brutto, così tanto che la sua ricchezza e la sua posizione sociale non erano sufficienti ad indurre una qualsiasi donna a prenderlo per marito.
Non aveva quindi tollerato la vista di Celeste, così vicina al seguito dell’Imperatore, e stava protestando arrabbiato con Caius, Traiano ed Adriano.
“Inammissibile!Intollerabile” esclamò il re Susago fuori di sé.
“Cosa, amico mio?” domandò Traiano stupito.
“Donna! Donna su campo di battaglia! Mai! Mai visto io tanta insolenza! Le donne portano sfortuna sempre!” continuò ad urlare, rosso in viso dall’ira.

L’imperatore volse lo sguardo prima sulla ragazza incriminata, e poi sul Generale Caius Victor.
“Sacrifigio! Sacrifigio bisogna!” impose Susago, tenendo bene le redini del suo bizzoso castrone marrone.
“Roma non tollera i sacrifici umani, Susago!” esclamò indignato il principe Adriano.
“Non umano! Un sacrifigio di animali per attirarci la benevolenza del Dio di Guerra!” disse ancora il re dei Roxolani.
Traiano e Adriano si guardarono per un breve istante, irridendo il prezioso alleato per il suo essere troppo superstizioso.
“Amico mio, che animali dovremmo sacrificarci per propiziarci gli Dei?” domandò Traiano, spazientito, mentre Adriano tratteneva a stento le risa.
“Tori. Dieci giovani bei tori neri!” disse gettando gli astanti nello stupore generale.
Traiano, che dentro sé già rifletteva su come far somigliare delle semplici mucche dei tori novelli, non batté ciglio e ordinò al suo segretario di far venire da Roma i dieci migliori tori destinati ai giochi del Colosseo.
Poi, raggiunse rapidamente Caius Naevius Victor, e gli ordinò di tenere Celeste il più lontano possibile dagli occhi del re Roxolano.
“E’ un vero peccato privarci di tanta bellezza! Celeste è una gioia degli occhi in questa terra barbara e volgare!” esclamò Adriano non celando il suo evidente disappunto.


Una volta dentro la sua tenda, Caius Victor sorprese un giovane legionario dalla pelle molto scura seduto a giocare ai dadi con Celeste.
“E’ lui il liberto di cui mi hai parlato?” chiese rivolgendosi alla ragazza. Il giovane si alzò e con la sua media statura quasi scomparve di fronte al Generale, che era molto alto per essere un Romano.
“Sì, è lui. È mio amico!” rispose la ragazza presentandoglielo.
“Un amico”.  Ripetè il generale filosofo meditando ad alta voce , soppesando bene il significato del termine e guardando Celeste e il legionario. “Penso di riuscire a tollerare un’amicizia maschile sincera in pochi ed esclusivi casi. O almeno suppongo sia possibile.” Disse più a sé stesso che ai due. “Sei omosessuale per caso, amico della mia Celeste?” domandò a uno stupito Publio Emilio.
 “Come signore?” domandò il ragazzo sobbalzando.
“Ti ho fatto una semplice e ben precisa domanda, ragazzo. Pretendo una risposta altrettanto sincera e secca!” Sbuffò spazientito il Generale.
“Sì, signore, ho sentito. Ma non so cosa rispondere. Non sono omosessuale. Ma se basta a tranquillizzarti negherò e risponderò come invece vorresti sentirti dire”. Ironizzò come sempre il liberto.
Caius Neavius Victor che non rideva quasi mai, piegò le labbra in un sorriso divertito che bastò al ragazzo come approvazione a frequentare ancora la giovane patrizia.

Elia Domizia Paolina era una donna semplice, nonostante fosse stata cresciuta dall’Imperatore dell’Impero Romano, e fosse l’unica sorella del suo più probabile successore.
Le avevano fatto sposare un uomo buono da cui aveva avuto una bambina che aveva chiamato Giulia. Ma la felicità del suo matrimonio era minata dagli attriti che stavano iniziando a correre tra suo marito Serviano, e suo fratello minore, Adriano. Il giorno della partenza dell’esercito romano Serviano si era rifiutato di andare a porgergli i suoi saluti e la sua assenza era aleggiata come un affronto personale nonostante gli auguri che la sorella gli aveva portato anche da parte sua.
Giulia vedeva poco suo padre: troppo preso dai inutili e dispendiosi tentativi per scalare il potere e poco interessato ad una figlia femmina che non l’avrebbe potuto aiutare nell’immediato.
Serviano, inoltre, vedeva in Plotina, la moglie dell’Imperatore, una seria minaccia ai suoi piani: favoriva Adriano platealmente e non faceva niente per nasconderlo.
Ma forse Matidia, la giovane moglie di Adriano poteva venirgli in aiuto. Era infatti venuto a conoscenza che il cognato preferiva un uomo a lei, ed era pronto a tutto pur di portarla dalla sua parte!

Il Generale se ne stava seduto immerso nella lettura dei suoi amati rotoli di papiro sulla filosofia greca già da molto ormai. In realtà il tempo che aveva trascorso dedicandosi alla sua passione era irrisorio rispetto al solito, un’ora appena, ma Celeste che sbuffava e si lamentava in continuazione su quanto si stesse annoiando gli impediva di concentrarsi a pieno.
“Cosa c’è?” domandò, posando i preziosi volumi.
“Niente. Assolutamente niente. Contare le mosche che volano nella tua tenda mi esalta molto”. Rispose Celeste sarcastica.
Il Generale si alzò quindi dal tavolino e la raggiunse sorprendendola mentre se ne stava mollemente distesa su un fianco, dandogli le spalle.
“Meriti proprio una punizione per la tua insolenza” le disse e , girandola, iniziò a farle il solletico.
Caius si ritrovò su di lei, a guardarla negli occhi su cui erano comparse delle lacrime per le troppe risate. Era così vicina, con il respiro accelerato, e i capelli corti, liberi dal velo. Posò le sue labbra su quelle di lei, delicato e attento ad ogni sua reazione, come se quello fosse il loro primo bacio.
Gli occhi di Celeste, sgranati dallo stupore, fissarono quelli verdi e dolci dell’uomo che la sovrastava.
Il Generale le prese il viso fra le mani e le diede un lungo ed intenso bacio: “Domani in battaglia porterò questo ricordo con me” le disse “E me lo terrò stretto come un amuleto prezioso”.
La ragazza gli sorrise e lo abbracciò forte, spaventata per la battaglia dell’indomani, terrorizzata all’idea di perderlo.
“Baciami ancora allora, ti prego!”
I barbari daci e la Guerra sembravano così distanti in quel momento.

Traiano non avrebbe dormito quella notte. Adriano l’avrebbe passata in dolce compagnia di un aitante legionario. Giulia avrebbe pianto per tutta la notte, svegliando sua madre e disturbando suo padre.
Decebalo, i capelli rossicci e lunghi mossi dal vento, avrebbe mosso una preghiera al dio Zalmoxis* perché l’erba verde della sua terra l’indomani venisse ricoperta dal sangue delle legioni romane.












Note:
Roxolani*:
 Esperti più in razzie che in campo aperto, portano aste più lunghe del consueto ed indossano
corazze formate da piastre di corna raschiate e levigate, adattate come piume sulle loro vesti di lino. I loro cavalli vengono spesso castrati, al fine di evitare che s’imbizzarriscano, eccitandosi nel vedere le femmine,o nelle imboscate, divenuti focosi,non tradiscano i loro cavalieri con frequenti nitriti. Montano questi cavalli veloci e obbedienti, cavalcano per spazi immensi quando inseguono i nemici o se sono in fuga; a volte ne portano con sé un altro o anche due,affinché con il cambio le forze degli animali si riprendano grazie all’alternanza del riposo.
(Ammiano Marcellino, Storie, XVII 12.2-3.)
  Zalomoxis*:
Zalmoxis (greco: Ζάλμοξις, anche conosciuto come Salmoxis, Σάλμοξις, Zamolxis, Ζάμοξλις, o Samolxis Σάμοξλις) è una figura semi-mitica di riformatore sociale e religioso, considerato l'unico vero Dio dei Daci (conosciuti anche tra i greci come Geti). Secondo Erodoto[1], i Geti, che credevano nell'immortalità dell'anima, consideravano semplicemente la morte come un viaggio per ricongiungersi a Zalmoxis, nella coscienza di acquisire l'immortalità.
 1- Il linguaggio del re Susago è reso sgrammaticato perchè ho ipotizzato non conoscesse bene il Latino.

Quando manca la pelle del leone,
bisogna indossare quella della volpe.
(Fedro)

6 commenti:

  1. Molto bello, sempre più interessante!

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  2. Berenike inserisce nelle sue storie così leggere dettagli storici con l'abilità dei grandi scrittori senza farli pesare troppo donando alla trama un intreccio che invece di dipanarsi si infittisce, colorato da dettagli reali che raramente vengono presi in considerazione.
    Questo il mio spassionato pensiero quando ho letto per la prima volta la storia di Celeste, anche se ora la sta modificando in corsa e il risultato è assai migliore! ;)

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  3. Berenike inserisce nelle sue storie così leggere dettagli storici con l'abilità dei grandi scrittori senza farli pesare troppo donando alla trama un intreccio che invece di dipanarsi si infittisce, colorato da dettagli reali che raramente vengono presi in considerazione.
    Questo il mio spassionato pensiero quando ho letto per la prima volta la storia di Celeste, anche se ora la sta modificando in corsa e il risultato è assai migliore! ;)

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  4. Grazie Azia *_* Grazie Leonardo ;)
    in realtà non sto riuscendo nel mio intento: quando riuscirò a far provare al lettore la mia stessa voglia di vivere nell'Antica Roma, significherà che sono brava. Mi esercito per quel giorno...nel prossimo capitolo c'è la prima battaglia :)

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  5. La storia è interessante, anche se credo che ulteriori dettagli e descrizioni più particolareggiate possano fare la differenza. In effetti lo vedo come un ottima base su cui lavorare ancora.
    Il linguaggio semplice e scorrevole aiuta a calarsi meglio nella storia e questo è sicuramente un bene. Nel complesso mi piace molto il lavoro che stai facendo.
    Unico appunto: L'imperatore dell'impero romano non se pò legge... :) penso che basterebbe l'imperatore romano.

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    1. Flogoriano grazie della tua attenzione, a che noialtri siamo convinti che la storia di Berenike ha grandissime potenzialità.
      Mi ero ripromessa di risponderti prima, purtroppo il tempo è tiranno e le cose da fare moltissime, grazie al cielo abbiamo dei collaboratori meravigliosi!! E spero vivamente che tu continui a seguirci, magari questo sprona Berenike a scrivere anche qualcos'altro!! Vedo sul suo forum tante codine interessanti....
      Comunque grazie della tua attenzione e spero di rileggerti presto in queste lande!

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