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Rin e il lupo

Questo post è un assaggio di una delle tante storie che solcano le onde impossibili della nostra fantasia. Lasciamo per un po' i nostri amati personaggi delle coorti VI e XXI e seguiamo l'onda di nuovi sviluppi. Questa coorte non è da mission:impossible come le nostre due amate, ma più da indagine e copertura.
Ciò non toglie che anche queste coorti, ancora senza nome, nascondano segreti difficili da svelare... e da digerire.

Rin e il lupo


L'uomo si svegliò all'improvviso, nella notte, senza un reale motivo. Semplicemente, steso bocconi sul letto con un braccio penzoloni quasi a sfiorare il pavimento, aprì gli occhi con la sensazione piacevole di pelo morbido sotto le dita che, mosse, accarezzarono solo l'aria e quella meno piacevole che qualcosa non andasse per il verso giusto. Cosa, però, non sapeva dirlo.
Muovendosi cauto ispezionò la stanza immersa nella luce grigiastra che annunciava l'alba in arrivo. Non c'era nulla. Si alzò cauto e guardò fuori dalla finestra, lasciata aperta per far entrare la lieve brezza notturna a dar sollievo dall'opprimente cappa di afa estiva: un'ora, forse una e mezza e poi sarebbe sorto il sole. Con un sospiro sbirciò dall'altro lato del letto, temendo e immaginando ciò che avrebbe visto. E, infatti, contro ogni più rosea previsione potesse passargli per la testa, il giaciglio che Anat testardamente continuava a farsi a terra era vuoto.
"Dannata donna." Borbottò irritato.
Ne avevano discusso giusto il giorno prima, anche con toni piuttosto accesi nella sua lingua madre, mettendosi così al riparo da eventuali ascoltatori inopportuni. E, nonostante quella discussione, lei era sparita di nuovo. "Dannata testarda." Ripetè ancora più irritato.
La lieve brezza che entrava dalla finestra aperta gli asciugò il sudore sulla fronte e lo risvegliò da quegli amari ricordi, facendogli rimpiangere la mancata compagnia del suo lupo in quelle notti. Certe volte era davvero preferibile alla compagnia degli uomini. E di certe donne testarde che nascondono la loro bellezza dietro la maschera delle guerriere cacciatrici di donne, aggiunse mentalmente, andando a versarsi una coppa di acqua fresca.
Rinvigorito dall'acqua fresca e ormai ben sveglio, tornò a letto e vi si sedette comodo appoggiandosi alla testiera, incrociando le braccia sul petto e disponendosi all'attesa con gli occhi di onice brucianti d'ira fissati alla porta. Non doveva mancare molto al rientro di quella scriteriata. Questa volta lo avrebbe sentito, quella stupida: non poteva rischiare l'osso del collo, tantomeno quello degli altri e - pggio - di mandare a monte l'intera missione solo per andare a caccia di qualche gonnella, per quanto intrigante, affascinante e attraente potesse essere quella di Niobe. Sorrise amaro nel constatare come la figlia divorziata del loro ospite stesse al momento flirtando apertamente con entrambi. Troietta, pensò, ricordando come se la fosse trovata nuda nel letto un paio di giorni prima, mentre i suoi genitori si erano dileguati: uno con la scusa di dover seguire degli affari urgenti, l'altra per accompagnare sua 'moglie' a fare spese al mercato.
Di nuovo, la sensazione che qualcosa non andasse per il verso giusto lo colse: Anat tardava a rientrare. Troppo. Un lievissimo rumore, che chiunque altro avrebbe tralasciato coome il normale fruscio delle coperte, attrasse la sua attenzione abituata a vagliare qualsiasi cosa. Si concentrò sui rumori, escludendo il cinguettare degli uccelli all'esterno, le ruote dei carri che sferragliavano sul selciato della strada diretti ai mercati prima del divieto di circolazione. Quel grattare a terra, sotto al letto, gli mozzò il respiro in gola. Possibile...? No, escluso. Era all'interno di una domus. Eppure, così concentrato, le braccia conserte e gli occhi chiusi, lieve il respiro affannato gli giunse chiaro all'orecchio, intervallato dal biascicare tipico di una lingua che passava a leccarsi i baffi. A conferma dei suoi sospetti - impossibili! - un leggero tichettio come di unghie sul pavimento mosaicato andò a sommarsi agli altri due. Si irrigidì, dandosi dello stupido, ricordando la sensazione di pelo caldo e morbido sulla mano. Si stese bocconi e sporgendo la testa all'ingiù sollevò la cortina di coperte per controllare sotto al letto.
Due occhi dorati, leggermente obliqui lo fissarono ridenti dal buio, incastonati nell'ombra del muso di lupo appena accennata dalla fioca luce che, entrando dalla finestra, illuminava incerta la stanza.
"Tu!" Esclamò stupito. "Come accidenti sei entrato?"
Per tutta risposta il lupo si mise a scodinzolare, pur rimanendo nell'ombra scura, ansimando più forte ora che era stato scoperto.
"Esci di lì! Immediatamente!!"
Strisciando, l'animale obbedì stranamente docile. Di solito non accettava ordini, ma solo inviti e lui questo lo apprezzava. Di solito, appunto. La sua ira, fomentata dall'assenza prolungata di Anat, dalla sua gelosia che non voleva ammettere di provare e pungolata dall'ennesimo problema che si assommava con la presenza imprevedibile della bestia, fu palese all'animale che se ne uscì da sotto il letto con le orecchie basse, uno sguardo colpevole e dispiaciuto e la coda bassa tra le zampe.
"Ci mancavi solo tu! E quella stupida è sparita!! Cosa aspetta a rientare?" Sconfitto, l'uomo buttò le gambe giù dal letto e puntellò i gomiti sulle ginocchia, abbattuto e irato. Possibile che tutto potesse precipitare in un soffio? Cos'altro doveva succedergli in quella missione? Maledetta quella volta che aveva dato manforte all'idea strampalata di Petronilla.
Il lupo uggiolò piano, osando avvicinarsi a lui, annusandolo cauto per poi porre il muso sulla sua gamba a guardarlo dal basso con occhi sinceri, pozze dorate di comprensione e preoccupazione. Rin sorrise, sentendo l'ira scemare e lo gratificò di una bella, lunga e dolce carezza sul pelo folto, finendo per grattarlo dietro le orecchie quando lui stesso si sentì più tranquillo. Stava già studiando delle giustificazioni plausibili, dopotutto li avevano sentiti gridare il giorno prima, forse un litigio poteva essere una buona scusa. Certo, poi avrebbe dovuto, all'apparenza, picchiare Anat per il suo comportamento se aveva ben capito la gerarchia e lo stile di vita delle coppie nella sua terra. Non era scesa in dettaglio, su quello, ma se lo sarebbe fatto dire.
Il lupo si godette apertamente e senza falsità le sue coccole, sembrando diventare a sua volta più sereno nel percepire una rinnovata sicurezza e tranquillità nell'uomo. Rin sorrise e baciò la testa pelosa. "Non so perchè, ma la tua presenza mi aiuta sempre. Ho fatto proprio bene a salvarti quella volta."
Il lupo scodinzolò felice, strusciando il muso contro il suo petto, in cerca chiaramente di altri baci, strappandogli una risata e un altro bacio affettuoso, ricavando una leccata sulla guancia, verso l'orecchio.
All'improvviso, dopo un ansito spezzato, l'animale si staccò alle sue carezze cominciò a fare la spola un paio di volte dal letto alla porta, per poi sedersi silenzioso davanti a essa e guardando con speranza l'uomo.
Voleva uscire.
"E' fuori discussione."
Il lupo uggiolò spostando il muso da lui alla porta. Alle volte Rin aveva l'impressione che capisse tutto quello che diceva.
"Non se ne parla! Se vuoi uscire, lo fai da dove sei entrato."
Il lupo guaì forte.
"Zitto! Sai cosa ti faranno se ti scoprono qui dentro?"
Il lupo abbaiò, agitato; Rin scattò alla porta, ma invece di aprirla serrò le fauci della bestia. L'aveva visto all'attacco e sapeva quanto potesse essere feroce, eppure lui non ne aveva paura, mai aveva nemmeno ringhiato verso di lui. A parte quella prima volta quando lo aveva trovato imprigionato in una trappola che gli aveva spezzato la zampa anteriore esponendo l'osso.
Divincolandosi, l'animale cominciò a girare come fosse in gabbia e, per certi versi, era davvero così. Agitato, cercò di saltare fuori dalla finestrella che si rivelò essere troppo in alto e troppo stretta per farlo passare. Il chiarore aumentava man mano che si avvicinava il momento del sorgere del sole e, di pari passo, aumentava anche l'agitazione della bestia. Rin non riusciva a spiegarselo. Sconsolato il sapiente lo vide cadere malamente a teerra dopo l'ennesimo tentativo e, visto il trambusto che stava provocando, placcò l'animale costringendolo a terra e sussurrandogli dolci parole di rimprovero e di ammonimento, con tono consolatorio nell'intento di calmarlo. Se continuava a fare tutta quella confusione di certo avrebbe allertato i servi che ormai erano già al lavoro per predisporre tutto l'occorrente al risveglio del dominus e della sua familia, nonchè degli ospiti riveriti. Cioè loro. Lui e Anat. Che non era ancora tornata e l'alba era giunta.
L'animale sembrò calmarsi, anche se Rin ebbe l'impressione che fosse più che altro rassegnato. Lo sguardo del lupo senza veli e sincero, da adorante divenne addolorato e, uggiolando piano l'animale si mosse con forza liberandosi di lui e andando sul giaciglio di Anat. Dopo aver girato su sè stesso un paio di volte, come facevano sempre lupi e cani, si accucciò guardando con estrema tristezza la finestra, quasi fosse un condannato a morte.
Impietosito, Rin andò a sedersi sul letto dalla parte del giaciglio di Anat e si sporse a carezzarlo, consolandolo: "Ehi, cucciolotto... dai non fare così, ti farò uscire di qui, devi solo darmi il tempo di pensare a qualcosa."
L'animale guaì come se una lama lo stesse trafiggendo e Rin non capiva cosa potesse avere.
"Cosa c'è? Perchè fai così?" Gli chiese con voce morbida e una vena di preoccupazione, dimentico di Anat, perso in quegli occhi dorati e la mano affondata nel pelo folto della schiena.
Un raggio di sole penetrò dalla finestra e Rin rimase affascinato dal gioco di chiaroscuri che stava creando sulla bestia. Gli sorrise amorevole e continuò ad accarezzarlo, chiedendosi cosa non tornasse, cosa rattristasse al quel modo quegli occhioni grandi e dorati che, colpiti dalla luce sembravano essere diventati neri come la notte.
Poi capì, ma faticò a realizzare davvero cosa stesse succedendo sotto i suoi occhi. Il pelo che stava accarezzando stava accorciandosi a vista d'occhio e il lupo si stese, raggomitolandosi quasi, per coprirsi il muso con le zampe dopo un ultimo forte guaito di dolore.
"Ehi... dai..." Rin si zittì, gli occhi spalancati dallo stupore fissi sul corpo del lupo che, lentamente ma inesorabilmente, stava mutando forma diventando sempre più grande. Man mano che il pelo si accorciava sotto la sua mano le zampe posteriori si allungarono diventando un paio di gambe forti e spettacolari, la coda scomparve risucchiata nella curva di natiche sode e tonde, la schiena si inarcò rivelando sotto ai suoi polpastrelli le nocche create dalle vertebre. Lo sguardo l'abbracciò tutta, vedendo le orecchie accorciarsi e scendere, diventando scuree e tonde, il muso allungato nascosto sotto alle zampine era ora un volto nascosto nella piega del gomito di un braccio tornito e muscoloso tanto quanto la spalla su cui i capelli ricrebbero lunghi e folti e scompigliati, capelli neri e ricci, ingovernabili, scuri come la pelle d'ebano che - realizzò in quel momento togliendo di scatto di la mano - stava ancora toccando.
Il movimento fece scattare in lui una reazione prevedibile di panico: mai aveva visto nulla del genere, mai aveva pensato che potessero esistere davvero bestie la cui vita era solitamente relegata nei bestiari mitologici che aveva studiato al Magisterium. Preda del panico scattò indietro, arrancando sul letto in cerca di un'arna, una qualsiasi, tentoni riuscì a raggiungere il lato dove stava di solito, gemendo di puro terrore, trovando infine il suo pugnale, cercando con mani tremanti di toglierlo dal fodero mentre lo sguardo terrorizzato rimaneva puntato su quella donna nuda, raggomitolata a terra. Se fosse stato lucido l'avrebbe riconosciuta. Se fosse stato lucido non avrebbe avuto l'impressione che il cuore volesse scoppiargli in petto. Se fosse stato lucido sarebbe svenuto e basta, cedendo al mancamento che l'aveva colto prima dell'ondata di panico. Ma Rin non era affatto lucido.
La donna, sentendo il tafferuglio, si alzò a fatica a sedere, lasciando che i capelli scompiglati le ricadessero a coprirle in parte il viso rigato di lacrime e rassegnazione. Aveva sempre saputo che rischiava a stargli accanto, che rischiava esattamente quello che stava succedendo. Sedutasi sollevò la coperta usata come giaciglio a coprire - tardivamente - la sua nudità, o, almeno, quanto era copribile. Tirando le ginocchia al petto decise di parlare, calma, con lo stesso tono che poco prima lui stesso aveva usato con lei: "Rin, calmati, sono io. Anat. Non ti farò del male."
Mosse lenta la mano sinistra a scostare un po' i capelli.
Lui la fissò a bocca aperta, il pugnale, impigliatosi nelle lenzuola aggrovigliate, gli cadde di mano, sfilandosi finalmente dal fodero e rovinando rumorosamente a terra lo riscosse. La voce. Quella voce. Il viso. Quel viso. Gli occhi. Quegli occhi.
La voce pacata, rotta di pianto, riuscì in qualche modo a scalfire il muro di panico che lo avvolgeva, pietrificandolo e dandogli modo di vedere il viso morbido di Anat.
Anat.
Un senso si pace immediato lo invase, sciogliendo la tensione adrenalinica del suo corpo e crollò steso a fissare il soffitto. Anat.
Sollevò incredulo la testa a guardarla ancora: era rimasta immobile, nuda e bellissima come mai l'aveva vista, i capelli scompigliati e selvaggi esattamente come aveva immaginato molte volte dovessero essere dopo una notte di fuoco, le labbra pronunciate, tumide, gli occhi grandi a guardarlo con un misto di dolore e rassegnazione, non certo di furia omicida. Anat.
La sua bocca si aprì e si richiuse muta facendolo boccheggiare come un pesce nel tentativo di dire qualcosa, qualsiasi cosa, che potesse smentire quello che aveva visto, il panico provato. L'eccitazione che, paradossalmente, sentiva scorrergli nelle vene insieme con il senso di tradimento crescente. Finalmente riuscì a dar aria alle corde vocali, producendo un misero e stridente "A-Anat?" che determinò definitivamente la sua totale incredula comprensione di quanto era avvenuto. il suo lupo giocoso e affettuoso, altri non era che l'inavvicinabile guerriera ed esploratrice africana.
Lei fece cenno di sì con la testa, gli occhi si abbassarono vergognosi quando videro la comprensione riempire quelli di giaietto del siriano. Abbracciandosi le gambe nude come il resto di lei, crollò, facendo quello che mai Rin si sarebbe sognato da una guerriera fatta e finita come lei, dura come l'ardesia dell'Atlante, silenziosa e arida di emozioni come il deserto che lo costeggiava oltre i confini dell'impero in Africa. Anat si abbracciò le gambe e scoppiò a piangere come una bambina.

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