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RACCONTI: Il Fuoco di Vesta - Capitolo 4

Elios quella sera tornò tardi alla grande domus. Era così per quasi tutti i giorni del loro soggiorno a Roma: partire con il sole appena sorto, discutere con Costantino e i suoi consiglieri e tornare tardi, giusto il tempo per mangiare qualcosa e buttarsi a letto. Era l'unica cosa che gli dispiaceva di quelle settimane: passare così poco tempo con la sua famiglia. Non che ne avesse mai molto... come principe di Aegyptus era raro che il governo delle Due Terre1 non richiedesse tutta la sua attenzione ogni benedetto giorno in cui Ra sorgeva all'orizzonte. Ma cercava sempre di trovare del tempo per i figli... qualche incursione durante le lezioni dei precettori, insegnare a Cumar come si tiene un gladio, raccontare a Selene qualche favola prima della buonanotte. La parte più complicata era gestire le cose con sua moglie...a stretto contatto tutto il giorno durante lo svolgimento dei loro compiti, era difficile parlare d'altro, quando si trovavano da soli. Eppure, nonostante le loro celebri liti – che i servitori definivano “peggio del Khamsin2- il fatto di essersi ritrovati dopo tanti anni riusciva ancora a tenerli uniti. Gli anni e le due gravidanze l'avevano un po' appesantita e c'erano fili bianchi nella sua splendida chioma nera...ma quando la stringeva tra le braccia nel loro talamo riusciva a dimenticare tutti gli anni che gli pesavano sulle spalle.
Riesce ancora a sorprendermi, pensò mentre, piacevolmente stupito, scopriva che Bastet lo aveva aspettato alzata...o almeno, ci aveva provato: era appisolata sul triclinium3 del loro cubiculum4, accanto a un tavolino con sopra alcuni dei suoi piatti preferiti. Sorrise, e lei aprì gli occhi sbadigliando.
«Volevo darti il bentornato...» mormorò, stiracchiandosi.
«Oh, ci sei riuscita» rispose lui continuando a sorridere. Congedò con un cenno lo schiavo che uscì, lasciandoli soli. Bastet gli fece spazio sul divano e Elios le si accomodò accanto.
«Oggi Selene mi ha fatto un discorso...sul suo futuro» esordì lei. Elios inghiottì un boccone di pane e pollo, ma non si girò verso la moglie. Aveva riconosciuto il tono e non aveva bisogno di guardarla per sapere che c'erano guai in vista. Per lui.
«Perché non me lo hai detto?»
«Perché ha detto che voleva parlartene lei.»
«Come hai potuto non parlarmi di una cosa del genere?» sibilò Bastet rabbiosamente. Si alzò e cominciò a camminare avanti e indietro per la stanza, lanciando occhiate furibonde al marito che continuava a servirsi della cena. Elios pensò che se avesse ancora avuto una coda, l'avrebbe usata per sferzare l'aria.
«Mia! Figlia! Al servizio di una dea! E non di una dea di Khem5, di una dea di Roma! Com'è possibile?!?»
«Calmati, adesso. Cos'è che ti sconvolge tanto?»
«Avrei capito se l'avesse chiamata Isis, o Nefti, o Maat, o persino Hator. Ma Vesta...cosa ne sa, Selene, di Vesta? Passiamo qui a Roma qualche settimana l'anno, saranno passati tre anni da quando abbiamo visitato il tempio la prima volta...ed era ancora così piccola...» nel sentire la voce di Bastet che si spezzava, Elios posò il bicchiere e la raggiunse, abbracciandola stretta mentre singhiozzava.
«...è ancora così piccola...la mia bambina...»
«Bastet, dovresti sapere come vanno queste cose meglio di chiunque altro. A volte hai scelto le tue future sacerdotesse quando erano anche più piccole di lei. Se gli dei ti chiamano...»
Lei si divincolò e lo fissò furibonda.
«Come fai ad essere così calmo? É nostra figlia! Dovrà vivere lontano da noi, dovrà...»
«...dovrà servire gli dei come tutti noi.»
Il tono di voce di Elios, grave e tenero allo stesso tempo, riuscì a calmare per un attimo la sua rabbia.
«Bastet, amore mio, credi che non mi sia preoccupato quando me l'ha detto? Credi che non abbia passato notti insonni al pensiero di non averla più con noi? Ma almeno qui a Roma sarà al sicuro, abbiamo amici fidati che veglieranno su di lei...l'atrium Vestae è uno dei luoghi più sicuri dell'Impero, è come se l'avesse chiesta in sposa Costantino in persona...»
«Non venire a dirmi che è un luogo sicuro! Sessant'anni fa le vestali...»
«Non c'era la Specula, e non c'eravamo noi a Roma. Cassandra e Omar sono qui in pianta stabile, lo sai. Penseranno loro a lei. E ti sei dimenticata di Cumar? Pensi che non passerà a vedere come sta ogni volta che raggiungerà l'Urbe?»
La donna sospirò. Possibile che Elios non capisse?
«Quello che non riesco a capire è come si possa rinunciare...all'amore, a una casa, a dei figli...»
Elios cominciò a ridere di gusto. «Dèi beati...vuoi dei nipotini?»
«Sì! No! Insomma...nessuno impedisce alle sacerdotesse a Khem a continuare a servire gli dei vivendo la propria vita. Perché mia figlia deve essere seppellita viva se si innamora? Non è possibile...»
Passò alle imprecazioni in egiziano antico, ed Elios sospirò. Era impossibile riuscire a calmarla quando era in quelle condizioni.
A meno che...
«Ma ne hai parlato con lei?»
«Ero un po' scossa, e ho preferito andare al tempio di Isis e parlarne prima con te...»
«No, intendevo...con Vesta.»
Bastet si bloccò. L'idea non l'aveva neanche sfiorata. Elios sorrise e l'abbracciò di nuovo.
«Adesso andiamo a dormire, e domani mattina vai al tempio. Chissà che la dea non ti riveli le tue intenzioni.»
Mentre si infilavano tra le lenzuola, lei si ritrovò a pensare alle ultime parole che si erano rivolte lei e sua sorella, le ultime parole che aveva udito da uno degli Immortali:
«Hator...come farò? Come farò senza di te?»
«Imparerai, come tutti. Imparerai a sentire la voce degli dei dal profondo della tua anima.»


Nello stesso letto, nello stesso momento, Elios pensava all'impenetrabile mistero del Palladio.
Lui e gli altri erano in Moesia quando c'era stata la strage al tempio di Vesta, e ricordava ancora bene il volto di Giulia mentre scivolava a terra urlando per quell'orrore. Giulia Varrone, la più potente divinatrix al servizio dell'Impero...ma il nome con cui la conosceva era un altro, un altro era quello con cui era conosciuta nei secoli.
Dopo l'ingresso trionfale a Roma, avevano accompagnato Diocleziano dal rex sacrorum. Credevano che Fabio volesse parlare al nuovo imperator dei suoi nuovi doveri di pontifex maximus, ma la realtà era stata ben diversa.
Fabio aveva spiegato a Diocleziano che il Palladio era scomparso. Le Vestali potevano averlo nascosto ovunque: aveva fatto il possibile per cercarlo, ma non era semplice senza dare nell'occhio...e al momento solo lui, la nuova vestale maxima e l'imperator sapevano che quella nella nicchia non era l'antica statua. Loro, e i cinque nella stanza accanto che percepivano ogni loro parola.
«Gli dei non hanno ritenuto di darmi un segno...eppure la sacralità di quell'oggetto dovrebbe splendere come un faro nella notte.» Le parole sconsolate di Fabio non si erano ancora spente oltre il muro che Elios, Shalant, Omar e Dinocrate si erano voltati a fissare con aria interrogativa la loro compagna.
Giulia aveva serrato le labbra, rabbuiandosi.
«No. Non potete chiedermelo.»
«Dobbiamo ritrovare quella statua...»
«Smettetela....»
«Per te dovrebbe bastare poco, sei la prediletta di Apollo...»
«BASTA!»
Sembrava una Furia, mentre digrignava i denti contro gli amici di una, cento, mille vite. Che si erano guardati stupiti, senza capire il perché di quella rabbia.
Poi sul volto di Dinocrate era apparso un lampo di intuizione. Bastò uno sguardo e anche gli altri, finalmente, capirono.
Vedendo l'affetto e la comprensione sul volto degli altri, Giulia crollò.
«Non posso farlo. Non chiedetemelo.»
Elios e Shalant l'avevano abbracciata. «É passato tanto tempo...»
«Fa ancora male, non posso sopportarlo!» singhiozzò la sacerdotessa. «Voi non c'eravate! Il tempio pieno di urla, il fumo, e gli achei...» gli occhi verdi si smarrirono nelle lacrime di un dolore e di un terrore mai dimenticati. «Aiace...era riuscito a tramortirmi, l'ultima cosa che ho visto prima di svenire è stato il volto di Pallade Atena che mi guardava dal piedistallo...ed è stata la prima cosa che ho visto quando mi sono risvegliata, con la tunica stracciata e le voci di Aiace e Agamennone che si litigavano le mie spoglie...»
Quella storia la conoscevano ormai dal Vallo di Antonino alle Colonne d'Ercole, ma nessuno di coloro che la sentivano cantata dagli aedi del Sud o dagli skald del Nord sentivano la paura e l'orrore nella voce di Cassandra mentre ricordava...
«...Pallade Atena mi ha voltato le spalle! Ero sotto ai suoi occhi e li ha rivoltati piuttosto di far qualcosa! Gli dei non possono lamentarsi dei miei servigi, ma che la terra mi inghiotta se potrò mai perdonarla!»
Guerre erano state combattute, a Diocleziano si era succeduto Costantino, ma nessuno, né i magistri della Specula né i vaticini delle Sibille, avevano ritrovato la sacra statua. E così, sessant'anni dopo, si era ancora allo stesso punto.


Note

1 - Due Terre: modo onorifico per definire l'Egitto, si riferisce alla Terra Nera del nord (bagnata dal Nilo e fertile) e alla Terra Rossa del deserto del Sud.
2 - Khamsin: il vento del deserto, capace di scatenare potenti tempeste di sabbia.
3 - Triclinium: il divano su cui si prendeva i pasti
4 - Cubiculum: camera da letto
5 - Khem: antico nome dell'Egitto

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