EVENTO: Vampires in tour
Eccoci un'altra volta a ospitare con piacere una tappa di un blog tour. Non un blog tour qualsiasi, ma qualcosa che, da sempre, ci affascina con il suo lato dark.
Beh, inequivocabilmente il titolo già dice tutto da sé: vampires in tour... e sì, si parla (che, non si era capito?) di vampiri.
E siamo lieti di farlo con Ilaria Militello, autrice di "Love Vampire", opera - appunto - in tour che per questo terzo appuntamento si ferma qui a presentarci "Le origini". Quindi... Beh, buona lettura.
Ah, già , dimenticavo: potete trovare Ilaria Militello e il suo "Love Vampire" sulla sua pagina di Facebook, sul blog di Ilaria - My Secret Diary - e se ancora non siete convinti di andarlo a comprare sullo store a questo link qua, vi rimando a questa bella recensione (tanto per farvi un'idea) e cercherò, prima di lasciarvi a Shirley e alla storia delle sue origini, di ingolosirvi con il book trailer.
Non ne avete ancora avuto abbastanza? Allora ascoltate Shirley, sentite la sua fredda voce cristallina, ascoltatela, lasciatela risuonare dentro il vostro cuore parola dopo parola. E non fateci caso se il suono assomiglia a quello di una lama tagliente...
Beh, inequivocabilmente il titolo già dice tutto da sé: vampires in tour... e sì, si parla (che, non si era capito?) di vampiri.
E siamo lieti di farlo con Ilaria Militello, autrice di "Love Vampire", opera - appunto - in tour che per questo terzo appuntamento si ferma qui a presentarci "Le origini". Quindi... Beh, buona lettura.
Ah, già , dimenticavo: potete trovare Ilaria Militello e il suo "Love Vampire" sulla sua pagina di Facebook, sul blog di Ilaria - My Secret Diary - e se ancora non siete convinti di andarlo a comprare sullo store a questo link qua, vi rimando a questa bella recensione (tanto per farvi un'idea) e cercherò, prima di lasciarvi a Shirley e alla storia delle sue origini, di ingolosirvi con il book trailer.
Non ne avete ancora avuto abbastanza? Allora ascoltate Shirley, sentite la sua fredda voce cristallina, ascoltatela, lasciatela risuonare dentro il vostro cuore parola dopo parola. E non fateci caso se il suono assomiglia a quello di una lama tagliente...
Le
origini di Sherley
Sono morta al posto di mia madre. Ho
sacrificato la mia vita per colei che me l’ha donata e non me ne pento, lo
rifarei. Scegliere di sacrificarsi per qualcuno alle volte lo si può scegliere,
altre si è obbligati.
Non mi spiace essere un vampiro ormai.
Mi sono abituata a questa vita, se così la si può chiamare, ma di certo quando
decisi di sacrificarmi non potevo immaginare a cosa andavo incontro.
La mia famiglia viveva in una villa nel
sud dell’Irlanda. Mio padre possedeva parecchi terreni, non eravamo dei
signoroni, ma certo i soldi non mancavano. In quel periodo erano molti i
proprietari di terreni, ma tutti vivevamo in completa pace e io ero promessa a
uno dei figli di Marc O’Connor, un ricco proprietario terriero, vecchio amico
di mio padre che oltre avere molti terreni aveva ben nove figli. Io avrei
spostato il penultimo, John un affascinante giovane dai modi gentili e dolci.
Assieme eravamo perfetti e passavamo i
pomeriggi a fare lunghe passeggiate. Era estate e passeggiare lungo il viale di
casa nostra era come stare in mezzo alle nuvole perché i ciliegi erano in fiore
e il profumo era fantastico tanto quanto vedere quelle chiome così bianche
unite fra loro.
«Credo che questa sia la stagione che
più amo», dissi mentre camminavo accanto a John con la mano sul suo braccio.
«Mi trovo d’accordo con voi, è una
stagione mite, né troppo caldo e né troppo freddo, poi è tutto così colorato e
in fiore. Uno spettacolo», disse con la sua solita gentilezza e sorrisi. Ci
trovavamo sempre d’accordo e questo ci rendeva molto felici. Tutto era così
perfetto, bello. La mia vita era come la volevo e non pensavo di certo che
presto tutto sarebbe cambiato, nessuno di noi lo pensava. Ma quando nei nostri
territori arrivò uno strano tipo, tutto iniziò a precipitare. Uno ad uno i
proprietari di terreni cadevano in disgrazia e solo chi non voleva perdere
tutto doveva cedere in moglie a questo strano tipo le proprie figlie o le
stesse loro mogli.
Era come una piaga e c’era chi
cominciava già a dire che quello era il diavolo che aveva preso forma umana. La
trovavo solo una storia assurda, eppure ormai qua tutti lo temevano e si
rivolgevano a lui come il sommo padrone di queste terre.
Presto anche gli O’Connor finirono sotto
il suo mirino e il padre di John fu costretto a vendere sua moglie.
«La trovo una cosa assurda», sbottai una
sera in compagnia di John che era visibilmente scosso per ciò che era accaduto.
«Io mi chiedo come può aver pensato di dare a quel tizio tua madre. Io lascerei
che le terre vadano in rovina piuttosto», dissi, ma stavo parlando da sola.
John non era con me, era assente. Mi avvicinai e lui e mi sedetti sul gradino
della villa di casa sua. Era trasandato, da giorni ormai non curava più il suo
aspetto. Si poteva chiaramente intuire lo stato d’animo suo e dei suoi
fratelli. Gli posai una mano sulla spalla e sorrisi. Lui si voltò e mi guardò
con uno sguardo spento.
«Non buttarti giù, io sono qui e
qualunque cosa ci sarò, sempre», dissi cercando di trasmettergli un po’ di
coraggio. Non so se funzionò, John ritornò a guardare un punto davanti a sé e
non disse nulla. Mi misi a fissare anche io nella sua stessa direzione e poi
giunse l’ora di ritornare casa, così scortata da due maggiordomi di casa
O’Connor ritornai a casa, sconsolata e impotente, non potevo fare nulla per
John e sua madre. Non potevo fare nulla per nessuno.
Dopo l’accaduto della madre di John
passarono alcuni giorni e anche per noi le cose non iniziarono ad andare bene. I
miei genitori non lo davano a vedere ma i loro occhi non tradivano il loro
stato d’animo, erano preoccupati, temevano anche loro l’arrivo del forestiero e
sarebbe arrivato, lo sapevano tutti ormai, non avrebbe tardato, ma non avrei
mai permesso che mio padre vendesse mia madre.
Mentre lui si disperava non trovando
alcuna soluzione, mia madre aveva sempre una parola di conforto per lui.
Riusciva sempre a sorridere e posava una mano sulla sua spalla quando lui si
lasciava andare a pianti liberatori. Era lei la vera forza della famiglia.
Mia madre la ricordo ancora bene oggi
come se fosse ieri, stranamente il suo ricordo è l’unico che è rimasto vivido
in me. Era dolce e solare. Non l’avevo mai sentita lamentarsi e mai aveva speso
una parola di ostilità o di scherno contro gli altri. Lei riusciva a trovare del
buono in ognuno, perfino in quel forestiero che stava distruggendo intere
famiglie.
Ogni giorno che passava la nostra
disgrazia aumentava e mio padre era sempre più disperato e fu in una notte di
mezza estate, piacevole e calda che lui arrivò a far visita ai miei genitori e
nascosta sulla scale spiai la loro conversazione.
«Immagino voi sappiate perché sono qui»,
disse con voce melliflua. Dalla posizione in cui ero riuscivo solamente a
distinguere le sue lunghe e affusolate gambe che indossavano un paio di
pantaloni neri e delle scarpe lucide dello stesso colore.
«Sì», rispose secco mio padre. «Dunque
che cosa volete da me?»
«Dipende che cosa volete offrirmi voi e
cosa volete in cambio», rispose lui.
«Sapete che cosa voglio, veniamo al
dunque, sono stanco e vorrei andare a letto al più presto».
«Bene, un uomo che arriva subito al
sodo, mi piace», disse ridacchiando malignamente e la sua risata mi fece
rabbrividire. «E allora non girerò intorno alla questione, voglio vostra
moglie», disse e poi restò in silenzio giusto per vedere le reazioni dei miei
genitori, io non potei ma immaginai la loro faccia sconvolta e inorridita.
«Dunque?», chiese dopo alcuni attimi di
silenzio.
«Mai», disse mio padre secco e rabbioso,
ma alla sua voce si unì quella di mia madre.
«Se mi garantite che mia figlia e mio
marito staranno bene e che la disgrazia finirà accetto», disse decisa lei. Il
mio cuore mancò di un battito.
«No Adelaide, non lo permetterò, non ti
venderò», disse mio padre urlando.
«Non hai scelta e poi non spetta te
decidere», ribatté lei fredda.
«Bene, che donna determinata, mi
piacciono. Visto che vi consegnate spontaneamente allora vi concedo tre giorni
per salutare i vostri cari e poi verrete da me la notte del terzo giorno, se
non lo farete, se tenterete di scappare io vi troverò e ucciderò barbaramente
voi e tutti i vostri cari», disse minaccioso. Mi sentì nuovamente raggelare e
poi l’uomo si alzò, io scappai nella mia stanza e mi buttai sul letto in
lacrime, quando udii andar via il forestiero i miei presero a litigare
pesantemente. Era la prima volta che capitava. Quella stessa notte, sentendo le
loro urla capii che dovevo fare qualcosa, avrei preso il posto di mia madre.
Il giorno seguente, ma come gli altri
due che seguirono dopo la visita del forestiero, furono angoscianti e privi di
sorrisi. Mia madre tentava se pur invano di portare un po’ di gioia e solarità ,
ma era chiaro che anche lei temeva la sua sorte e forse più di tutti noi.
La sera del terzo giorno mi assicurai
che i miei potessero dormire tranquillamente, versai nel loro vino un sonnifero
e prima di andare incontro alla sorte scrissi loro una lettera.
Cari
genitori,
vi
scrivo perché quando vi risveglierete non mi troverete più, vi spiego dunque il
mio gesto. Ho deciso di andare al posto di mia madre, non permetterò che tu ti
sacrifichi per queste terre, per noi. Madre tu mi hai donato la vita e ora io
voglio ricambiare il gesto. Non permetterò che tu sia schiava di quell’essere,
non permetterò che tu spenga il tuo sorriso, anzi, voglio ricordarti
esattamente così, solare e gioiosa, sempre pronta ad aprire il cuore a tutti e
sarà proprio questo ricordo di te che mi darà forza per camminare lungo la
strada che mi condurrà da lui.
Non
disperatevi per me, non temo la mai sorte, so che è una cosa folle ma porrò
fine alle nostre sofferenze a quelle di tutti, perché cari genitori come mi
avete sempre insegnato voi bisogna donare aiuto al prossimo anche quando esso
non lo chiede e così farò. Libererò tutti dalla tirannia di quel mostro.
Vi
porterò sempre nel mio cuore e vi amerò per la vita. Con tanto affetto la
vostra Sherley. Addio.
Sulla carta, vicino alla mia firma cadde
una mia lacrima. Mi alzai e lasciai la lettera sul tavolo in modo che potessero
vederla appena svegli. Indossai il mio scialle e uscii dirigendomi verso la
dimora dello sconosciuto. Abitava appena fuori le nostre terre. Camminavo lenta
e decisa andando incontro al mio destino. Ogni passo che facevo era una lacrima
e prima di uscire dai confini delle nostre proprietà mi voltai a guardarle per
l’ultima volta, abbracciai con lo sguardo ogni piccolo pezzo di terra che
riuscivo a scorgere e poi mi voltai, presi a correre con il cuore che batteva
forte e le lacrime che scendevano come fossero fiumi in piena.
Quando arrivai davanti al casolare
grigio sospirai e salii gli scalini di legno, alzai il braccio per bussare ma
la porta si aprì prima che potessi picchiarci sopra. Incerta e con la paura
entrai.
Una luce arrivava da una stanza alla mia
destra e presi quella direzione, entrai e la vidi vuota, mi guardai attorno,
era una libreria e davanti a me c’era una grossa scrivania con una poltrona
rossa girata verso la grande finestra.
«Mi aspettavo vostra madre», disse una
voce che proveniva dalla poltrona e sussultai, la riconobbi, era quella
dell’uomo.
«Pagherò io il pegno», dissi deglutendo
poi a fatica. La poltrona si voltò lentamente e finalmente potei vedere
quell’uomo. Aveva lunghi capelli neri e gli occhi blu lucenti. Posò i gomiti
sopra la scrivania e appoggiò il mento sulle mani scrutandomi.
«Non vi vado bene?», domandai con un po’
di coraggio. Il tipo sorrise.
«Sapevo che sareste venuta voi», disse
sicuro di se e rimasi perplessa. Come poteva saperlo?
«Avete origliato la conversazione che ho
avuto l’altra sera con i vostri genitori», disse alzandosi dalla poltrona e si
diresse verso un tavolino dove vi erano disposte delle bottiglie di liquore e
ne versò un po’ in due bicchieri.
«Gradite milady?», mi domandò
gentilmente porgendomi il bicchiere. Feci cenno di no con la testa e lui posò
il bicchiere. «Mi domando come possa un madre permettere che una figlia prenda
il suo posto».
«Cosa state insinuando che forse mia
madre è una poco di buono, che presa dalla paura ha preferito sacrificare la
figlia?», domandai infastidita dalle sue parole e lui mi guardò con sorriso
mellifluo. «Non osate, voi non la conoscete, la decisione è stata mia. Sono
scappata e sono venuta da voi di mia spontanea volontà , l’ho fatto per salvarle
la vita», dissi con rabbia.
«Salvarla? E da cosa?», chiese
sorridendo.
«Da voi, dalla vostra schiavitù»,
ribattei. Scoppiò a ridere.
«Direi invece che sono io a liberare
voi», disse bevendo alcuni sorsi di liquore.
«Come liberarci? Ci costringete a
lasciare le nostre famiglie per farci vostre schiave», sbottai sempre più
furiosa, quel tipo mi irritava.
«Io vi libero da una vita terrena,
mortale e vi faccio il dono della giovinezza eterna». Lo guardai confusa.
«Non capisco di cosa parlate», dissi.
Lui sfoggiò di nuovo quel suo solito sorrisetto e posò il bicchiere sulla
scrivania, poi si avvicinò a me con una velocità che mi stupì, neanche mi
accorsi del suo movimento, mi afferrò per il braccio e avvicinò le sue labbra
alle mie orecchie.
«Ora proverai», disse ridacchiando e poi
sentii qualcosa penetrarmi nel collo. Tentai di urlare ma dalla mia bocca uscì
solamente un lieve gemito. Non so che cosa stesse facendo, o almeno in quel
momento non lo sapevo, ma era chiaro che mi stesse succhiando il sangue, mi
sentivo svuotare secondo dopo secondo e poi quando fui tra la vita e la morte
lui mi lasciò cadere a terra, stremata e ansimante. Vedevo ogni cosa sfuocata e
sentivo il mio cuore rallentare, poi si avvicinò con una boccetta nella quale
c’era un liquido rosso, scuro e me lo versò nella bocca. Era amaro e freddo, lo
sentii scivolare nella gola e mi sentii bruciare dentro. Urlai e poi chiusi gli
occhi, quando li riaprii mi ritrovai distesa su un letto e con addosso un abito
nero, mi sentivo diversa, cambiata. Ero viva ma allo stesso tempo mi sentivo
morta.
In seguito scoprii che l’uomo era un
vampiro e aveva trasformato tutte le donne che aveva razziato da ogni famiglia.
Lui era il capo e noi eravamo le sue schiave, dovevamo per lui cacciare
portandogli vite che lui spezzava oppure prendeva da noi il sangue di cui aveva
bisogno e a turno doveva concederci a lui per i suoi piaceri.
Un’eternità di vero inferno che non ero
disposta a sopportare, ma non avrei potuto sfuggire a lui altrimenti la sua ira
si sarebbe riversata sulla mia famiglia, per questo l’unica soluzione era
distruggerlo.
Non programmai nulla, avrebbe potuto
leggermi nella mente le mie intenzioni quindi dopo una nottata di abbondante
caccia tornai da lui che avvertì la mia fortuna e mi chiamò a se, mi fece
sdraiare sul divanetto della libreria e mentre entrava in me lasciai che
affondasse i suoi denti nel mio collo, sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe
abusato di me. Lasciai che si perdesse completamente e poi mi allungai verso il
mio corpetto e la mia cintura che giacevano a terra ed estrassi il piccolo
pugnale con la lama d’argento e senza esitazione gli e lo conficcai nella
schiena. Lo staccai da me mentre si contorceva e urlava, gli sferrai un altro
colpo al cuore e mi rivestii. Bruciai infine il suo corpo e con esso la casa,
mi allontanai da lì e lasciai per sempre la mia terra, i miei genitori, ai
quali ogni sera facevo visita mentre loro dormivano, ma quella fu l’ultima sera
che lo feci, li salutai per sempre e me ne andai lontano.
In seguito incontrai Cian e Bridget del
clan degli Skyn che mi accolsero.
I miei ricordi sono quasi sbiaditi ma
quelli di mia madre no, lei resterà con me in eterno, ricorderò sempre il suo
dolce e solare viso, quella fantastica donna che mi ha donato la vita
moltissimi anni fa.
Bellissimo mi sto innamorando sempre di più di questi personaggi
RispondiEliminaGrazie Ramona, mi fa piacere ^_^
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