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RACCONTI: Sortes - Cap. IV

Attenzione: il racconto non appartiene alla linea temporale definitiva della Specula.

Racconto di Nazareno Vianello


Dal diario personale di Haimirtch Etrurio Venetio  comandante in carica della coorte XVII Siriana.


Dopo una cena succulenta attendemmo che gli altri ospiti si ritirassero dalla sala comune, portammo gli scranni accanto al fuoco ed demmo inizio alle danze. Iniziò T'Challa
«L'abito verrà consegnato dopodomani, probabilmente nel pomeriggio. Shorab, il sarto, dovrà dare gli ultimi ritocchi ed Antimo ha dato la sua disponibilità attorno all'hora decima.
Se posso permettermi, comandante, non eliminerei il vescovo in quella circostanza, ma userei il loro incontro per scoprire dove egli passa il resto del tempo quando non è ospite in casa del senatore. La notizia farebbe più rumore di un baccanale. Già la sua morte non passerà inosservata, come ben sappiamo, ma gli ordini sono ordini e vanno rispettati, però uccidere un vescovo in casa di un senatore suppongo crei ripercussioni direttamente all'Impero stesso.»
«T'Challa, devo ammettere che non hai tutti i torti. D'accordo, lasciamo a Tamer la prima mossa, vediamo cosa è in grado di scoprire. Poi tu Cornelio porterai un dono al senatore Lucio Claudio. Dovrà essere un dono sostanzioso e mi sa che questa volta suderò freddo nel giustificare ai miei superiori tutti i sesterzi che stiamo spendendo...»

Il giorno dopo Tamer si mosse alla perfezione: la mezzana Fausta Flavia era molto conosciuta, bastarono quindi poche domande, semplici e dirette rivolte alle persone giuste, per venire a conoscenza di dove si trovasse la sua abitazione.
Quando il maestro d'ombre bussò al suo portone, fu una giovane ragazza ad aprire.
«Per favore, domina Fausta Flavia è in casa? Avrei...Avrei bisogno dei suoi servigi...»
La donna squadrò Tamer dalla testa ai piedi.
«A me non sembra che tu ne abbia bisogno.. Sei così carino! Comunque accomodati pure, la chiamo subito.»
Il sapiens attese nell'atrium pensando nel frattempo al modo giusto per disporre le pedine sulla scacchiera.
Fausta si fece attendere solo pochi minuti. Varcò la soglia come un'attrice quando entra in scena. Il suo modo di camminare, porsi e atteggiarsi erano perfettamente sincronizzati. Studiati e ristudiati migliaia di volte, per impressionare ed allo stesso tempo mettere a proprio agio i suoi ospiti.
Ancheggiando appena, si diresse verso il maestro d'ombre con una calma calcolata nei minimi dettagli, come i suoi ornamenti. Una bellissima tunica verde acqua sembrava esserle stata cucita addosso, ricamata sugli orli con filo d'argento si chiudeva con una fibula a forma di cigno sulla spalla sinistra. Una splendida collana d'acquamarina con un grosso pendente le adornava il collo.
La domina agitando un ventaglio di pura seta si fermò ad un passo dal suo ospite.
«Ave domine, come posso serviti?»
Flavia inquadrò il giovane con una sola occhiata. Indossava una tunica di ottima fattura, portava una collana d'oro e lapislazzuli, un anello d'oro al dito con incastonato un rubino di tutto rispetto e una sacca rigonfia legata alla cintola.
Poteva essere un bel pollo da spennare...gli ricordava qualcuno...anche se, ora come ora, non riusciva a rimembrare...
«Donna Fausta, il mio nome è Ata Atamennuterhekten, provengo dalla splendida Tebe e sono giunto ad Antiochia dopo un estenuante viaggio per potermi incontrare segretamente con il senatore Claudio. Mi avrete sicuramente visto l'altro giorno alle terme, dove mi spaccio per un eunuco al servizio di domina Tullia. In realtà servo come ambasciatore dei principi d'Aegyptus Elios e Bastet e porto importanti notizie per il senatore.»
A quelle parole gli occhi della mezzana si spalancarono per lo stupore.
«Ho chiesto ai miei esploratori informazioni su di te domina, e mi è stato assicurato che sei la persona giusta per farmi parlare con lui. Forse potrei parlare con la sua schiava...Ho preso una stanza presso la popina appena accanto alle mura, sotto copertura ovviamente.» 
«Come posso essere sicura che tu non mi stia raccontando una frottola colossale? Ed anche se fosse, che ci guadagno io in tutta questa faccenda?»
Il maestro d'ombre estrasse dalla tunica un sigillo d'oro massiccio, il quale raffigurava i due principi di Aegyptus in una splendida miniatura.
Questa volta Fausta Flavia spalancò la bocca rimanendo senza fiato, esaminò il sigillo con estrema accuratezza, dopo essersi assicurata che fosse autentico lo restituì al giovane con mano leggermente tremante.
«Cosa ci guadagnate, domina? Vediamo...Cinquanta sesterzi possono bastare?»
La cifra era astronomica. Lei lo fissò dapprima con aria incredula, poi una volta ripresa la sua naturale compostezza iniziò a guardarlo maliziosamente.
Capita l'antifona, il sapiens fu costretto ad aggiungere «...ed un piccolo extra...»
La domina pensò di aver vinto quando fu lui a fare la sua mossa. Incrociò il suo sguardo senza mai distoglierlo, la guardava così profondamente che la donna si sentì quasi scrutare il proprio animo. Poi i suoi occhi scesero lentamente dal collo fino al seno, per poi continuare lungo le curve leggermente abbondanti.
Tamer le prese la mano, dolcemente, e voltandola con il palmo verso l'alto le baciò le vene sensibili del polso. Augusta venne scossa da un brivido...
«D'accordo, ti aiuterò, ma prima il dovere e poi il piacere...»
Il maestro d'ombre acconsentì con un semplice cenno del capo e tenendo la domina per mano, scivolò con lei nell'enorme vasca d'acqua termale dell'atrium.

Quella sera il rapporto di Tamer fu anche troppo esauriente. Ci avvisò che il giorno successivo avrebbe cercato di avvicinare Soraya e che la presentazione della mezzana lo avrebbe avvicinato al bersaglio.
Durante la sua assenza avevamo sfruttato la giornata, facendo un sopralluogo al sobborgo di Dafne, il quale ci lasciò senza fiato. 
Distava circa cinquanta stadi da Antiochia. Un paradiso naturale, tra boschi e calde sorgenti naturali. Splendide ville erano state edificate nei posti migliori per sfruttare le sorgenti termali. Al centro del borgo sorgeva un meraviglioso tempio dedicato ad Apollo Pithio. La sua statua si ergeva maestosa per ben oltre quaranta piedi, svettando oltre i tetti. Scolpita in legno, rivestita in avorio ed oro purissimo, reggeva nella mano sinistra una splendida cetra finemente lavorata, mentre le dita affusolate della mano destra erano in procinto di pizzicarne le corde. Nei suoi occhi vi erano incastonati degli enormi lapislazzuli ed il suo sguardo sembrava voler proteggere Dafne stessa.
Raggiungemmo il Tetraplyon, il quale smistava le strade del borgo mentre degli ingegneri, dei muratori ed una moltitudine di schiavi stavano lavorando presso degli scavi. Diocleziano stava facendo erigere un tempio sotterraneo dedicato ad Ecate e, a quanto pareva, i lavori erano quasi ultimati.
Lasciammo gli scavi per raggiungere la zona del mercato e dei bagni pubblici. Ascoltammo i pettegolezzi cercando di scoprire quale fosse la casa del senatore Lucio Claudio. Non fu difficile, le persone erano affabili e gentili. Probabilmente, la bellezza del borgo, i suoi ritmi lenti e calmi, l'essere circondata dal verde lussureggiante aiutava a migliorare l'umore degli abitanti.
I due acquedotti distribuivano l'acqua nelle varie vasche sia pubbliche che private.
La domus Claudia era situata su una piccola collina, oltre il teatro: un'ottima posizione, protetta anche in caso in cui forti e persistenti piogge avessero allagato i canali di scolo.
Ci avvicinammo con discrezione, senza dare nell'occhio.
Studiai la domus e le alae laterali, per prevedere qualunque via di fuga, memorizzai tutte le uscite, i giardini attorno alla cisterna. Non volevo che nessun imprevisto potesse rovinare la nostra missione.
Cornelio aveva acquistato una splendida coppa d'argento per il vino, istoriata d'oro e con incastonate delle pietre preziose che si alternavano le une alle altre tutte intorno al bordo.

Il giorno successivo eravamo pronti. Tamer si era alzato prestissimo assieme a T'Challa ed erano partiti alla fine della quarta vigilia. In caso di qualsiasi domanda, il sapiens avrebbe presentato il numida come suo schiavo personale. In realtà, per quanto tutti noi sapessimo che l'egiziano sarebbe stato perfettamente in grado di cavarsela da solo, i due sarebbero stati complementari. E poi quattro occhi erano meglio di due.
Quando il maestro d'ombre raggiunse la casa della mezzana, presentò T'Challa secondo i piani, ed ella, dopo averlo squadrato, non sembrò meravigliarsene, vista la disponibilità monetaria del suo cliente.
«Soraya è una donna molto riservata. É proprietà del domine Lucio Claudio. Mi raccomando, non riservare a lei lo stesso trattamento che hai riservato a me, sai che dovresti risponderne alla legge. Oggi attorno all'hora decima, Antimo, il vescovo ospite del senatore, sarà alla domus. Shorab, il sarto deve consegnargli il suo ultimo lavoro: capisco che il tuo compito è delicato, ma mi raccomando, se puoi, evita di disturbare».
Fecero un pranzo fugace nella zona del mercato, attendendo l’approssimarsi dell’ora. Ovviamente Tamer dovette pagare per tutti per non insospettire Flavia Augusta, dopodiché la donna fece strada accompagnandoli alla villa.
Vidi giungere il maestro d’ombre lungo la strada principale, così accelerammo il passo. Cornelio, in testa al gruppo, poneva galantemente il braccio a Tuscia, mentre io li seguivo a due passi di distanza.
Lui ci vide, rallentò, e guadagnò tempo sistemandosi la tunica per poi passare a quella del numida.
Attraversammo l’enorme arco che ci introduceva alla Domus Claudia, lasciando alle nostre spalle le possenti mura. Uno schiavo ci guidò attraverso l’hortus che si estendeva davanti a noi mostrandosi in tutta la sua bellezza e vastità. Una statua di Eros era posta sulla sommità di una fontana di marmo intarsiata con motivi floreali che richiamavano lo stile persiano, mentre la maestria dei giardinieri sembrava aver dato vita alle siepi: un Apollo sulla sua auriga teneva per le briglie uno splendido cavallo che sembrava impennarsi verso il cielo, mentre trasportava un sole nascente fatto di splendidi fiori. Lasciammo alla nostra destra l'enorme cisterna con il suo colonnato e le sue statue fino a raggiungere le fauces. Lì una schiava ci stava aspettando e ci accompagnò facendoci attendere nell’atrium per annunciarci al suo padrone.
Ella tornò dopo pochi minuti. Quel luogo era a dir poco stupefacente. Il pavimento del portico era un immenso mosaico raffigurante Apollo e le sue muse, mentre un enorme fiore persiano era raffigurato sul timpano che sovrastava le fauces. Delle colonne finemente lavorate circondavano la cisterna per la riserva d'acqua e delle statue raffiguranti gli dei, sembravano voler ricreare un piccolo paradiso.
Costeggiammo l'impluvium, fiancheggiato da un colonnato di marmo probabilmente proveniente da Carrara, e ci fermammo davanti ad una splendida tenda di damasco che ci separava dal nostro anfitrione. La schiava scostò il drappo introducendoci nel tablinium, e ci annunciò al nobile patrizio. 

«Questo è il commerciante Flavio Tullio Tribuno, domine, è giunto ad Antiochia con la sua famiglia. É qui per porti omaggio, mio signore.»
«Grazie, Nocella, puoi andare. Avverti Antimo che si prepari. Shorab, il sarto, sarà qui tra poco.»
Ad un suo cenno ci accomodammo sugli sgabelli mentre la schiava arretrò inchinandosi in silenzio per poi ritirarsi oltre il velario.
Il senatore era un uomo sulla cinquantina di corporatura solida, dai capelli brizzolati, ma i suoi occhi azzurri erano attenti e calcolatori. Sedeva su di una sedia dietro un grande tavolo di pietra dove erano perfettamente scolpiti degli altorilievi di foglie e fiori. Alcune pergamene erano perfettamente allineate l'una a fianco all'altra, arrotolate e sigillate, probabilmente pronte per essere spedite.
«Nobile patrizio, il mio nome è Flavio Tullio Tribuno e questi sono i miei figli... Pisone e Ulpia .
Il mio viaggiare mi ha portato fino alla splendida Antiochia e dopo aver saputo che onorate questo sobborgo con la vostra presenza, o eccellentissimo, mi sono permesso di portarvi un dono che ho acquistato nella lontana Raetia. Vi prego di accettarlo, mio domine.»
Così dicendo Cornelio estrasse la coppa d'argento e s'inchinò platealmente, porgendo il calice in avanti attendendo...
«Alzati, Flavio Tullio, ti do il benvenuto ad Antiochia. Venite e accomodatevi nella sala da pranzo, sto aspettando un'altra visita. Padre Antimo si unirà a noi tra poco, così potrai intrattenerci con le storie dei tuoi viaggi.»
La mezzana guidò Tamer fino al posticum. L'entrata di servizio portava direttamente nelle stanze degli schiavi, mentre se si fosse preso il corridoio di destra, oltre la porta, si avrebbe avuto accesso all'altra ala della domus.
Flavia bussò tre volte, attese per poi bussare ancora altre due e poi di nuovo tre. Il maestro d'ombre sorrise per la semplicità di quel codice. Attesero fino a quando la porta si aprì e apparve una schiava esile dai capelli rossi. S'inchinò immediatamente alla vista della mezzana e attese in silenzio.
«Conduci il domine da Soraya, poi ritirati e aspetta gli ordini.»
La schiava squadrò Tamer accennando un sorriso. Il sapiens memorizzò i corridoi ed il numero di porte laterali che conducevano ai cubicula, le camere da letto, o ad eventuali altre stanze. Salirono una scala di legno e si fermarono davanti ad una porticina con un piccolo battente d'ottone, talmente lustro che ci si poteva specchiare. La schiava diede due colpi ed una voce melodiosa si udì provenire dall'interno.
«Avanti... Ocella, vieni pure, fai pure accomodare il domine.»
Una volta entrato, il sapiens sentì la porta richiudersi alle sue spalle.
«Ti stavo aspettando, tu devi essere Ata Atamennuterhekten. Fausta Flavia mi ha avvertito della tua richiesta. Prego, accomodati.»
Tamer faticò a controllarsi. Quella schiava era di una bellezza fuori dal comune. Quel suo corpo perfetto, quella pelle simile all'ossidiana quasi brillava alla luce della fiamma. La stanza profumava dei fiori messi a bruciare su un apposito incensiere.
Soraya gli si avvicinò porgendogli una coppa di vino, il maestro d'ombre l'accettò volentieri mentre si accomodava su uno scranno.
Quella donna aveva modi semplici e gentili, che forse contrastavano con quel corpo perfetto.
Anche se oramai tenere i propri sensi perfettamente all'erta faceva parte del suo essere, il sapiens in quel momento si sentiva a proprio agio. Chiacchierava amabilmente del più e del meno lasciandosi scappare addirittura qualche risata, poi, ricordandosi del motivo per cui era lì, cercò di riprendere le redini della conversazione.
Si spostarono sul lato della stanza dove dei cuscini erano stati disposti a regola d'arte come a formare un fiore.
Soraya portò con sé la brocca del vino, si accomodò e, poggiando la schiena alla parete, distese le gambe.
«Allora...dimmi tutto. Cosa ti serve dal senatore?»
Tamer cercò rapidamente di riorganizzare i propri pensieri, decise di attaccare direttamente senza mezzi termini e la maschera scese silenziosa.
«In realtà sai benissimo chi io sia, sono sicuro che la domina, Flavia Augusta, ti ha messo al corrente e sono altrettanto sicuro che anche il senatore Lucio sappia che l'ambasciatore dei principi d'Aegyptus Elios e Bastet sia ora ospite nella sua domus. Probabilmente vuole guadagnare tempo perché è momentaneamente impegnato con altri ospiti. Sono forse in errore?»
«Giochi a carte scoperte eh? Bene. Vedo che sai quello che vuoi, ma sei veramente certo di saperlo?»
Soraya lo studiò ed il gioco ebbe inizio.
Il sapiens non si sarebbe mai aspettato una donna così perspicace, era abituato a sedurre per ricevere informazioni, ma quella schiava sembrava anticipare ogni sua mossa. Decise di cambiare tattica.
«E va bene. Sappi però che stai rischiando la vita. Essere messa al corrente di certe informazioni può costare caro.» Il maestro d'ombre decise di spaventarla, forse in questo modo quella donna sarebbe stata più remissiva, ma si sbagliava.
«Devi sapere che se sono viva lo devo esclusivamente al domine Claudio. É un uomo molto potente, ma in realtà anche molto buono. Io sono una schiava, la mia vita non mi appartiene, ma sono sotto la sua protezione, è lui che decide della mia vita.»
Con un sorriso il maestro d'ombre inclinò appena la testa con il suo solito fare malizioso. 
«Perché dovrei dirti il motivo della mia visita?»


«...Perché altrimenti dirò al domine che mi hai presa con la forza...» 
Così dicendo Soraya si sporse in avanti e afferrò il membro del sapiens con la mano mentre, colto di sorpresa, Tamer cercò di non rovesciare il vino. Posò rapidamente la coppa e afferrò la mano della schiava per allontanarla, ma in un attimo la splendida donna gli infilò la lingua in bocca spingendolo tra i cuscini.
Il maestro d'ombre la allontanò con la forza gettandola a terra, il suo sguardo era un misto tra lo stupore e la rabbia. Dove essere lui a condurre i giochi e non il contrario.
Se ti azzardi a mandare tutto a puttane, per Giove, ti giuro che ti ficco il vitis in posti che nemmeno pensavi di avere! Le parole di Cornelio risuonarono nella mente del sapiente come un monito. In realtà non lo temeva minimamente, ma avrebbe comunque dovuto rispondere a qualcuno molto più in alto del suo compagno. Se la missione fosse fallita per un suo vezzo o peggio ancora, per un suo errore di calcolo, non era affatto sicuro di poterne uscire indenne.
«Per gli dei, cosa diamine stai facendo?»
«Ho semplicemente deciso... Di averti. E tu non ti puoi rifiutare, altrimenti sai a cosa vai incontro... Inoltre se sei qui è perché ti servono informazioni particolari, altrimenti se ti fossero servite notizie di poco conto, avresti potuto reperirle in giro.»
«Sei scaltra, ma la domanda fondamentale è: tu cosa ci guadagni in tutto questo?»
«Sei abituato ad avere sempre il controllo su tutto e tutti, inoltre sembri quello che deve sempre essere a conoscenza di tutto. Beh, non questa volta. Io ti darò le informazioni che ti servono, ma... prima il dovere e poi il piacere.»
Tamer sapeva di essere stato preso nel mezzo, la coorte era nelle sue mani, cosa poteva fare? Doveva decidere in fretta e doveva farlo subito.
T'Challa.... Dovrà eliminarla T'Challa.
Detestava ammetterlo ma, in questo momento, era nelle mani di qualcun altro.
Il maestro d'ombre fece la sua mossa sapendo, che in quell'istante stava rischiando il tutto per tutto. Si avvicinò a quella donna con calcolata dolcezza. Doveva estorcergli tutte le informazioni possibili.
« ...E va bene, hai vinto tu.»
Tamer l'attirò a se e la baciò dolcemente; mentre, accarezzandola, aprì la fibula che bloccava i lembi della tunica ed essa cadde sul pavimento lasciando scoperti degli splendidi seni piccoli, sodi e lucidi.
La sua pelle scura era illuminata dalla luce della lucerna. Lei lo accarezzò delicatamente spogliandolo a sua volta. Era incantato da tanta bellezza, quel collo sinuoso e le piccole spalle, quella schiena liscia e quelle curve tanto perfette. Si distesero tra i cuscini che formavano i petali e i loro corpi si fusero nella passione.
Soraya allargò le cosce e si fece penetrare emettendo un'effusione di piacere, poi preso il controllo, girò delicatamente il corpo del maestro d'ombre e si pose sopra di lui. La schiava iniziò a muoversi ritmicamente cercando il godimento e donandolo a sua volta, per un attimo Tamer ricordò l'ammonimento di Scipione, ma fu solo un istante prima di lasciarsi trasportare. Ancora un po' di pazienza e le risposte sarebbero arrivate da sole.

...continua...

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