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RACCONTI: Gelosia - parte 1


Khem, 2605 a.C.

Era già pomeriggio inoltrato quando Bastet sentì in lontananza il rumore di un cocchio lanciato a tutta velocità. Poteva essere solo Elios: non erano molti i visitatori che passavano in quel luogo isolato, accanto a un tempio di Sekhmet semiabbandonato ai confini del deserto. Si spolverò velocemente le mani dalla farina – stava impastando alcune focacce per la cena – e si diresse alla porta.
Arrivò in tempo per vedere Elios fermare i cavalli con un brusco strattone delle redini. L’uomo scese dal carro e slacciò i finimenti dagli animali accaldati, che si diressero con lentezza verso l’abbeveratoio. Bastet intanto aveva rinfrescato con un tocco un boccale di acqua della fonte lì accanto, l’ideale per una gola riarsa da una corsa nel deserto, l’ideale per un uomo che torna a casa dopo cinque giorni alla corte del faraone.
Lui l’accettò senza quasi guardarla, la trangugiò in un sorso e si sedette al tavolo della cucina, prendendo una manciata di datteri dalla ciotola lì pronta e accanendosi su di loro per snocciolarli con una concentrazione quasi furiosa.
«Ci sono novità alla corte?»
«Il solito.»
«La costruzione della piramide sembra procedere bene.»
«Sì.»
«Cos’ha fatto oggi il faraone?»
«Niente.»
Bastet sospirò impercettibilmente. Riconosceva i sintomi. Una volta, nel Grande Nord, nel paese di Wotan aveva sentito le donne paragonare gli uomini che si comportavano così a certi grossi mammiferi pelosi che dormivano per tutto l’inverno. E per quel che ne sapeva, avevano perfettamente ragione.
Come dea e come donna, sapeva cosa fare. Finì di preparare le focacce. Spazzò i pavimenti della casupola. Parlò tramite il suo oracolo a un gruppo di sacerdotesse a Philae. Risolse alcuni problemi di confine tra due branchi di leoni nel sud. Tornò alla sua forma felina e si ripulì ben bene dalla punta delle zampe a quella della coda. Preparò la cena. Il tutto nel più perfetto silenzio. Tanto, in quel caso, qualsiasi tentativo di conversazione sarebbe andato perso. La cosa migliore era aspettare.
Preparò la cena sulla terrazza che costituiva il tetto della loro casa, ammirando lo spettacolo di Ra che portava la Barca Solare al di là dei confini estremi del mondo tingendo di colori spettacolari il cielo sopra il deserto. Fu solo quando l’ultima quaglia arrosto fu divorata e le focacce sparite che Elios si decise a parlare.
«C’è un complotto alla corte di Medjedu.»
Non c’era di che stupirsi. Molti, dai nobili al popolo, erano risentiti per le follie del sovrano, anche se non aveva fatto niente di più dei suoi predecessori. Solo che il suo sogno di costruire il più grande monumento funebre che si sia mai visto a Khem stava mettendo a dura prova la capacità di sopportazione dei suoi sudditi. Come capo in seconda delle guardie reali, e soprattutto come principale spia al servizio del faraone, era al corrente di ogni minimo piano per la dipartita anticipata del Signore delle Due Terre. Di solito in un modo nell’altro riusciva a stroncarle sul nascere; il fatto che ne parlasse con lei era sintomo di quanto effettivamente fosse preoccupato.
«Probabilmente si tratta di un piccolo gruppo di nobili, assieme a degli inservienti di alto rango. Non riesco a raggiungere le loro menti…devono avere con loro un sacerdote di Thot rinnegato, solo dei talismani potenti possono riuscire a deviare così i miei poteri. L’unica cosa che sono riuscito a sapere è che tenteranno di assassinare il faraone tra qualche giorno, durante le feste per i dignitari ittiti. Vogliono farla passare per colpa loro…sarà la guerra.»
Elios si prese la testa tra le mani, cercando di mettere ordine nei suoi pensieri. «Mi basterebbe riuscire ad afferrare solo un pensiero, uno…»
«Non posso aiutarti, lo sai…» mormorò Bastet dolcemente. Lei non poteva interferire, ma sapeva almeno che poter raccontare problemi come questi a qualcuno gli alleviava la pressione del suo compito.
Rimasero qualche minuto in silenzio, poi Elios alzò la testa di scatto, guardandola in modo strano.
«Forse tu no…ma Sanura?»
«Sanura? Che intendi dire?» Era il nome che lei usava di solito quando girava in forma umana. Cosa aveva in mente Elios? Sarebbe stato facile indovinare i suoi pensieri, ma una delle tacite regole della loro relazione era che lei non gli leggesse nella mente continuamente, come faceva con tutti, ma solo in caso di pericolo per entrambi.
«Alla festa ci sarà uno spettacolo di danzatrici, come al solito. Vieni con me come ballerina, se non riuscirò a fermare l’assassino in tempo basterà che tu lanci uno dei tuoi coltelli, quelli che usi nella danza…non mi serve una dea, solo una ballerina abile con le lame.»
«Abile! Non manco mai il colpo, io.» Bastet arricciò il naso. «E comunque sono spade, non coltelli. Però ti avverto, non muoverò un muscolo se non mi indicherai esattamente quando colpire. Chiaro?»
«Chiarissimo.»
«Non è che è tutta una scusa per vedermi con le vesti da danzatrice?»
«…chiamale vesti…»


Tre giorni dopo, negli appartamenti che Elios occupava alla corte di Tebe, Bastet uscì dallo spogliatoio nella sua forma mortale di Sanura e con indosso le vesti da ballerina. Il suo uomo rimase folgorato.
Il viso era truccato in modo da esaltare la linea seducente delle labbra e degli occhi, sapientemente delineati dal kohl nero. Un’ampia collana di filo dorato, con intrecciati lapislazzuli e turchesi, le copriva parte del collo e delle spalle, ma lasciava scoperti i seni, le cui punte rosee erano state dipinte con finissima polvere d’oro. Il ventre piatto era cinto da una fascia di cuoio anch’essa decorata con pietre preziose. A questa erano fissati con piccoli anelli d’oro dei lunghi veli verdi e azzurri, e piccole campanelle tintinnanti. Quando si muoveva, i veli si scostavano e bastava un niente per far intravvedere il monte di Venere, nudo e perfettamente depilato e decorato da linee sinuose dipinte con l’hennè.
Il primo pensiero di Elios fu che sarebbero arrivati in ritardo. Molto in ritardo.
Il secondo, che tutta la corte l’avrebbe vista così.
«Vatti a cambiare, si cambia piano.»
Bastet si mise a ridere: Elios, geloso?
«E come mi vorresti vestita? Andiamo, sai benissimo che così sono più utile: se qualcuno non starà facendo pensieri sconci sulla sottoscritta sarà sicuramente uno dei traditori!»
E lasciandolo con un palmo di naso infilò la porta.

...continua...

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