RACCONTO: Diario di un assassino - XIV
E quindi è finita. Dopo tre giorni di navigazione sono
sbarcato a Ostia e da lì mi sono diretto con i pochi compagni rimasti dall’isola
delle ombre al Magisterium di riferimento per ricevere la nostra assegnazione.
Come al solito, la mancanza cronica di donne mi ha fatto
fare tardi, troppa è stata l’astinenza che lungo la via mi sono fermato un
intero giorno e una notte in un lupanare. Che spreco di soldi, eppure che bella
spesa… ma sto divagando, chissà che penserà di me la mia Maestra a leggere
questi rotoli.
Sono diventati cinque nel frattempo, ironia della sorte ho
racchiuso nell’ultimo i segreti del Magisterium Mercurialis, compresa la
dislocazione dell’isola – ora so dove andare – e la parola d’ordine per poter
sbarcare in sicurezza.
L’entrata al magisterium è stata quanto meno imbarazzante.
Di certo, non potevo prevedere che la Magistra Antinea fosse una così bella
donna a quarantadue anni suonati, ma tant’è… ormai la figuraccia è fatta e poco
posso aggiungere. Anche se mi sono sentito un emerito cretino, riportare qui
quell’episodio mi fa ancora sorridere: se non altro la Magistra ha il senso
dell’umorismo.
Ora, solitamente ci si aspetta che, alla convocazione
proprio dal capo del tuo ordine, si venga fatti entrare in uno studium ben
sorvegliato, pieno di gente e di scribacchini che riportino su tavolette gli
ordini, specialmente in piena guerra. Perlomeno, quella era la mia
destinazione. La sede del Magisterium Minervius però è molto ricca e racchiude
tre giardini disposti su livelli digradanti lungo la pendice del colle su cui è
costruito, mimetizzato dietro la facciata della Biblioteca delle terme di
Diocleziano, con un accesso indipendente proprio alle terme. Passando di là è
impossibile non imbattersi in schiavi e servitori che si prendono cura delle
piante dei giardini e tra di essi c’era questa gran bella donna, una rossa
molto composta che stava curando un cespuglio di rose.
Al che, passandole accanto, mi sono soffermato a guardarla
meglio e mi è scappato detto un complimento, qualcosa del tipo: “ah, mia
signora, la tua pelle sembra essere più vellutata dei petali di quelle rose che
curi. Potessi avere l’onore di sfiorarla per sincerarmene…”
Lei, con molto spirito mi risponde: “Attento, potresti
trovarti tra le mani un fascio di spine.”
Questo mi ha fatto ridere e replicare a mia volta che ne
sarebbe valsa la pena.
Quando sono arrivato allo studio la magistra non c’era e ho
dovuto attendere che mi raggiungesse, non posso dire lo stupore che mi ha colto
a riconoscere in lei, così sublime ed eterea, la stessa cortigiana che pensavo
di aver corteggiato nel giardino. Credo di essere anche lievemente sbiancato,
visto il suo sorrisetto saputo, immagino bene cosa debba aver pensato di me:
che fossi uno screanzato, uno figlio di lupa o chissà quale altro pensiero di
infima lega le sia passato per la mente. Dopotutto, era la prima volta che ci
vedevamo in viso, per cui è presumibile che nel giardino non mi avesse
riconosciuto, mentre nello studio sì.
È stato mortificante, lo ammetto. Ho rivisto per un attimo
in lei la mia Maestra, che mi guardava con riprovazione e mi sono sentito in
dovere di scursarmi per il mio comportamento grossolano. E lei, per tutta
risposta, dopo avermi tenuto sulle corde con quel silenzio snervante per almeno
una clessidra mi dice, pacata e soave: “È stato inopportuno, sì, ti avesse
sentito mio marito ora faresti i conti con i suoi pugni. Ma… anche se non ha
funzionato, puoi sempre riprovarci. È divertente vedere come i miei sapienti si
ingegnano per avere i miei… favori.”
Lì per lì ho creduto che sarei morto di vergogna. Mi sono
reso conto di quanto sia stato ridicolo solo in seguito, dopo esser stato
congedato e allora sì che mi sono messo a ridere. Numi, che figura da imbecille
che ho fatto!
Tornando alle cose serie, sono stato assegnato a una coorte
di recente costituzione, dislocata sul fronte orientale in Syria. La coorte
XVII, composta da due mastini, un explorator e una divinatrix/sapiens con
specializzazione medica che sembra incapace di gestire i mastini. Io dovrei
subentrare nel ruolo, oltre che di sapiente, anche come ombra di Mercurio a
supporto di questa coorte.
Ho fatto in questi ultimi tre giorni – oltre che il pieno di
donne (certe popolane del ceto medio sono davvero focose…) – alcune indagini su
questi miei compagni e la cosa non è confortante. Soprattutto perché mi sono
dovuto infiltrare di notte nell’archivio della Specula, mi sento quasi di casa
a dir la verità, a controllare e smazzarmi una bella botta di fascicoli sui
vari componenti.
Dal momento che non sono ancora morti, deduco che bene o
male riescano a tener botta anche se i mastini perdono il controllo, visto e
considerato che come coorte operano in una delle zone più calde della rivolta
dei riformisti, e con un sapiente che non è in grado di fermarli è un miracolo
che siano ancora vivi.
La scoperta che proprio in virtù di questo sono considerati
dalle alte sfere poco più di carne da macello e il sapere di essere a mia volta
considerato tale – mi avrebbero assegnato a un’altra coorte altrimenti, no? – è
piuttosto deludente e avvilente. Pensavo di essere tenuto in maggior
considerazione. In fin dei conti, pare abbiano fallito la prova, disperdendosi
e causando la morte della conciliatrix, una certa Dafne. Una squadra che non
riesce a coordinarsi, non vale molto in effetti.
Beh, ora sono di nuovo in viaggio, destinazione Antiochia.
Tutto ricomincia… e chissà quando potrò comunicare con la mia Maestra e
trasmetterle in modo sicuro queste informazioni.
ME VERGOGNO COME N'ASSASSINO - ICS I VU
RispondiEliminaJ'avemo fatta. Doppo tre giorni su 'sta bagnarola so' sceso a Ostia e da lì col resto dela cricca semo arivati ar Catasto pe' l'assegnazione dell'incarico.
Siccome che tutto er viaggio nun ho trombato pe' gnente e dovevo da sgrava', me so' fermato un giorno ntero su un beddenbrecfast: "Gnocca cor sugo". Me so' fatto fori un mese de stipendio, ma stica... aho' guarda si so' scemo, se quarcuno legge 'sti rotoli chissà che se pensa. Intanto però n'ho scritti cinque, de papiri. Vabbé aho': da quarche parte ho segnato l'indirizzo der Catasto e 'a password de Ggimail, mo' valli a ritrova'!
Quanno so' arivato ar Catasto me sarei nascosto sotto un sasso. 'Nsomma entro dentro e te 'ncontro 'sta gran sorca che sta a fa' cicoria ner cortile. Je faccio: "Aho', che bella cicorietta fresca signori'. Che me la fai assaggia'?". E lei: "Oh jovane, te tu 'stattento, che l'è ortica. Ci vo' a bollilla, a meno che tu non c'hai il pelo sullo stomaho.".
Poi arivo su in ufficio, e chi t'aritrovo? Sempre lei! Nun era l'impiegata der comune? Ma li morta'... me so' magnato i gomiti. Me da' 'na guardata e me fa: "Te tu sai come chiamano il mi' marito? Il bagnino, perché se ti prende ti piega come una sdraietta. Attentento a te jovane, un'altra volta fatti le cicoriette tue, maremma buhaiola!"
E me la so' presa in quer posto.
Alla fine m'ha assegnato ai lavori pe' la Metro C de Roma, quelli che finischeno (forse) ner MMXVII, insieme cor Medusa, er Cipolla e Martina Pariolina. In pratica je devo aregge er moccolo e cambia' canale sur televisore al bar quanno c'è 'a partita della Roma. Me vergogno come n'assasssino.
Mo' so' ripartito, sto sotto la metro. Devo da controlla' Facebook... e te pareva: NUN ME PRENNE ER CELLULAREEE!!!
AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH!!!
EliminaOsiride, aiutami tu! Mai riso tanto per un commento in vita mia!!!!
E comunque, altro che Parioli! Tuscia, se fosse dde Roma, sarebbe trasteverina...
EliminaAhahahah! Mi associo a Bastet, è uno spettacolo!!
RispondiEliminaE' così ben realizzato che potrebbe diventare una saga parallela! (Sempre se Azia non ci uccida tutti prima del prossimo racconto!)
Ommioddiommioddiomioddiooooooo!!!
RispondiEliminaMa come si può leggere un commento del genere in fila all'ufficio protocollo e non tirar giù tutto dalle risate, attirandosi occhiate stranite da parte delle altre persone in coda?!
Davide... MITTICCO!!!! (alla Homer Simpson)