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RACCONTI: Il fuoco di Vesta - cap. 5


«Myra, se dovesse tornare mio marito, digli che sono uscita. Da sola.»
Bastet si tirò sulla testa la semplice palla1 color terra e uscì dalla porta di servizio, passando dalla fresca penombra della casa all'assolata confusione di una via laterale dell'Urbe.
“Sola” era una parola decisamente grossa. Con la coda dell'occhio vide strani movimenti, sui tetti e tra la folla. Sorrise: dalla loro domus non poteva uscire neanche un topo senza che la coorte della Legio M Ultima assegnata alla loro protezione – quasi tutti del magisterium Mercurialis2 - non lo sapesse. E ora probabilmente almeno tre di loro la stavano seguendo. Sperò di tutto cuore che almeno uno di loro fosse una donna, perché nessun uomo poteva seguirla fino alla sua vera destinazione.
Ci volle quasi un'ora di cammino tra i vicoli affollati...un attimo di pace in una vita piena di preoccupazioni per la sua famiglia e la sua terra. Faceva caldo, un caldo umidiccio e afoso che le fece rimpiangere il vento secco di Khem. Ma d'altronde, il tempio di Vesta era accessibile alle donne comuni solo durante le grandi feste: e quello era il terzo giorno delle Vestalia3.

Giunse fino ai gradini che circondavano il tempio rotondo e lì si fermò, levando lo sguardo fin sull'architrave, dove le colonne sottili incontravano il tetto.
A differenza della maggior parte dei templi di Roma e dell'Ellade, dalla pianta rettangolare, quello di Vesta dopo secoli conservava ancora una pianta circolare, in memoria di quando a proteggere il fuoco sacro era stata solo una capanna di rami e fango.
Si confuse tra le altre donne – di ogni età e condizione, dalle patrizie accompagnate dalle schiave alle semplici popolane - e si preparò ad entrare. La guardia accanto alla porta le scrutò una ad una, passando loro lo sguardo lungo il corpo in un modo che in altre situazioni sarebbe sembrato scandaloso, ma che lì era semplicemente un sincerarsi che davanti a lui ci fosse una donna e non un uomo travestito. La profanazione di sessant'anni prima bruciava ancora nel cuore di molti, per non parlare dello scandalo della Bona Dea: ancora prima dell'Impero, un uomo aveva osato assistere alle sacre cerimonie della Dea il cui nome non poteva essere pronunciato, e se l'era cavata solo per la sua influenza politica.
Ma la Dea ricorda ancora il suo nome, e anche gli uomini, rifletté Bastet entrando nel tempio.

L'interno era piuttosto piccolo e spoglio per un edificio così importante. Le pareti erano rivestite di marmo bianco, su cui le fiamme del grande braciere incassato nel pavimento gettavano una luce dorata e guizzante. L'aria era profumata di incenso e della resina di pino del legno che alimentava il fuoco.
Accanto ad esso, ovviamente, la vestale preposta alla custodia. Nonostante ci si riferisse a loro sempre come alle “sei” Vestali, in realtà di solito erano diciotto: le sei novizie che impiegavano i primi dieci anni ad apprendere le conoscenze e i doveri propri di quella sacra carica; poi le Vestali propriamente dette, e infine le sacerdotesse anziane, maestre delle novizie, che si alternavano a coloro che le avrebbero seguite nella cura del fuoco4.
Bastet scrutò pensosamente il volto della sacerdotessa. Doveva avere circa una trentina d'anni, ma aveva quell'aria serena e senza età di chi non vive gli affanni quotidiani...o ha trovato un modo per non lasciarsi opprimere da essi. Perché persino in una confraternita di sante sorelle come quella e come quelle che lei aveva fondato e guidato a Khem la vita non era esattamente rose e fiori: c'erano sempre intrighi, antipatie e faide...erano pochi, tra sacerdoti e sacerdotesse, a mettere davanti a tutto il servizio agli dei e non le proprie fisime e ambizioni personali.
Pensò per un attimo di confidarsi con lei – che Vesta parlasse a tutte le sue sacerdotesse? - ma poi pensò all'espressione di Selene mentre le parlava e decise che non era il caso di parlare con un'estranea, seppure si trattasse di una Vestale, di un argomento così intimo.

Tutt'attorno al muro il marmo si curvava in una comoda panca, per permettere un attimo di riposo e di contemplare in silenzio quella che era la presenza viva e reale della dea. Bastet si sedette e concentrò lo sguardo sulle fiamme che danzavano ritmicamente.
Si sentì vagamente a disagio. Una cosa era incontrare le divinità faccia a faccia, da pari a pari. Un'altra cosa era rivolgere lo sguardo al lararium5 della domus Tigrane, lì a Roma, o ai piccoli templi dei loro palazzi di Thebae e Alexandria, decorati con immagini e statue in cui l'antica tradizione egiziana si fondeva con le forme romane. Ma lì era tutto terribilmente fuori posto...non c'era nulla della familiarità che la avvolgeva guardando le statue di Iside, Hator e Maat.
Però c'era il fuoco. Dove c'era il fuoco c'erano calore e vita. C'era un baluardo contro le tenebre che avvolgevano il mondo durante la notte, c'era cibo cotto che rinfrancava il corpo, e il calore della famiglia che si stringeva attorno al focolare...
Mentre era persa in quei pensieri, le venne alla mente una preghiera che era stata antica quando Roma era solo un villaggio di fuggiaschi sparsi su sette colli, e cominciò a mormorarla a fior di labbra.

«Fiamma del Focolare
Guardiana del Cerchio Interiore
Senza Volto
Primogenita degli Olimpii
Signora della Dispensa
Le cui mani aperte donano ospitalità
Fuoco della cucina e del focolare
Signora delle cose di ogni giorno...»6

E, incredibilmente, sentì una risposta. Quasi cadde dalla panca quando sentì una voce femminile risuonarle dentro.
Signora, tu mi onori. Sii la benvenuta nella mia casa.
Bastet deglutì.
«Non sono più una dea...parli a tutte coloro che accorrono al tuo braciere?»
La voce assunse un tono divertito.
Può darsi.
Silenzio. Ci volle un tempo che parve un'eternità quando Bastet si decise a chiedere:
«Perché Selene? Perché mia figlia?»
Qualcuno ti direbbe che l'ho scelta perché è di nascita nobile e perché ha dei grandi doni, ma tu sai bene quanto me come vanno queste cose. L'ho scelta perché ha un grande cuore e una grande fede. Non serve altro, lo sai.
Bastet si tirò la palla fino a coprire il volto. Non voleva che le altre donne la vedessero piangere.
«Signora della fiamma, non mi sento pronta...mio figlio è partito per servire Roma, e adesso...rimarrò sola...»
Hai tuo marito, e hai un compito da svolgere...che è lo stesso che svolgevi quando eri una dea: proteggere Aegyptus. Non sei sola. Non è questo che hai sempre insegnato ai tuoi figli e a tutti quelli che conosci? A guardare l'orizzonte, il cielo e la terra, e sentirci vicino?
«Tu non sai cosa si prova a veder crescere i tuoi figli! Tu non sei madre!»
Appena lo ebbe detto sentì un gelo improvviso avvolgerla. Non riusciva più a muoversi...presa dal panico, Bastet cominciò a dibattersi, senza che un solo muscolo le obbedisse. La voce di Vesta tornò, questa volta bassa e cupa.
Io c'ero, quando il cuore dell'uomo si dibatteva furioso nel terrore delle tenebre. Io ho cotto i mattoni che hanno costruito le città. Le mie fiamme hanno illuminato tragedie senza fine e gioia senza pari. Come me, hai vegliato su tutto il tuo popolo, prima di essere una di loro. Hai pianto con loro, riso con loro, conosciuto le tue sacerdotesse quando erano appena state concepite nel grembo delle loro madri. Hai portato Cumar e Selene in grembo come hai fatto con tutti coloro che hai seguito quando eri l'Occhio di Ra, hai partorito i figli della tua carne come hai partorito quelli della tua anima. Non lasciare che il dolore ti consumi, o tutte le tue sofferenze saranno state vane.
Quello, più di qualunque altra cosa, la riscosse.
La vendetta di suo padre forse non era stato tanto esiliarla tra i mortali e condividere lo stesso fato – la sofferenza, la vecchiaia, la morte – quanto l'aver conservato tutti i suoi ricordi di dea, ed essere costretta a confrontare l'infinita saggezza e amore che aveva una volta con quel dolore che adesso la spezzava dentro.
Capirai. Imparerai, signora di Khem. Anche se adesso sei di carne e sangue, gli dei non si dimenticano di te. Abbi fede...
Il tono consolante la fece crollare definitivamente e iniziò a singhiozzare senza freni, tanto che sentì una mano gentile scuoterla e vide il volto della vestale sorriderle preoccupato oltre il velo. La presenza di Vesta scomparve dolcemente, lasciandole solo uno strano senso di conforto.

«Ti senti bene? Vuoi entrare un attimo nel giardino a rinfrescarti?»
Era un grande gesto di gentilezza. Bastet si lasciò guidare verso una porta laterale mentre la sacerdotessa chiamava una delle sue compagne a sostituirla, poi entrarono in un ampio giardino cintato. Era un luogo sereno e tranquillo, come se fossero a mille miglia dalle vie dell'Urbe.
La vestale la fece sedere su una panca accanto alla grande vasca rettangolare che occupava il centro del giardino e l'egiziana si accorse che le statue che lo circondavano non raffiguravano divinità, ne' la dea del fuoco stessa, bensì le vestali maxime che nei secoli si erano succedute.
Flavia Publicia...Campia Severina...Terenzia Rufia...quando lesse finalmente il nome di Celia Concordia, la vestale che aveva preferito morire pur di non infrangere i suoi doveri, Bastet le lanciò una preghiera accorata, sperando che le sue parole venissero udite dall'anziana sacerdotessa nei Campi Elisi.
Tu che sei cara alla Signora di questo luogo, ti prego, veglia su mia figlia, se è il volere della Dea ti prego, non lasciarla sola...

Circa un mese dopo al tempio di Giove Capitolino avvennero i sorteggi per estrarre i nomi delle nuove vestali. Nonostante molte delle famiglie dell'aristocrazia antica storgessero il naso al pensiero che una piccola egiziana entrasse a far parte dell'enclave delle sacerdotesse del fuoco, il sorteggio non aveva lasciato alcun dubbio...era stato il pontifex maximus stesso, uomo di provata fedeltà agli antichi valori di Roma, a estrarre il nome di Selene filia Tigrane. Non c'era stata alcuna possibilità di corruzione, eppure a nessuno sfuggì che ne' il princeps Elios, né sua moglie, ne' il giovane Cumar che per l'occasione era ricomparso da chissà dove, sembravano sorpresi dalla cosa.
Avevano abbracciato la bambina che sembrava pazza di gioia, come se dietro quell'incarico ci fosse qualcosa di diverso da una semplice carica istituzionale, e il giorno dopo l'avevano accompagnata al tempio di Vesta con le altre prescelte.
Nessuno di loro aveva notato il feroce controllo con cui la madre teneva a freno le lacrime, ne' il modo con cui il marito la stringeva per impedirle di correre dietro alla piccola Selene mentre saliva i gradini del tempio, per scomparire dietro alle grandi porte bronzee, per appartenere a Vesta e a Roma per sempre.


Note
1 - Palla: ampio scialle con cui le donne si coprivano la testa e la parte superiore del corpo
2 - Magisterium Mercurialis: La sezione più segreta della Specula, che addestra le spie.
3 - Vestalia: la festa principale dedicata alla Dea, si svolgeva dal 9 al 15 giugno. http://www.liceostellini.it/feste/fr/vestalia.htm
4 - Questa in realtà è una mia licenza letteraria.
5 - Lararium: piccola edicola, presente in tutte le case romane, in cui si effettuavano libagioni quotidiane ai lares (gli antenati), ai penati (i geni protettori della famiglia) e alle divinità a cui la famiglia era particolarmente devota.
6 - Per questa preghiera moderna – e per molte altre – ringrazio Eilantha di casadelladea.blogspot.com

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