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RACCONTI: Il Fuoco di Vesta - Capitolo 2


284 a.C, 1037 a.U.c, Moesia1

«Blasfemia!!!»
L'urlo di Giulia Varrone scosse gli uomini chini sulla mappa. La donna si accasciò a terra piangendo e graffiandosi il viso. Elios e Zarich le furono subito accanto.
«Lo hanno profanato! La dea ha abbandonato Roma!» ululò come una furia, e persino Diocle e Lucio impallidirono. Elios e Zarich si scambiarono uno sguardo preoccupato e riuscirono a portarla su una sedia.
«Giulia, cosa vedi? Lascia che la tua visione si espanda, ascolta le mie parole e dimmi cosa vedi...»
La voce cantilenante di Zarich riuscì a penetrare oltre il terrore della veggente, che cominciò a parlare con voce rauca.
«Ceionio Varo...il suo padrone gli aveva comandato di prendere il palladio...le vestali si sono uccise pur di non cederglielo! Gli uomini hanno dimenticato la pietas2. Vesta ha distolto lo sguardo da Roma, e la città su cui ha vegliato fin dalla sua fondazione non gode più del suo favore. Fino a che gli uomini non avranno di nuovo fede, il palladio non ricomparirà!»
La voce della donna era diventata improvvisamente vecchia mentre le ultime parole risuonavano nell'aria. Con un brivido, Lucio riconobbe la voce della vestale maxima.
Diocle esplose. «Com'è possibile? Le tue spie a Roma avrebbero dovuto...»
«Non immaginavo che sarebbe giunto a tanto....» mormorò l'altro, sconvolto.
«Carino voleva la cosa più preziosa di Roma per vincere la battaglia...e secondo lui era il palladio.» rispose Giulia, la cui voce era tornata normale. Raccontò dell'assedio, della presa per fame, e delle sacerdotesse che si erano suicidate pur di non cedere e mostrare dov'era nascosta la statua. Finito il resoconto, allungò una mano e Elios le passò un boccale di vino, che lei mandò giù tutto d'un fiato.
«Si è messo nelle nostre mani da solo!» tuonò il generale con una smorfia truce in volto. «Appena gli uomini lo sapranno...» «Non è questione di propaganda, Diocle!» urlò Lucio, furibondo come l'amico di una vita non l'aveva mai visto. «La madre di Romolo e Remo era una vestale! Il culto della dea del fuoco è il più antico di Roma! Se Vesta ha abbandonato Roma, può darsi che sia la fine...»
Diocle annuì pensosamente. «Non facciamo parola della sparizione della statua. Con nessuno.» e uscì dalla tenda, facendo cenno agli altri di seguirlo. Disse ai trombettieri di suonare l'adunata e salì su un carro in modo che tutti potessero vederlo.
In breve tempo, tutti i legionari si radunarono, chiedendosi cosa potesse essere successo. Il generale fece un ampio gesto con il braccio e cadde il silenzio.
«Legionari!
Fin da quando mi avete dato il titolo di imperator a Nicomedia, mi sono chiesto il perché di questo grande onore. Di bravi generali ce ne sono a dozzine, nel nostro esercito, che forse meriterebbero la porpora più di me. Ma oggi...oggi ho capito il perché.
Ceionio Varo, il praefectus urbi agli ordini di Carino, ha profanato il tempio di Vesta, uccidendo le sacerdotesse della Dea del Fuoco.»
Le parole avevano appena finito di riecheggiare nel silenzio che i soldati cominciarono a mormorare. «Non è possibile!» «Perché avrebbe dovuto farlo?»
«Un oracolo gli aveva ordinato di avere con sé il tesoro più grande di Roma per vincere la battaglia....e lui ha ritenuto fosse il palladio. Per averlo, Ceionio non ha esitato a trucidare le madri del nostro popolo, le vestali sono morte, ma il palladio è salvo.»
Nessuno di loro, neanche Lucio Rubinus Antineo che apparteneva a una delle famiglie più antiche di Roma, aveva mai visto l'antica statua. Ma tutti sapevano che era il simbolo della protezione degli dei sulla città. E il tempio di Vesta con le sue sacerdotesse...era una cosa che persino gli alleati barbari riuscivano a capire. Il fuoco della casa, che consente di cuocere il cibo e scaldare i figli infreddoliti, quello che ogni sposa portava dalla famiglia paterna al nuovo focolare. Il fuoco di Vesta era il focolare dell'intero impero.
«Mi avete voluto vostro imperator perché vendicassi quest'infamia! Dimostreremo a Carino quali sono i veri tesori di Roma: la pietas, il rispetto verso gli dei e la famiglia, e la virtus, il coraggio e la forza che ogni soldato qui porta con sé in abbondanza! Saremo la mano degli dei, e vendicheremo la dea del fuoco!»


284 a.C, 1037 a.U.c, Roma

Ceionio Varo e i suoi sgherri non ebbero il tempo di vedere la sconfitta del loro imperator nella battaglia di Margus qualche mese dopo, né l'ingresso trionfale di Diocle – anzi, dell'imperator Gaio Aurelio Valerio Diocleziano – a Roma. Una delle schiave delle vestali era riuscita quella stessa notte a sfuggire alla cella dove l'avevano rinchiusa le guardie pretoriane di Ceionio, riuscendo a raggiungere il rex sacrorum3 e a raccontargli della congiura. Fabio si era precipitato all'atrium Vestae con un pugno di fedelissimi che aveva sconfitto le guardie, ed era entrato nel tempio da solo. Ne era uscito pallido e sconvolto, piegandosi a vomitare appena fuori dalla porta per l'orrore.
«Le vestali sono morte! Trovateli! Trovate quei profanatori!» Mentre i vigiles partivano come una muta di segugi, Fabio era rientrato da solo nel tempio, cercando in tutti i modi di non guardare i resti carbonizzati accanto al braciere che, nonostante tutto, continuava ancora ad ardere. Raggiunse il muro opposto alla porta, poi prese lo scalpello che aveva portato con sé e lo infilzò in una delle scanalature che decoravano il marmo. Fece forza e la lastra si aprì come una porta, facendo cadere l'intonaco che ne occultava i bordi.
Preso dall'orrore, il sacerdote si rese conto che la nicchia era vuota. Lui era uno dei pochi, assieme alle vestali, ad avere il privilegio di vedere la sacra statua. La tiravano fuori da quel sacello una volta l'anno per le abluzioni rituali, e mai occhio indegno l'aveva profanata. L'aveva presa Ceionio? Oppure...
Fabio non riuscì a finire quel pensiero. Se le vestali erano riuscite a nascondere la statua prima che quel maledetto potesse prenderla, allora forse il palladio era perduto per sempre.

Vennero presi alle stalle della Regia, mentre sellavano i cavalli e portavano via con sé tutti i preziosi che erano riusciti a trafugare. Fu un miracolo se la folla, venuta a conoscenza del sacrilegio, non li aveva linciati sul posto. C'erano già diversi pali per le crocefissioni tirati su alla bell'e meglio quando Fabio era arrivato.
«Indietro! Devo parlare con questi profanatori.»
Gli avevano scaraventato Ceionio, pesto e sanguinante, ai piedi, e il vecchio lo aveva scrollato senza badare ai suoi lamenti.
«Dov'è il palladio?» sibilò il rex, senza farsi sentire dagli altri.
«Risparmiami...ho solo eseguito gli ordini...»mormorò Ceionio, la voce mozza per le percosse e i denti mancanti.
«Dimmi dov'è e sarai trattato equamente. Parla!»
«Si sono uccise piuttosto che dirmelo, non so niente, non so niente...»
Che gli dei ci aiutino.
Fabio lasciò cadere a terra l'uomo e gli sputò addosso.
«Cane! Hai dissacrato la tua stessa casa, attirando l'ira degli dei su di noi! Ma per fortuna il palladio è salvo, il sacrificio delle vestali non è stato vano!»
«Vogliamo vederli morti!» «Lanciamoli alle fiere del circo!»
«No» sorrise Fabio. «Rispetteremo le tradizioni dei nostri antenati.»


Convocarono in tutta fretta il collegio degli auguri, e tutti gli auspici lanciati furono unanimi. Coloro che avevano profanato la religione dei padri dovevano morire con la poena cullei.
La mattina dopo una folla si era raccolta sul Tevere, e una ventina di sacchi erano stati lanciati nelle acque turbinose. Uno per ogni traditore, vivo, assieme a un serpente, un cane e un gallo. La pena dei parricidi, per chi aveva oltraggiato il culto più antico di Roma.
Il rex sacrorum assistette impassibile alla scena, poi ascoltò il giuramento di fedeltà al Senato del nuovo praefectus urbi...in attesa di chiarire il ruolo dell'imperator in tutta quella faccenda.
Le cerimonie funebri destinate alle vestali sarebbero state degne della loro virtus. Mentre osservava il fumo delle pire salire al cielo, Fabio si chiese per quanto sarebbe riuscito a mantenere il segreto della sparizione del palladio...solo lui lo sapeva, era rimasto l'ultimo vivente ad averlo visto dopo che il suo predecessore era morto qualche mese prima. La notizia della scomparsa di un simile talismano avrebbe potuto scatenare il panico, oltre che una rivolta di proporzioni mai viste.
Mise personalmente una statua di Minerva trovata nella Casa delle Vestali al posto del palladio, poi decise di parlarne all'imperator, una volta che fosse stata accertata la sua innocenza. E sopratutto, avrebbe dovuto purificare il tempio, e far venire altre vestali affinché il servizio alla Dea non fosse interrotto...ma si chiese, angosciato, se la dea sarebbe mai tornata.


Note:
1 -Moesia: provincia romana corrispondente a parte del corso del basso Danubio, comprendeva parti della Serbia, della Bulgaria e della Macedonia.
2 - Pietas: il legame di rispetto e onore che legava i figli ai genitori e gli uomini agli dei.
3 - Rex Sacrorum: la carica religiosa più importante a Roma dopo quella del Pontifex Maximus. Quest'ultima in epoca imperiale era attributo dell'imperatore; ho pensato che il rex sacrorum potesse sostituire il pontifex maximus in caso l'imperatore non fosse presente o impossibilitato a svolgere i doveri rituali.

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