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BRANO: L'isola di Nettuno


«Azia… tu che dici?»
«Sei tu il capo. Tu decidi.»
Marzio trattenne il respiro. Contò fino a cinque. Voleva arrivare a dieci, ma non ci riuscì e scattò in piedi, facendole segno con uno scatto secco del braccio la direzione da prendere e sbottando: «Io e te dobbiamo parlare, donna. Adesso.»
Azia si alzò di malavoglia e si avviò verso la palude. Come gli passò davanti, Marzio chiese congedo dal gruppetto e si avviò dietro di lei, reprimendo un brivido quando, non appena furono fuori dal cerchio di luce del falò la spada comparve sulle spalle della donna.
Lui si fermò, bloccandosi alla realizzazione che davanti a lui vi era il nero buio.
Buio.
«Lumen.» La voce di Azia spezzò il silenzio come un bagliore rosso spezzò il buio.
Marzio appuntò lo sguardo sulla luce e si affiancò alla donna fermandola quando sentì sotto ai piedi il terreno diventare più molliccio. Erano abbastanza distanti dagli altri da non essere sentiti. Fissò lo sguardo sulla spada accesa di un’innaturale luce rossa illuminando tutto intorno come una torcia.
«La vuoi piantare con questa storia, dannazione? Sei tu il comandante!»
Lei lo fronteggiò guardandolo dal basso della sua statura con spavalderia. Azia doveva alzare la testa per guardarlo in viso, ma non sembrava affatto scomoda. «Dimentichi che ti ho ceduto il comando?»
«Perché?»
«Sei il mio vice. Non siamo in missione e non puoi fare più danni o inguaiarci più di quanto non lo siamo già. È un ottimo campo di allenamento.»
«Sei proprio stronza, lo sai?»
«Direi pratica.»
«Fottiti.»
Lei fece un sorriso. Un sorriso vero, grondante acido da tanto erano freddi e spettrali i suoi occhi che, con la luce rossa della spada, avevano assunto tonalità sanguigne da brividi. Marzio avrebbe tanto voluto sapere se era umana o meno, giunti a quel punto: non era naturale che una persona normale fosse così fredda, distaccata. Era inumano quel comportamento. 

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