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BRANI: L'isola di Nettuno - Naufragio

Mangiarono silenziosi, guardando la notte avanzare e la luna sorgere, cercando di ricordare qualcosa, qualsiasi cosa della sera prima e del naufragio, ma era come se qualcuno avesse passato uno straccio bagnato su un dipinto. Era tutto un marasma confuso di luci, ombre e colori, tutto ovattato come se non li toccasse, come se fosse un sogno. 
Quando si stesero a dormire Azia rimase a lungo a guardare il cielo, preoccupata. Gli altri non avevano alzato la testa dal loro pasto e si erano infilati direttamente nella tenda per dormire e riposare. 
Ma lei aveva guardato il cielo. 
E lo aveva guardato ancora e ancora adesso lo guardava e più lo guardava, più era sgomenta. 
Toccò la sua spada e la sentì calda come sempre. Keris, la Plutonis Furia non era fatta di normale metallo, non era mai fredda. Almeno quello era normale. 
«Temo, amica mia, che siamo finiti in un guaio. E di quelli belli grossi. Probabilmente da catalogare come “leggendario”.» Mormorò, insonne e sempre più sgomenta, Azia alla sua spada, gli occhi fissi al cielo nero come l’inchiostro illuminato fiocamente da una luna rosata ancora bassa sull’orizzonte. Una luna che rischiarava una volta celeste priva di stelle.

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