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RACCONTI: Il prezzo da pagare



Lo spioncino si aprì, lasciando intravvedere solo un movimento indistinto nel buio.
"Parola d'ordine."
"Semper fidelis."
Il pesante portone di legno e ferro girò senza il minimo rumore sui cardini ben oliati e un uomo in lorica comparve nel foro della porta.
"Scusate, Imperator, è la procedura."
Diocleziano annuì, facendo cenno alle sue guardie del corpo di restare fuori, ed entrò. Quelle precauzioni le aveva fatte mettere lui stesso, assieme a due sapienti - nascosti dietro una spessa tenda nell'anticamera - che avevano il compito di verificare l'identità di ogni visitatore. Persino la sua.
Perchè il luogo dove si trovavano era uno dei più segreti dell'Impero, forse solo il telesterion1 del santuario di Eleusi lo superava. Di solito era detto "la gabbia dei matti", ma il suo nome ufficiale era La Fucina. La sede centrale dello Studium Minervius.
I due superarono diversi ampi corridoi in cui si aprivano svariate porte e in cui ferveva un'attività continua. Passava gente carica di ampolle, rotoli di pergamena, strumenti dall'aria strana e, in un caso, una donna che correva come se avesse avuto le Arpie alle calcagna reggendo un vaso da cui fuoriusciva un denso fumo verdastro.
"Non vi annoiate mai qui dentro, vero?"
La guardia rimase sorpresa, aveva sentito dire che Diocleziano era una persona molto più alla mano di quanto sembrasse...
"Alla terza esplosione ci si fa l'abitudine, mio Imperator."
Porta dopo porta vennero sottoposti ad altri controlli, finché non giunsero davanti all'ultima. Trovarono un sapiente in tunica nera lunga ad attenderli: dall'aspetto sembrava egiziano, ma la pelle era decisamente pallida, come se vedesse molto poco il sole.
"Diocleziano, è sempre una gioia vedervi." "Ishaq. Mi sembrano passati mesi dall'ultima visita." I due si affiancarono e cominciarono a percorrere il corridoio, seguiti a rispettosa distanza dalla guardia.
"Infatti sono mesi. Quello che continuo a chiedermi è perché continuiate a venirlo a trovare."
L'Imperator sospirò e per un attimo il Doctor sapienzialis vide tutto il peso che gravava sulle spalle dell'uomo. Un impero che si estendeva dall'Atlantico ai monti dell'Armenia, milioni di bocche da sfamare e da tenere al sicuro. Era per questo che era nata la Specula. Era per questo che avevano dovuto fare quello che avevano fatto.
“Alcuni miei commilitoni dicevano di vedere nei loro sogni le facce degli uomini che avevano ucciso. Se succedesse a me, non riuscirei più a chiudere occhio.” Ishaq rimase perplesso.
“Ma...questo non lo avete ucciso. Anzi, gode di ottima salute.”
Il peggior nemico di Roma è Roma stessa. E per difenderla saranno necessari dei sacrifici.

Giunsero in un'enorme sala scavata nella roccia, simile alla rotonda della vecchia Domus Aurea. Dall'oculo del soffitto giungeva la luce della giornata di sole fuori da quelle mura, tanto che i due uomini dovettero strizzare gli occhi prima di farsi avanti.
L'ambiente era occupato quasi del tutto da una gigantesca gabbia di pietra, delle dimensioni di una piccola casa. Anzi, c'era effettivamente una casa lì dentro, una casupola cubica anch'essa scavata nella roccia. Le sbarre della gabbia erano grosse come la coscia di un uomo, e lasciavano fori altrettanto larghi. Quattro guardie ben armate la circondavano, intervallate da altrettanti sapienti.
A un cenno di Ishaq, una delle guardie andò a prendere una panca e la depose accanto alla porta della gabbia. Diocleziano vi si sedette con un gemito a fior di labbra – quell'autunno la sciatica lo stava tormentando come mai prima – e la pesante porta in legno e ferro venne aperta. Oltre ad essa vi era un'altra porta, in robuste sbarre di ferro che, gli avevano assicurato, avrebbe resistito alla carica di un bufalo.
Il doctor agitò una campanella che si trovava accanto alla porta e un uomo comparve dall'altra parte della grata.
Dall'aspetto aveva circa vent'anni, ma Diocleziano sapeva che ne aveva trentacinque. Alto, con i capelli scuri tagliati corti, muscoloso come ogni legionario, e con un'aria tranquilla.
“Ave, Imperator.”
“Ave, Druso. Come ti senti?”
“Bene”.
Sempre la solita risposta da quindici anni.
Chiacchierarono del più e del meno. Druso chiese notizie del mondo esterno e Diocleziano gli fece un resoconto accurato, ben sapendo che comunque diversi conciliatores in addestramento facevano i loro turni lì dentro per narrargli cosa succedeva nell'impero, per distrarlo e rallegrarlo. Allo stesso modo, gli venivano lette e passate su pergamena tutte le opere più interessanti pubblicate dalla Britannia a Aegyptus. Ad un certo punto l'imperator si alzò, arrivò alla grata e gli porse – tenendosi il più possibile a distanza – un plico di pergamene. L'uomo le afferrò con avidità, mentre i suoi occhi si illuminavano.
“E' questa la cosa più pesante, sapete? Non la reclusione...la separazione dalla mia famiglia...”
Diocleziano annuì. “Lo immagino...comunque stanno tutti bene, me ne occupo personalmente. Antonio sta proseguendo gli studi, diventerà un ottimo avvocato, mentre a quanto ne so un giovane mercante di buona famiglia sembra molto interessato a Lucilla. E tua moglie sembra felice, anche se si vede che le manchi.”
L'uomo strinse convulsamente le mani, ma sorrise. “E io non ho chiesto di più, vero? Una vita nell'abbondanza e nella sicurezza per la mia famiglia in cambio della mia vita.”
“E la salvezza dell'Impero, non solo della tua famiglia.”
Druso guardò le lettere. “Le leggerò più tardi. Lucilla scrive sempre degli aneddoti divertenti, penso che....”
La frase si trasformò in un rantolo. Druso si raggomitolò su se stesso, cadendo dalla panca e ansimando pesantemente, finché gli ansiti non divennero ringhi. Agli occhi di Diocleziano sembrò che i muscoli dell'uomo lievitassero come forme di pane, allungandosi su quelle membra contratte. Nel giro di un battito di ciglia il suo fisico era diventato possente, come quello di un lottatore professionista. Con un balzo poderoso Druso si aggrappò alle sbarre della gabbia, ringhiando ferocemente. Il bianco degli occhi era diventato rosso di sangue, le pupille dilatate che divoravano l'iride fino a diventare pozzi senza fondo. Il rumore di quel corpo poderoso che sbatteva contro le sbarre rimbombava nella sala come un tuono, superato solo dalle urla inumane lanciate da quell'essere. L'Imperator si alzò in piedi, fronteggiando quella bestia che aveva completamente sostituito l'uomo sereno, intelligente e coraggioso con cui aveva parlato fino ad un momento prima. La bestia scuoteva le sbarre, ringhiava e urlava versi inarticolati che gelavano il sangue. Diocleziano ricacciò dentro sé stesso una miriade di emozioni.
Pietà per quell'uomo che non poteva più essere libero ed era condannato a portare dentro di sé sia la salvezza che la distruzione.
Orrore per quello che era diventato e per quello che gli avevano dovuto fare.
Tormento, per i suoi cari che gli spedivano lettere immaginandolo in missione segreta oltre il Vallo di Adriano, mentre lui era lì a poche miglia dalla loro casa.

"Diocleziano! Spostati, maledizione!"

L'urlo di Ishaq lo riscosse, mentre uno dei Sapienti quasi lo buttava a terra nella fretta di pararsi tra lui e l'uomo in gabbia, che stava facendo forza sulle sbarre per cercare di uscire. Il Sapiente urlò qualche frase intellegibile, poi gettò in faccia a Druso una piccola ampolla. Fece centro al primo colpo, infrangendosi su quel volto feroce, e l'uomo fu gettato all'indietro come se fosse stato colpito da un pilum. Sbattè a terra, senza più muoversi.
"Ampolla di cera" ansimò il sapiente "più sicura del vetro, in questi casi. Preferiamo non dargli niente di appuntito o tagliente."
"Lo avete ucciso?" chiese l'Imperator.
"No" - rispose Ishaq mentre lo aiutava a rialzarsi - "è una nuova versione della Pax Augustea. E' ancora difettosa, il Mastino che la prende rimane incosciente per un giorno intero, ma in casi come questo funziona benissimo."

Pax Augustea. Dare questo nome alla pozione che calma i Mastini... Certo che i Sapienti hanno proprio un gran senso dell'umorismo.

Il Doctor lo condusse in una saletta separata, dove gli venne servito del cibo e un po' di acquavite da Forum Iulii, quello che ci voleva dopo attimi del genere.
Non era la prima volta che succedeva. Anzi, consideravano pacifica una settimana dove non avveniva più di due volte. La cosa più complicata era stato organizzare un sistema dove non solo non fosse possibile fuggire, ma anche dove per Druso non fosse possibile utilizzare qualsiasi cosa come arma. Cucchiai e ciotole della terracotta più fragile, che non si spezzasse in pericolosi frammenti. Carne accuratamente disossata. Persino per i servigi del tonsor l'uomo doveva infilare la testa in uno dei fori della gabbia di pietra e farsi tagliare barba e capelli...anche se il tonsor2 una volta ci aveva quasi rimesso la mano, quando Druso era stato preso da una crisi proprio in quel momento e gliel'aveva quasi staccata a morsi.
Quello che lo differenziava dagli altri Mastini era proprio questo. Il fatto che il Mastino in lui emergesse nei momenti più disparati, senza cause scatenanti riconoscibili. E, ovviamente, il fatto che lui era il primo di loro. Il primo uomo sottoposto all'addestramento dei Mastini ad esserne uscito vivo, su cinquanta tentativi. Dopo aver visto il risultato - apprezzabile, certo, ma assolutamente ingovernabile - le modifiche all'addestramento erano state parecchie, fino ad arrivare ai Mastini attuali.
Venivano scelti tra i guerrieri più esperti, dentro e fuori l'esercito, quasi tutti con l'innata capacità - famosa sopratutto nei berserker del Nord - di cadere in una furiosa trance guerriera durante le battaglie. Questa capacità veniva accuratamente selezionata e coltivata, accresciuta fino allo spasimo e modificata da un pesante condizionamento mentale e fisico, fino all'ultimo stadio in cui l'assunzione di preparati alchemici faceva in modo che il Mastino uscisse quando ce n'era bisogno e si ritirasse una volta vinti i nemici, sfogata la rabbia o sotto l'effetto della Pax Augustea. La Specula aveva forgiato i migliori combattenti del mondo, al prezzo di innumerevoli vite, spente nel sangue o recluse come quella di Druso, che invecchiava molto lentamente e non prendeva malattie, ma che non poteva neanche ricevere una carezza senza il rischio di uccidere, e al prezzo della pace mentale dell'Imperator che aveva ordinato tutto questo.


Note:
1. - Telesterion: era l'edificio del Santuario di Eleusi (Grecia) in cui avvenivano le iniziazioni ai Misteri di Demetra. Il fatto che le cerimonie in esso avvenute siano rimaste segrete fino ai giorni nostri ci fa capire il livello di silenzio in cui erano avvolti.
2. - Tonsor: il barbiere

2 commenti:

  1. Complimenti a Bastet per questo pezzo e ai Demiurghi per questo blog molto ben curato.
    Quando ci darete qualcosa di più sostanzioso sulla vostra ucronia e su che cos'è la Specula e la Legio M Ultima?

    Ne parlate sempre, ma non lo spiegate mai. Sono curioso! :D

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  2. Ti ringrazio a nome di noi tutti e non ti preoccupare: stiamo lavorando per voi per spiegare ciò che chiedi!
    Hai ragione, è tempo di cominciare a descrivere l'ucronia e tutto quanto da essa abbiamo fatto derivare.
    Continua a seguirci!

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