Celeste e il Generale filosofo- IX capitolo
« Horam
non possum certam
tibi dicere; facilius inter philosophos
quam inter horologia convenit »
Seneca, Apolochintos
IX Capitolo
Tertia vigilia* Lunes dies* Anno 858 ab Urbe Condita
La vedetta, appoggiata alla sua asta, lottava contro il
sonno, nell’ultima delle sue tre ore di guardia. Un’ora ancora soltanto e Lucio
Aennio avrebbe potuto far ritorno alla tenda che divideva con altri otto suoi commilitoni.
Nel frattempo, comunque, gli conveniva continuare a tenere gli occhi ben aperti, nella sua
postazione di guardia, vigile e attento come se avesse passato l’intera
giornata alle terme.
Il legionario volse lo sguardo al cielo notturno e scorse un piccolo gufo volare sopra la sua testa, una macchia scura sotto il manto di stelle. Il nitrito dei cavalli nella stalla vicina, il russare troppo forte di un Pretoriano, il lento e naturale scorrere del Danubio, rumori che solo di notte potevano essere uditi, gli fecero compagnia nella sua lunga notte sul suolo dacico.
Per distrarsi richiamò alla mente la visione della giovane
catturata dal Generale Caius quella mattina, alle prime luci dell’alba. Quella
prigioniera era molto importante perché, come sorella di Decebalo, sarebbe
servita da merce di scambio con cui contrattare il rilascio dei soldati romani
caduti in mano al nemico.
Aennio non conosceva il nome della donna: sapeva solo, da
quello che aveva potuto vedere, che era molto bella e che aveva lunghi ed
indomiti capelli rossi…
Roma
“Donna Vibia, Donna
Vibia, dove sei?” la servetta, coetanea della giovane, doveva ancora finire di
prepararla per la mattina, ma la quindicenne era sfilata via dalle mani esperte
dell’ornatrix.
Le risate di Vibia Sabina echeggiarono per la domus: la neo
sposa correva, felice per l’arrivo di sua madre, pronta ad andarle incontro.
Severa in volto come tutte le donne della famiglia Traiana,
Matidia aveva già pronta sulle labbra la reprimenda per il suo comportamento
inappropriato ma il calore e l’affetto con cui Vibia l’accolsero le fecero
dimenticare ogni rimprovero.
Matidia osservò la
figlia con apprensione, mentre finalmente si lasciava acconciare i capelli,
sopra la fronte, dalla schiava addetta. Le erano, infatti, giunte delle notizie
sul genero che l’avevano messa in allarme, inducendola ad uscire di casa alle
prime luci dell’alba per sincerarsi che Vibia stesse bene.
Matidia era perfettamente conscia che le donne del suo rango
non si sposavano per amore, eppure ora, il fatto che alla sua bellissima figlia venisse preferito un
giovinetto senza natali, cambiava tutto quello che aveva auspicato in
precedenza.
Adriano non aveva adempiuto ai propri doveri di marito:
Vibia era ancora vergine, sua madre ne era certa. Data l’assoluta mancanza di
interesse di Adriano verso di lei, come avrebbero potuto, quindi, generare un
erede per Roma?
Al momento, comunque, di tutto questo la ragazza non si
curava: ingenua nei suoi quindici anni, viveva spensierata e libera, come se
non avesse mai recitato il giuramento matrimoniale: “Ubi tu gaius, ibi ego
Gaia”*.
Secondo anno di Guerra
Tapae
“Traditori schifosi.
Luridi voltafaccia! Bovis stercus!” inveiva Publio Emilio, riferendosi ai
Roxolani, che erano passati dalla parte del nemico.
Martius, il mese del Dio della Guerra, fu anche il mese
della ripresa dei combattimenti.
Caddero in molti: tra quelli che sopravvissero ci fu chi non
riuscì proprio a cacciare indietro le lacrime che scesero silenziose sui loro
volti stanchi e sporchi di terra e di sangue.
Traiano fece erigere un’ara sacra per i soldati romani morti
in battaglia ed intuì che, per cogliere di sorpresa i Daci, avrebbe dovuto far
spostare le legioni attraverso il passo della Torre Rossa.
Celeste poteva avvertire l’eccitazione per lo scontro e per
il sangue negli occhi dei soldati.
Quindicimila uomini sui rocciosi monti Carpazi marciavano verso
Sarmizegetusa, la capitale della Dacia.
E in mezzo a loro, sul suo sauro nero, c’era il Generale
Caius: gli occhi verdi puntati lungo le fortezze laterali, situate sui
contrafforti dei monti, le grandi mani a tenere le briglie o a spiegare a
Celeste il piano studiato da Traiano.
“Le prenderemo una ad una, e una volta cadute, entrare nella
capitale sarà un gioco da ragazzi” disse con un sorriso che somigliava molto ad
un ghigno.
“Ma non sarà difficile espugnare le fortezze, Caius?”
domandò Celeste, dubbiosa.
“Vedrai mia piccola Celeste. Non abbiamo ancora tirato fuori
l’artiglieria pesante” rise il Generale, e chi era vicino per ascoltare quella
conversazione si unì a lui nella risata.
Roma
“E’ un maschio, Donna Livia” l’ostetrica tese, alla madre
raggiante, il neonato.
“Fa in modo che Septimus lo venga a sapere” ordinò la
concubina alla sua ancella preferita che, nascosta nell’ombra, mosse appena la
testa in un cenno di assenso e lasciò la stanza, con passo svelto e silenzioso.
Anna era abituata a scivolare per strada e tra la gente,
senza venire minimamente notata. Era cristiana ed era stata quindi abituata fin
da piccola a vivere nel sospetto e a
rendersi invisibile.
Aveva conosciuto la sua padrona nel quartiere povero dov’era
cresciuta. Provenivano entrambe da famiglie molto umili ma Livia era molto
bella e seppe sfruttare quello che la natura le aveva donato a proprio
vantaggio.
Livia era molto furba e, consapevole che una rapida ascesa poteva
portare ad un’ancora più rapida caduta, escogitò un modo per assicurarsi un
futuro certo da ricca matrona.
Fece credere all’ex generale Septimus Iunio di essere ancora
vergine e, sapendo già di stare aspettando il figlio di un altro, disse invece
a tutti di essere incinta del nobile romano.
Citazione:
« non ti posso dare un'ora precisa,
è più facile mettere
d'accordo filosofi che orologi »
Note:
* Nella vita militare la notte era divisa in 4 vigiliae
(prima vigilia, secunda vigilia, tertia vigilia e quarta
vigilia) o turni di guardia, ciascuna di 3 ore in media. Nella vita civile
si usavano dei termini più generici per indicare le varie parti della notte.
Italiano
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Latino
|
Da mezzanotte alle 3
|
tertia vigilia
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Dalle 3 alle 6
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quarta vigilia
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Dalle 6 alle 7
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hora prima
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Dalle 7 alle 8
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hora secunda
|
Dalle 8 alle 9
|
hora tertia
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Dalle 9 alle 10
|
hora quarta
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Dalle 10 alle 11
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hora quinta
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Dalle 11 alle 12
|
hora sexta
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Dalle 12 alle 13
|
hora septima
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Dalle 13 alle 14
|
hora octava
|
Dalle 14 alle 15
|
hora nona
|
Dalle 15 alle 16
|
hora decima
|
Dalle 16 alle 17
|
hora undecima
|
Dalle 17 alle 18
|
hora duodecima
|
Dalle 18 alle 21
|
prima vigilia
|
Dalle 21 a mezzanotte
|
secunda vigilia
|
*Formula
matrimoniale latina, pronunciata dalla sposa allo sposo e significa "Dove
tu, Gaio (Gaio o Caio è nome latino) sei, lì io, Gaia (Caia), sarò"; in
italiano si può rendere meglio con "Dovunque tu sia, lì io sarò".
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