RACCONTI: Celeste e il Generale filosofo- III capitolo
Ma tu,
finché la luce
splende,
non trascurare
il frutto della vita:
se anche mi darai
tutti i tuoi baci,
pochi me ne darai.
(Properzio)
III capitolo: Anche se mi darai tutti i tuoi baci, pochi me ne darai!
Caius si stava annoiando a morte: al Senato discutevano
sempre delle stesse questioni! E poi, lui odiava gli oratori pedanti che
illustravano l’ordine del giorno con tanta eccessiva eloquenza!
Suo padre si sbagliava, o forse, più probabilmente, il
Generale Caius Naevius Victor era cambiato nel corso degli anni.
E lo dimostrava il fatto che Celeste, quella mattina,
ricevette un regalo particolare: il Comandante della “XXX Ulpia Victrix” le
aveva mandato un’edizione rarissima del “Simposio” di Platone.
La ragazza si precipitò subito a raccontarlo ai genitori, ma
non li trovò: suo padre era infatti andato da Livia, la sua concubina,
mentre sua madre era uscita per distrarsi da tutte le sue preoccupazioni.
Così, Celeste decise di andare a ringraziare il Generale di
persona.
Si cambiò rapidamente la stola e prese un supparium* di
colore blu scuro.
Poi ordinò di preparare la lettiga e si fece portare fino
alla residenza del comandante: non era mai stata più agitata in vita sua.
Lo schiavo che le aprì la porta rimase sorpreso nel vedere
una donna chiedere del suo padrone, specie se si trattava di una così
giovane come lo era Celeste.“Non è in casa!” disse facendola entrare.
“Lo aspetterò, se non è un problema!” disse la ragazza
determinata a vederlo.
Perciò, qualunque fosse stato il motivo per cui veniva
richiamato a casa con urgenza, il Generale lo avrebbe accolto con gioia.
Il servitore che lo aveva cercato in Senato gli aveva detto
solo che una donna che non conoscevano era venuta a fargli visita.
Chi poteva essere? La sua ex moglie no di certo, visto
che gli schiavi sapevano che non potevano disturbarlo per lei.
Quanto ad una prostituta che veniva a cercarlo a casa in
memoria dei vecchi tempi, era da escludersi: nessuna era così sfrontata da
osare tanto!
Tra tutte le donne che conosceva, però, l’ultima che si
sarebbe aspettato di vedere era proprio Celeste.
In fondo lei non era nemmeno ancora una donna: una
ragazzina, una bambina che giocava col fuoco, nulla di più.
“Scusami se mi sono permessa di venire senza invito. Ma …
dovevo ringraziarti per il regalo bellissimo!”
Lo schiavo fedele che aveva atteso il ritorno del Padrone,
tenendo sempre d’occhio la ragazza, rimase sorpreso nello scoprire che ciò che
Celeste gli aveva detto era tutto vero.
Il Dominus sorrise alla giovane ospite e mandò via il
solerte servitore. Si avvicinò alla ragazza e dimenticò la risposta che aveva
pensato di darle.
Inebriato dal suo meraviglioso profumo, perse del
tutto la testa, come poche volte gli era capitato prima d’allora nella vita.
“Ci sarebbe un modo per ringraziarmi!” disse quindi con un
sorriso che non prometteva nulla di buono
“Qua.. quale?”
“Darmi un bacio, per esempio” propose malizioso.
La ragazza si inumidì le labbra, senza accorgersene. Poi, si
alzò sulle punte dei piedi e gli diede un bacio a fior di labbra.
“No, cara Celeste. Non mi basta!” le sussurrò il Generale,
prendendole il viso delicatamente e modellando infine le labbra della giovane
sulle sue.
L’uomo lasciò le labbra invitanti di Celeste solo quando
entrambi furono senza fiato.
La osservò: sembrava un’altra. I capelli che le ricadevano
scompigliati sulle spalle, le guance arrossate, gli occhi velati dal piacere
provato, la bocca rossa e gonfia che chiedeva di essere baciata ancora, e ancora.
Il Generale filosofo si accorse di stare perdendo del tutto
la ragione.
Avrebbe voluta prenderla lì, in quella stanza, in
Biblioteca, sul tavolo, tra i libri che tanto amavano. E poi rinchiuderla, e
non lasciarla più andare via di lì, tenendola sempre accanto a sé.
Ma Celeste era la figlia vergine di un suo amico: non
poteva, non doveva farlo.
E così, senza guardarla in viso, le ordinò di andarsene.
“Vattene! Vattene subito!” disse alzando la voce.
“Ma… io… cosa ho fatto?” Celeste gli si avvicinò tremante.
Lui la prese per le braccia.
“Non hai fatto niente, tesoro. Sono io che potrei fare
qualcosa di cui mi pentirei amaramente se non te ne vai subito.” Glielo disse
con calma, quasi serafica, aggiustandole una ciocca di capelli dietro
l’orecchio.
“Scusami allora. Io … me ne vado immediatamente!”
Lui però non le lasciò andare la mano, che trattenne nella
sua.
Quando si accorse di quello che stava facendo, il Generale
portò la mano della ragazza alle labbra, e v'impresse un lieve bacio.
Poi voltò le spalle alla giovane tentatrice, e strinse i
pugni, per impedirsi di fermarla ancora.
Celeste aveva bisogno di parlare con qualcuno di quanto le
era successo.
Andò, perciò, a casa della sua amica Faustina, che trovò
intenta a prepararsi per andare alle Terme. Vi si recava spesso, prediligendo
le terme di Agrippa, per la loro posizione centrale e subito raggiungibile da
casa sua.
“Oh, tesoro!” disse, facendo subito smettere la sua
ornatrix* di acconciarle i capelli “Cosa ti è successo? Hai una brutta cera!”
Celeste si buttò tra le braccia dell’amica e piangendo le
disse:
“Io … io … credo di amarlo!”
“Cooosa? E chi? Fino a ieri non c’era nessuno! Non mi dirai
che il Generale che è venuto ieri sera a casa tua …”. Non osò continuare.
Celeste si asciugò gli occhi e iniziò a raccontare all’amica
di Caius, di quello che si erano detti, del regalo che le aveva mandato, dei
baci appassionati, del desiderio di entrambi di non staccarsi mai più l’uno
dall’altra.
“E poi … mi ha detto che dovevo andarmene. Perché se non lo
facevo non sarebbe più riuscito a fermarsi!”
Faustina ascoltò l’amica con occhi sognanti. Invidiò Celeste
perché lei, malgrado tutti gli uomini che aveva avuto, non aveva mai vissuto le
sensazioni che l’amica aveva provato tra le braccia del Generale.
“Oddio … non so che fare … lui non mi sposerà mai, lo so! Ma
lo desidero così tanto! Voglio rivederlo, voglio conoscerlo meglio, voglio
baciarlo ancora.” Disse Celeste “Ma chissà se anche lui pensa queste cose. E’
un uomo di quarant’anni: come può innamorarsi di un’insulsa ragazzina che ne ha
solo diciannove?”
La ragazza riprese a piangere.
“Celeste, su! Non fare così! si vede che lui è molto preso
da te!”
“D… d..davvero?” domandò speranzosa la giovane innamorata.
“Ma si! E poi ragiona. A quanto ti ha detto tuo padre, lui
avrebbe dovuto essere omosessuale, e invece … pensa fino a dove si sarebbe
spinto con te, se non si fosse fermato”.
“Io.. oh … hai ragione ma … ma non significa che mi ama!”
“Tesoro, questo lo saprai solo col tempo. E’ ancora troppo
presto!”
“Maledizione!” il Generale stava lanciando contro le colonne
ogni oggetto fragile che gli stava capitando tra le mani.
“Calmatevi, padrone!” lo implorò lo schiavo
“Maledizione! Maledizione! Maledizione!” un’anfora preziosa
finì in mille pezzi.
“Signore, calmatevi!” lo supplicò lo schiavo spaventato.
Il Dominus aveva iniziato ad imprecare e a rompere oggetti
non appena Celeste se n’era andata.
“Hai ragione, Publius!” disse Caius Naevius Victor allo
schiavo che amministrava casa sua. Posò su un tavolinetto l’ennesimo vaso che
stava per scagliare, ed andò a sedersi su un triclinio.
Poi, Caius Victor, si prese la testa fra le mani.
“Non so che mi succede!” disse triste
“Forse un bel bagno alle Terme vi farà stare meglio!”
suggerì lo schiavo Publius.
“No, no, No! Io voglio lei! Solo lei mi può fare stare
meglio!” urlò.
“Lei chi, domine?” chiese timido Publius.
“ Lei. Celeste”.
Note:
supparium: lungo mantello che arrivava fino ai piedi
ornatrix: l’acconciatrice.
Sempre più intrigante la storia, scritta molto bene. Il limite di tante ricostruzioni storiche è l'eccessivo peso dato ai dettagli, qui invece la storia ha un suo svolgersi ben preciso, una sua "dignità" che prescinde dall'uso sapiente dei particolari. Brava!
RispondiEliminaOps...ho dimenticato di cambiare l'uso del "voi" che i Romani non usavano XD Grazie Leonardo:) avevo paura che questo capitolo non piacesse...
RispondiEliminaVeramente bello, una degna continuazione. Si entra nel vivo :)
RispondiEliminaSono sempre più orgogliosa di averla tra noi!
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