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RACCONTI: Celeste e il Generale filosofo- Capitolo V

Tenda del Generale filosofo
« Decebalo, venuto a sapere
dell'arrivo di Traiano,
ebbe paura, poiché egli
sapeva che in precedenza
aveva sconfitto non i Romani
ma Domiziano,
mentre ora si sarebbe trovato
a combattere sia contro i Romani,
sia contro Traiano. »


(Cassio Dione, LVIII, 6, 2.)





Celeste aveva molte occasioni per guardare il suo Generale, ora.
Visto che lui, incurante dei pericoli, stava sempre nelle prime file, la ragazza aveva avuto modo di osservarlo attentamente. Le era parso molto diverso dall’uomo conosciuto a Roma: molto più duro e inflessibile, ma forse era così solo quando doveva comandare i suoi uomini.

Nonostante cercasse in ogni modo di non dare nell’occhio, la ragazza non passò comunque inosservata. Anche come giovinetto era pur sempre troppo bella per essere un semplice soldato, e molti legionari l’avevano adocchiata con interesse. Caius Naevius Victor fortunatamente però, non si era ancora accorto di lei. I suoi occhi celesti avrebbero potuto tradire la identità della ragazza in qualsiasi momento.
Ma c’era anche un’altra ragione per cui la ragazza veniva notata: avendo un fisico molto esile non riusciva a portare la pesante borsa in cui erano contenuti i suoi viveri e gli effetti personali, né riusciva a sostenere il peso della, seppur leggera rispetto a quella del Generale, armatura completa di scudo e gladio.

Un compagno vicino a lei si accorse dei suoi sforzi evidenti di reggersi in piedi e si offrì di aiutarla con lo zaino.
“Non sembri un soldato” le disse togliendole la borsa di dosso.
“Lo sono” rispose solo Celeste, camuffando meglio che poté la sua voce decisamente troppo femminile.
“Perché ti sei arruolato? Ti hanno costretto, vero?” domandò ancora il commilitone.
“No. E’ stata una mia iniziativa, contro il parere di mio padre.”
Il legionario, che più tardi Celeste scoprì chiamarsi Emilio, nome datogli dalla famiglia di cui era stato schiavo, si era invece arruolato per ottenere la cittadinanza romana.


Nel frattempo il Generale Caius Naevius Victor vide un Cursus rhedarum*, cavalcare nella sua direzione. Il corriere gli consegnò una lettera di importanza prioritaria, per poi dirigersi a far abbeverare il cavallo.
Caius fece fermare la sua legione con un gesto della mano, e allora anche le altre lo imitarono, compresa la colonna dell’imperatore, il quale si avvicinò al Generale.
La lettera era del padre di Celeste: gli scriveva che sua figlia era partita col suo seguito, arruolandosi come volontaria, e lo pregava di riportargliela a casa al più presto viva e in buona salute.
L’imperatore, che intanto si era avvicinato a Caius tanto da accorgersi che il Generale era impallidito di colpo, domandò: “Brutte notizie?”
Il Generale filosofo si rivolse allora all’imperatore e lo rassicurò dicendogli che erano faccende personali, per nulla riguardanti la Guerra, ma chiedendogli ulteriore tempo per poter controllare in che condizioni versassero i suoi uomini.
Caius Victor non poteva credere a quello che aveva fatto Celeste: sperava solo che all’ultimo la donna si fosse resa conto della pazzia che stava compiendo, ed avesse deciso di tornare indietro.


Celeste capì che Caius sapeva. Il corriere, l’ordine dato dal Generale di fermarsi immediatamente, l’apprensione sul suo volto, erano tutti chiari segni del fatto che Caius Neavius Victor fosse venuto a conoscenza del suo piano. Celeste non si era mai illusa di poterla fare franca a lunga, solo che ora temeva sia le conseguenze che la reazione del Generale filosofo.
Per cui, disperata, la ragazza si nascose dietro al robusto amico, chiedendogli di nasconderla.
“Perché? Il Generale filosofo ha una faccia che non mi piace. Sembra che stia cercando qualcuno!” esclamò Emilio.
“Cerca me” disse a voce bassa Celeste.
“Perché, amico, dovrebbe cercare un legionario inutile come te?” domandò stupito il soldato.
“Perché mio padre gli avrà inviato una lettera in cui racconta sicuramente del fatto che sono scappata di casa” spiegò la ragazza tormentandosi le dita.
“E allora? Al Generale cosa interessa?” domandò ancora il ragazzo non notando minimamente il fatto che Celeste gli avesse implicitamente rivelato di essere una donna.
“Perché mi conosce e… perché non sono un uomo!” disse sussurrandoglielo nell’orecchio.
“Caspita! Tu quindi sei… fammi capire…sei una donna?” parlò a raffica il liberto sgomento.
“Sì, ma abbassa la voce per Giove!” lo azzittì la ragazza. “Ora che sai il mio segreto puoi aiutarmi?”
“In che rapporti sei col Generale Victor?” domandò serio Emilio.
“Noi… conosce mio padre da anni, e mi ha mandato dei fiori ma non significa nulla. Non mi ha fatto nessuna proposta di matrimonio” disse sconsolata Celeste.
“Per Bacco e Per tutti gli Dei! Non significa nulla, dici? Il Generale Filosofo non fa mai regali alle donne, lo sanno tutti che è un convinto misogino!” esclamò il ragazzo.
“Sì, e allora perché non vuole chiedermi in moglie?” disse tutto sommata compiaciuta delle risposta dell’amico.
“E che ne so, io? Chiedilo a lui. Anzi ti ci porto ora così ti vede e si tranquillizza!” afferma Emilio cercando di tirarla per un braccio.
“No, ti prego, no! Non puoi! Non posso!” lo supplicò, riluttante a seguirlo, impuntando i piedi.

“Ma smettila! Sai che farebbe a me, invece, per non averti portata da lui, pur sapendo quello che so? Come minimo mi infilzerebbe con la sua spada, e come massimo firmerebbe la mia condanna a morte per crocifissione!” sbottò seccato il legionario. “Per cui, o vai tu da lui, o ci penso io!”

“E va bene, va bene! Vado da lui, ma tu vieni con me!” sbottò arrabbiata la giovane.

Il Generale la riconobbe subito ed ordinò ad un suo servitore di preparargli immediatamente la sua tenda.
Come aveva potuto quella strana ragazza per tutti quei giorni marciare accanto a lui, senza farsi scoprire?
Caius fulminò lei e squadrò geloso il soldato che l’accompagnava. Poi la prese per un polso facendole male.
“Cosa ci fai qui?” le ringhiò contro, sotto gli sguardi divertiti dei suoi legionari.
“Mi sono arruolata, come puoi vedere anche da te!” rispose lei con più coraggio di quanto sospettasse di averne.
“Celeste... mi sembrava di averti detto chiaramente che non potevi partire con me, quindi per quale motivo invece hai fatto di testa tua, esponendoti di tua iniziativa a pericoli enormi?” le domandò il Generale furioso, precedendo la ragazza nella sua tenda, montata su in tempi record.
“Infatti non sono venuta con te, ma con la mia legione, di cui faccio parte a tutti gli effetti!” ribattè ostinata, anche se dentro moriva di paura.
“Così, tu saresti diventata legionaria per cosa? Amor di Patria? Spirito di avventura? Voglia di suicidarti???” la incalzò di domande il Generale.
“Sai benissimo perché sono qui, anzi per chi!” si tradì la giovane.
Caius Naevius Victor nell’udire quella risposta si calmò e sul suo viso comparve un’espressione indecifrabile.
“Ti farò portare abiti consoni al tuo sesso, ed anche qualcosa che ti copra i capelli” disse solo rivolto alla nuova pettinatura di Celeste.
“Mi trovi…brutta?” domandò con voce tremula, toccandosi i capelli, e diventando all'improvviso insicura.
Caius la guardò e si accorse che la ragazza era più eccitante di quanto ricordasse. Vestita come un legionario, con il tunichino corto ad evidenziare le gambe snelle, era pericolosa per qualsiasi uomo ancora in grado di reggersi in piedi!
I capelli ricci corti, le davano un tocco di mascolinità che valorizzava l’ovale del suo viso: era una vera delizia per gli occhi del Generale, di cui si conoscevano i suoi trascorsi con gli uomini.
 “Sei bella, come sempre” si limitò a dire solo, accennando ad un sorriso. “Devo andare a conferire con l’Imperatore, adesso. Resta qui e non muoverti!” continuò “Ah, e chi è quel soldato che ti ha accompagnato da me?” chiese geloso.
“Un amico liberto. Si chiama Emilio. Mi ha aiutata con la borsa e durante il lungo cammino fino qui” rispose massaggiandosi i piedi doloranti, dopo averli tolti dai calzari.
“Stai bene? A parte i piedi?” domandò preoccupato Caius.
“Si, sta tranquillo!” gli sorrise lei.


Marco Ulpio Traiano era uno degli uomini più giusti che il Generale filosofo conoscesse, e che fosse lui l’Imperatore sotto il quale comandava era un bene, per molti aspetti.
Inanzitutto a Caius Victor il Princeps piaceva perché era stato lui stesso un Generale, prima di venire adottato ed elevato al rango di detentore del potere nell’Impero.
Poi, in secondo luogo Traiano gli assomigliava molto, specialmente dal punto di vista sessuale: era risaputo infatti che l’Imperatore, nonostante avesse una bella moglie che amava, non disdegnava la compagnia di aitanti giovinetti.
In pochi, inoltre, erano a conoscenza della breve quanto turbulenta relazione che Caius Naevius Victor aveva intrattenuto con il Princeps, quando ancora lui era semplicemente l’erede al trono.
Essendo entrambi due uomini forti e attivi, non si sarebbero sottomessi all’altro per nessuna ragione al mondo e così, tempo un mese, e la passione iniziale era sfociata in una solida amicizia.

Caius entrò nella tenda dell’Imperatore, dove lo trovò impegnato a discutere di tattiche militari con il nipote Adriano. Quella scena lo lasciò interdetto e preoccupato: il Generale sapeva bene che Adriano era un filosofo, completamente disinteressato alla Guerra e ai suoi aspetti. Il probabile erede al trono era un convinto pacifista, ed era soprattutto per questo lato del suo carattere che Traiano tardava tanto a nominarlo come suo successore.
“Caius! Avvicinati pure. Stavo giusto illustrando ad Adriano la mia strategia per cogliere di sorpresa Decebalo”. Disse l’Imperatore continuando a guardare la mappa.
“Comandante” lo chiamò il Generale. Traiano infatti aboliva ogni tipo di formalismo, specie se tra generali come erano loro, e apprezzava molto di più quando gli sottolineavano la sua carica militare. “Volevo metterti al corrente degli ultimi avvenimenti…”
“Ah sì, dimmi pure. Ti ascolto” disse il Padrone del Mondo andandosi a sedere su una semplice sedia in legno.
“Devi prima leggere la lettera che mi hanno inviato” lo informò Caius, porgendogli la missiva scritta da Septimus Lucianus Terentius.
Adriano si mise dietro allo zio, e riuscì a finire di leggerla molto prima di lui. Entrambi quando sollevarono lo sguardo verso il Generale filosofo, si mostrarono visibilmente stupiti.
E dire che Publio Elio Adriano si vantava che nulla riuscisse più a sorprenderlo!

“Quindi la figlia del Generale veterano Terentius è qui? In mezzo ai miei soldati? A fingersi un uomo?”domandò Traiano, rimasto spiazzato da tanta audacia da parte di una fanciulla di buona famiglia.
“L’ho trovata Generale. Si è tagliata i capelli e sembrava proprio un legionario”. Rispose Caius Naevius Victor secco.
“E’ ferita? Qualcuno aveva intuito la sua vera identità?” chiese Elio Adriano.
“No, fortunatamente. Ha conosciuto un liberto che l’ha aiutata. È solo stremata dalla lunga marcia compiuta a piedi.”rispose il Generale filosofo.
“Sì è arruolata come volontaria nelle prime file?!?” domandò esterrefatto l’Imperatore “Ma perché l’avrebbe fatto?”

Caius Victor si trovò spiazzato sulla risposta da dare. Lui stesso non lo sapeva per certo. Celeste gli aveva detto di essersi arruolata per lui, ma a che scopo? Sperava che dimostrandogli il suo coraggio, lui avrebbe cambiato idea sul matrimonio? Pazza, folle, avventata e sconsiderata!

“Non lo so, Princeps” disse imbarazzato “Mi aveva chiesto di portarla con me qui in Dacia e io le avevo risposto che non era possibile.”
“Perché voleva seguirti, Caius?” domandò ancora l’Imperatore, curioso.

Il silenzio prolungato del Generale, e il suo arrossire a quella domanda, fecero capire ai due potenti uomini come fosse andata la vicenda.
“Ah, Caius! Ho compreso ora” disse facendogli l’occhiolino, data la loro passata intimità.
Victor si passò la mano tra i capelli nerissimi e, non commentando quell’esclamazione del suo vecchio amante, chiese di potersi congedare.
I due uomini risero e lo lasciarono andare. Avrebbero preteso di saperne di più, non appena Caius si fosse ripreso dallo shock per l’improvvisa comparsa della sua donna nell’insolita veste del legionario.


Celeste aveva fatto di tutto per rendersi quantomeno presentabile agli occhi del Generale. Si era lavata, e aveva indossato la tunica costosa che un servo le aveva portato. Le era parso che lo schiavo di Caius la scrutasse con fin troppa insistenza, ma se fosse stata lei al suo posto avrebbe fatto lo stesso, probabilmente.
I capelli però restavano inguardabili, e non poteva togliersi il velo scarlatto se non voleva destare ulteriore scalpore. Quanto al suo fisico, era a pezzi: coi i piedi gonfi e pieni di vesciche e croste non del tutto rimarginate, coi fianchi magri per aver mangiato poco e male, e con il colorito pallido e cadaverico.
Non aveva alcuna speranza di risultare bella agli occhi dell’uomo che aveva scoperto di amare!


Cosa aveva fatto? Chissà ora Caius cosa pensava di lei! Non l’avrebbe mai sposata, dopo che l’aveva messo in ridicolo di fronte all’intero esercito e all’Imperatore in persona!
“Celeste” disse l’oggetto dei suoi pensieri, annunciandosi.“Come…come ti senti?” domandò in apprensione.
“Bene!” affermò la giovane sorridendo. “Te l’ho detto solo i piedi…”
“O Per gli Dei!” la interruppe l’uomo guardando i piedi sanguinanti della ragazza. Celeste era infatti distesa seduta sul giaciglio del Generale e i suoi piedi erano in bella vista.
Caius si mise le mani nei capelli e lottò per non precipitarsi fuori dalla tenda e scaraventare qualche soldato a terra. Come aveva fatto a ridursi in quello stato? Una nobile fanciulla delicata come lei che marcia per giorni senza sosta come aveva fatto a resistere tanto?
“Ti fascio quei piedi. Ho delle bende” disse l’uomo, cercandole dentro una borsa, in mezzo a dei rotoli di papiro. “Ne ho sempre una bella scorta: mi procuro sempre qualche ferita in guerra!”
Celeste scoppiò a ridere e disse: “Ma io in Guerra non ci sono neppure arrivata!”
“E non ti ci farò arrivare! Tu non ti muovi dal mio seguito, d’ora in poi, siamo intesi?” domandò il Generale, mentre le fasciava i piedi delicatamente.
“Credevo mi avresti mandata indietro dai i miei genitori…” mormorò la ragazza stupita.
Victor restò in silenzio per qualche secondo prima di rispondere: “No, siamo troppo lontani da Roma. Sarebbe pericoloso per te. Tuo padre capirà: gli scriverò una lettera in cui m’impegno a proteggerti a costo della vita!”
“Non voglio che tu rischi la mia vita per me” esclamò Celeste seria.
Caius Victor si sedette accanto a lei e mormorò: “Non posso fare altrimenti, a questo punto. Combattere e proteggere è una delle poche cose in cui sono bravo.”
“Ora riposa Celeste, sarai stanca. Partiremo domani all’alba, se tutto va bene.”
“Grazie Generale” disse lei mentre Caius le rimboccava le coperte.
“Chiamami Caius, come hai sempre fatto. Non sei un mio sottoposto” le disse dolcemente l’uomo prima di posarle un lieve bacio sulla fronte e andarsene senza far rumore.



Note:
Cursus rhedarum*: Il servizio postale nel periodo imperiale era talmente ben organizzato che i servizi di posta celere “Cursus rhedarum” recapitavano, nella Capitale, in pochissimo tempo dispacci da tutte le regioni dell’impero.
Un servizio di “Cursores”, una sorta di pony-express ante litteram, adibiti a questo servizio aveva la precedenza su tutti quando arrivava alle stazioni di posta.
Velocemente arrivava ed altrettanto velocemente ripartiva dopo il cambio della cavalcatura.
In queste “Mansio” si poteva anche trascorrere la notte. Nei terreni intorno alle stazioni erano sempre a disposizione un gran numero di cavalli per il cambio. I viaggiatori trovavano accoglienza per rifocillarsi e riposare. Queste stazioni erano dislocate su tutta la rete stradale consolare che veniva percorsa non solo a piedi o a cavallo ma anche con carri utilizzati per i diversi tipi di trasporto.
Si potevano vedere le une insieme alle altre eleganti bighe i “Cisium” con attacchi di coppie di cavalli agili e leggeri chiamati “Celer” oppure le pesanti “Clabula o Carruca” trainate da robusti cavalli detti “Carrucarius”.



1 commento:

  1. Molto bene, la storia procede senza intoppi, anche la psicologia dei personaggi è ben delineata.

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