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La nuova stirpe - Prologo

Continuano le avventure della XXI Frates, continuano i nuovi racconti.
Ecco a voi lettori in anteprima il prologo del primo romanzo della nuova serie de "I Racconti dei Demiurghi".



LA NUOVA STIRPE

Il vecchio pescatore navigava al tramonto lungo le placide acque del Nilo. Accanto a lui passava silente e rumorosa l’antica città di Avaris.
Una figura incappucciata di bianco vestita era ferma sulla sponda del fiume e lo osservava. Era un nubiano alto e scuro e quando vide il vecchio sorrise con sufficienza alzando una mano in segno di saluto.
Con uno sbuffo rammaricato, il vecchio pescatore avvicinò la barca all’argine e l’assassino di Seth salì con un agile balzo. Nessuno dei due perse l’equilibrio nell’impatto del corpo atterrato sul fondo piatto dell’imbarcazione, anche se a un osservatore esterno sarebbe sembrato che il nubiano si fosse posato con estrema leggerezza, tanta era la grazia dei suoi movimenti.
Sedutosi in prua, dopo aver scacciato garbatamente la grigia gattina meow che dormiva saporitamente sulle reti da pesca, l’assassino ammiccò al pescatore egiziano che, per nulla intimorito o affrettato dal cenno, riprese tranquillo a governare la barca nella discesa di quel ramo del grande delta.
“Allora? Si può sapere perché mi hai convocato?”
Il vecchio non rispose, portando con maestria la barca in mezzo a un branco di ippopotami che, stranamente, si spostarono a farlo passare. Sorrise e ammiccò in direzione di una costruzione vecchia e diroccata. “È interessante vederla qui in giro, non trovi?”
L’assassino lanciò uno sguardo distratto, salvo poi scattare a sedere e stringere spasmodico il bordo della barca, mentre il suo sguardo di onice perforava le canne che nascondevano alla vista quello che era stato uno dei più grandi templi di Seth nell’antico regno. “Che cosa ci fa qui?”
“Perché non glielo chiedi?”
“E cosa accidenti ci fa qui con quella … quella…”
“Attento a come ti esprimi su mia figlia.”
“Tu! È tutta opera tua!”
“Ci mancherebbe. Non mi intrometto nelle faccende degli altri, dovresti saperlo: me lo rinfacci continuamente.”
“Infatti per poco non ci rimettevi tutto, trent’anni fa.”
“Ma così non è stato.”
“Non per merito tuo, visto che ti sei come sempre estraniato dai fatti di questa terra.”
“Cosa vorresti insinuare?”
“Andiamo, lo sai benissimo! Se non fosse stato per l’intervento di tua figlia e delle sue creature, la Luce di Ra si sarebbe spenta.”
“Ma così non è stato, e in ogni caso il suo intervento è stato superfluo e non richiesto. Altri stavano operando.”
“È per questo che l’hai punita come ringraziamento?”
“Si era intromessa troppo nelle faccende altrui, te l’ho detto.”
L’assassino tirò un pugno iroso contro una gomena di ormeggio arrotolata ordinatamente. “Dannazione, vecchio! Perché il sangue del mio sangue è qui? Non avevi detto che l’avresti protetta se si fosse rivelata degna?”
“Per quello ti ho chiamato. È tuo dovere di padre proteggerla, io… io sono solo suo nonno.” Tossicchiò divertito. “O almeno… spero di diventarlo se tutto va come Maat crede.”
“Ti avviso: se le succede qualcosa, qualsiasi cosa, giuro che Maat non mi fermerà questa volta.”
Il vecchio si erse in tutta la sua altezza e raccolse la sfida con espressione truce nel viso incartapecorito. “Attento a come parli, ragazzo. Camminiamo nuovamente tra i mortali solo perché io l’ho voluto, io l’ho permesso. Ora, se vuoi, va da lei. O rinnegala definitivamente e lasciala al suo destino.”
L’assassino balzò a terra con la stessa agile leggerezza con cui era salito a bordo qualche tempo prima. Il tempo. Che cosa bizzarra: un fiume che scorre inesorabile e inarrestabile sempre con la stessa cadenza, ma che addosso a loro, gli dèi, scivolava via come olio sull’acqua. Il vecchio sorrise: quel giovinastro combina guai non sarebbe mai riuscito a nascondere davvero i suoi pensieri. Non a lui. Non quando si trattava della sua stirpe.
Lui lo sapeva, come lo sapeva Maat, che la stirpe di Seth sempre sarebbe camminata tra gli umani e da questo punto di vista molti anni addietro si era chiesto se il padre delle tempeste non avesse ragione a scendere periodicamente tra i mortali – credendo erroneamente che lui non lo sapesse – per seminare nuove vite.
“Vedi di non fare tardi, che abbiamo da fare più tardi.”
Seth non gli rispose, camminando rapido si limitò a sollevare una mano in un inequivocabile gesto di insulto. Ra ridacchiò. Certe volte non si sentiva più tanto vecchio.

La ragazza era entrata da sola in quel vecchio tempio diroccato. Sapeva, finalmente, di chi era quel sangue maledetto che le scorreva nelle vene, sapeva finalmente di chi fosse realmente figlia.
Glielo aveva detto in tutta sincerità suo padre, Sethos. Suo padre… sì, Stehos sarebbe comunque rimasto l’unico padre che avrebbe potuto mai… si bloccò, nel passo incerto e nel pensiero, contemporaneamente, quando alzò lo sguardo sulla grande statua di onice nera.
Seth.
Seduto sul suo trono di onice, il grande dio non era altro che una statua. Una padre che mai avrebbe davvero conosciuto, un padre che l’aveva caricata di un fardello troppo grande da reggere da sola. “Come puoi pretendere che ce la faccia?”
La vocetta squillante della sedicenne ruppe il silenzio dell’abbandono di quel luogo. Quel luogo antico, ormai perduto, che nessuno conosceva più. Solo lei e la Guardiana delle Ombre che l’aveva accompagnata, una certa Teti.
Fissò lo sguardo nero come la notte negli occhi dell’affilato muso canino e sentì il sangue bruciarle nelle vene.
“Tia.”
La voce riverberò tra le pietre incrostate di edera e piante. Una voce profonda, baritonale. Potente, pur veleggiando bassa nell’aria immota di quel posto senza tempo. Nefertiti, questo il nome della giovane, rabbrividì di timore. Gli occhi della statua divennero all’improvviso due macchie rosso sangue e il sigillo sulla sua spalla sinistra si illuminò, bruciando. La statua sembrò annuire, se fosse stato possibile lei avrebbe giurato che avesse avuto, per un solo istante, un’espressione soddisfatta.
“Tia.”
Ancora quella voce.
“Cosa vuoi da me?”
“Cosa vuoi tu, da me?”
Nefertiti chiuse di scatto la bocca, gli occhi incollati a quelli di fuoco della statua, finalmente seppe. Comprese il suo cuore dilaniato dalla paura e dalla confusione. Seppe nel profondo che lui l’avrebbe sempre amata e protetta.
Si avvicinò senza più paura alla statua e vi si inginocchiò davanti devota, posò la fronte sulla fredda pietra dei suoi piedi e con un sorriso che le riempiva il cuore pronunciò una sola parola.
Una parola carica di amore e di rispetto.
Nascosto dietro una colonna, affiancato dalla Guardiana delle Ombre, l’assassino guardava e sentiva. Non aveva sentito con l’udito ciò che lei aveva detto, lo aveva sentito con l’anima.
Dopo che le due donne si furono allontanate, senza che la giovane si accorgesse di lui, l’assassino andò a sua volta davanti alla grande statua. Ne sfiorò i piedi, era fredda pietra, eppure la sua mano percepì tutto il calore di cui era stata riempita da quel semplice gesto e quell’unica parola sussurrata.
Una singola lacrima gli solcò una guancia e lui la raccolse incredulo con un dito, guardandola stupito. Una sola parola. Una parola che mai aveva pensato di sentirsi rivolgere con quel tono, quell’amore e quell’accettazione totali.
“Padre.”
Ancora riverberava nell’aria di quel suo antico tempio.
Seth per la prima volta dopo molti millenni provò di nuovo amore e speranza per la razza umana.

 
 
Scritto e postato da Atia Rubinia

1 commento:

  1. Spettacolare! Mi sa che questa nuova stirpe non sarà da meno di quella che l'ha preceduta ^^

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