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La storia di Azia Medea Rubinia Antinea (parte III)

"Domina, il padrone desidera parlarti. E' nello studio."
Medea si bloccò sulla porta. Era già pronta per uscire, ma aveva imparato ben presto, in quei tre anni di matrimonio, che era meglio non farlo aspettare. Con un sospiro si tolse la palla che aveva messo per uscire e si diresse verso lo studio del marito.
Strano, pensò. E' la seconda volta che mi chiama lì dentro... in effetti, è l'unica stanza della domus che non mi ricorda niente di brutto.
Venne scossa da un brivido, mentre alzava la mano per bussare alla porta.
"Entra."
Lui era lì, seduto alla grande scrivania. Deiano la osservò senza muovere un muscolo mentre lei entrava, si chiudeva la porta alle spalle e si portava al centro della stanza di fronte a lui.
Era nella tipica posa del burocrate: comodamente seduto nella grande poltrona di pelle, le mani occupate a sfogliare documenti e a prendere appunti su un costoso foglio di pergamena.
"Mi avete chiamata, marito mio?"
"Hai cominciato bene la giornata, mia dolce Medea?" rispose lui senza guardarla.
Non era da lui parlare del più e del meno. La cosa la innervosì, mentre in tono leggero elencava le sue attività nella direzione della casa, le visite alla famiglia e ai clientes più importanti... da brava domina Ulpia qual sono, insomma.
L'uomo la ascoltò con una studiata indifferenza, giocherellando con uno stilo. Quando lei tacque, lui non rispose, per un tempo lungo, troppo lungo.
"Medea, mia cara... non ti avevo esplicitamente ordinato di non avere contatti con nessuno della gens Rufo?"
Sulle prime Medea non capì. Non vedeva nessuno di loro da prima del loro matrimonio...
"Di cosa stai parlando? Non ho visto nessuno, Lucilla te lo può confermare..."
"Sto parlando di domina Valentina."
Lei scoppiò a ridere, sprezzante. "Domina Valentina? E' una vecchia amica di mio padre! L'ho incontrata al foro, al ritorno... Le solite chiacchiere di donne sul prezzo delle mele e su quanto sia gravoso mandare avanti una casa!"
"Medea..." Deiano si alzò lentamente in piedi "...non ti avevo esplicitamente ordinato di non avere contatti con nessuno della gens Rufo?"
"Non vedo come delle chiacchiere da mercato possano influire sulla tua preziosissima carriera politica!" ribattè lei irritata. Il cuore cominciò a batterle forte quando lui si voltò verso la parete di fondo e staccò una delle splendide armi che vi erano appese.
"La dote migliore di una moglie è l'obbedienza verso il marito... ovviamente, oltre a un ventre fecondo e degno di un figlio maschio."
Se vuole offendermi, deve fare di meglio. C'erano donne per cui i doveri coniugali erano una noia, altre per cui erano qualcosa di cui sognare aspettando che il marito tornasse a casa per inchiodarlo al talamo. Per lei, erano incubi senza fine. Il fatto che non riuscisse a concepire era solo l'ennesima riprova dell'odio che provava verso il marito.
"E se non hai ancora imparato che per te i miei ordini sono legge come quelli dell'imperatore, penso che dovrò insegnartelo un'altra volta."
Tacque di nuovo, e con un unico gesto fluido sfilò la spada dal fodero.
Anche se non era un'esperta di armi, Medea capì subito che si trovava di fronte a un pezzo eccezionale. Soprattutto l'elsa era particolare: dello stesso strano metallo rosso brunito della lama cesellata, raffigurava il muso di un animale sconosciuto, con un lungo becco. I rubini incastonati erano fredde schegge di sangue che rappresentavano gli occhi e per un attimo pensò che avessero brillato di soddisfazione. Non era possibile. Il paramani non era da meno: lavorato quasi a far sembrare che fosse un volatile ad ali spiegate, aveva tre enormi rubini incastonati, vi si vedeva attraverso!, tagliati da un artigiano di bravura eccezionale: erano tre falci di luna, tutte rivolte verso la lama.
"E' bottino di guerra della mia famiglia, frutto di una delle prime campagne militari nel Ponto. Talmente affilata..." si passò la lama sul dorso del braccio "...che potrei usarla per radermi. E non perde mai il filo, nemmeno se la usassi con tutte le mie forze contro quella colonna.
Mio nonno negli ultimi anni non sopportava neanche di vederla... sul letto di morte ha rivelato a mio padre che solo una persona completamente pazza o completamente disperata potrebbe farne uso. Condizioni che non si adattano a me, ma non dubitare che mi sia stata utile. Per esempio, a quanto pare è proprio con questa spada che il mio caro fratello maggiore si è suicidato. Doveva farlo in modo più pulito, ma ha opposto resistenza..."
Medea era talmente inorridita che non si accorse che Deiano si stava avvicinando a lei, sempre facendo finta di studiare la spada. Quando alla fine lui alzò lo sguardo, occhi neri contro occhi verdi, lei si rese conto che aveva preso quella spada per usarla.
Che mi uccida una volta per tutte, finalmente. Almeno non avrò più paura.
Con una mossa fulminea Deiano afferrò lo scollo elaborato della tunica di lino, strappandole la veste di dosso in un unico movimento e lasciandola nuda e tremante.
"Imparerai una volta per tutte, stupida cagna, che la tua vita non vale niente, a meno che IO non decida diversamente."
La lama della spada le premette contro la gola, obbligandola a inarcarsi verso il basso piegando le ginocchia. Fece per indietreggiare, ma lui la prese per i capelli, prevedendo quella mossa. Sentì una linea bruciante che le si apriva sulla gola, il pazzo le stava deliberatamente facendo provare il filo della lama... paralizzata dal terrore, non riuscì a reagire mentre il marito la costringeva supina sul pavimento di marmo, bloccandola con tutto il suo peso e facendo forza con il ginocchio per aprirle le gambe. Sapendo cosa stava per succedere, Medea pregò che finisse tutto in fretta.

Quando rinvenne, era ormai il tramonto.
Come mi ha ridotta, stavolta?
La bocca era secca, le labbra coperte di sangue raggrumato. Si toccò il viso: l'occhio destro era gonfio e non riusciva ad aprirlo, la testa le pulsava dolorosamente come se l'avesse sbattuta ripetutamente sul pavimento. Il resto del corpo non doveva essere in condizioni migliori, anche se lui cercava sempre con cura di non lasciarle segni permanenti.
Dei, portatemi via, liberatemi da questo incubo.... pregò disperata per l'ennesima volta, mentre allungava una mano verso la grande spada che era rimasta accanto a lei. Un solo attimo e tutte le sofferenze sarebbero finite... peccato solo che non posso fargliela pagare...
"Non farlo, bambina."
Medea si voltò. Non c'era nessuno. Prese la spada e passò piano la lama sul suo polso destro. Il sangue cominciò a sgorgare a fiotti e lei si stupì di non sentire dolore.
Appoggiò l'arma a terra per passare all'altro polso quando la voce si fece sentire di nuovo.
"Non farlo, bambina. Affidati a me e avrai la tua vendetta."
"Chi sei?" mormorò Medea, mentre si sentiva presa da una strana vertigine.
"L'unica che può aiutarti. Avrai la tua vendetta e sarai finalmente libera. E' questo che vuoi?"
Lei riuscì appena ad annuire, e dopo qualche secondo perse di nuovo conoscenza.
"Mi prenderò io cura di te. Ora dormi..."


Finalmente, a tarda notte, la nuova ancella della domina riuscì ad entrare nello studio del padrone. Aveva visto la padrona entrare lì parecchie ore prima, ma non ne era più uscita... tirò un sospiro di sollievo quando la trovò, profondamente addormentata, e per una benedetta volta - Lucilla ringraziò silenziosamente i suoi dei - senza lividi nè ferite.
Forse il padrone sta cominciando ad affezionarsi a lei... pensò, mentre la copriva con una tenda e andava a chiamare qualcuno per farla portare in camera sua.


Continua.....


Scritto da: Bastet & Atia

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