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Addio - parte prima


Egitto, 1613 a.C

Dall’isola di Philae in mezzo al Nilo, Ra lanciò un grido di richiamo possente, che attraversò tutti i mondi. Mentre quell’eco si spegneva avvertì una lancinante fitta di dolore ripensando agli avvenimenti degli ultimi giorni, tanto che il corpo che abitava – quello del Sommo Sacerdote del suo tempio di Karnak – dovette appoggiarsi ad una palma da datteri.
Solo pochi giorni prima era stato scoperto un complotto, di dimensioni mai viste prime, che mirava a deporlo dal trono dei cieli, ad esiliarlo sulla terra come un misero mortale. Erano riusciti a sventarlo e a limitare i danni, ma Ra bruciava ancora di collera.
Le divinità stavano accorrendo al suo richiamo. Thot, dio della scrittura e della conoscenza, nei semplici panni di uno scriba. Iside, velata di nero nei panni vedovili che vestiva sempre quando si trovava in forma umana. Horus il vecchio, un soldato veterano in armatura. La dolce Nefti, poi Hathor nelle sue vesti succinte di danzatrice, Horus il giovane con la corona doppia dell’Alto e del Basso Egitto, decine e decine di esseri divini…e lui. Seth avanzò tra gli altri con un sorriso strafottente, nero e bellissimo nel corpo di un giovane del suo paese prediletto, la Nubia. Ra pensò amaramente che aveva imparato molto bene la lezione dopo il fallito piano per conquistare Khem uccidendo Osiride e spodestando il suo legittimo erede.

Stavolta, il dio delle tempeste non aveva commesso errori: aveva pianificato tutto con cura, corrompendo divinità minori ed esseri umani potenti, per convincere pian piano l’intera popolazione di Khem della sua superiore potenza rispetto a quella di Ra…indebolito dalla mancanza di fede dei suoi adoratori, il dio del Sole sarebbe potuto essere facilmente esiliato dal piano divino, come era successo ad Osiride secoli prima, e Seth sarebbe salito sulla Barca Solare come nuovo Signore del Tutto e Voce di Maat. Il complotto era stato scoperto, sì, ma non c’erano prove dirette contro Seth. Né Thot, né Hathor, né Sekhmet erano riusciti a provare il suo coinvolgimento, anche se tutti gli indizi puntavano contro di lui. Non potevano neanche punirlo esiliandolo: la forza del Dio delle Tempeste era immensa, solo lui poteva ogni notte proteggere il Sole dal serpente del Caos, Apophis. Senza di lui, il mondo sarebbe calato nelle tenebre.
Ra era furibondo. E si sentiva vecchio, stanco. Come aveva potuto il genere umano, i figli delle sue lacrime, perdere fiducia in lui in quel modo, solo per i prodigi che i sacerdoti di Seth avevano mostrato loro? Perché Maat, secoli prima, aveva consigliato agli dei di scendere tra i mortali, per conoscerli e guidarli?
Follia.
I mortali volevano deporlo? Bene, avrebbero dovuto cavarsela da soli.
Guardò gli dei riuniti intorno a lui, soffermandosi sull’ultima di essi che si avvicinava, stanca. Sekhmet, la sua figlia prediletta. La bella bocca e le braccia erano ancora ricoperte di sangue rappreso, così come la veste che ormai aveva assunto un colore scarlatto. Quando aveva scoperto il complotto, Ra l’aveva chiamata e per la prima volta dall’emersione di Khem dalle acque del Nun aveva lasciato che la sua furia di leonessa avesse libero sfogo.
L’Occhio di Ra era calato sui seguaci di Seth. Aveva cominciato con le divinità che lo avevano seguito, divorandone l’essenza e il potere, poi si era lanciata sui congiurati mortali. Aveva squartato e sgozzato, e poi era accaduto l’irreparabile: il sangue l’aveva resa ebbra, togliendole ogni limite. Interi villaggi erano caduti sotto le sue zanne, finché l’acqua del Nilo non si era colorata di rosso…Ra godette di quel massacro, pensando che era la giusta punizione per la meschinità di chi si era rivoltato contro il proprio creatore. Poi le grida degli innocenti avevano, ancora una volta, placato la sua voglia di vendetta. Aveva tentato di richiamare la figlia, ma senza risultato: la leonessa sembrava inarrestabile, quasi volesse saziarsi con la carne e il sangue del mondo intero. L’unica cosa che si poteva fare era combattere l’ebbrezza con l’ebbrezza.
Assunte le vesti del Sommo Sacerdote di Karnak aveva messo al lavoro l’intero tempio, preparando migliaia di giare di birra mescolata con ocra rossa fino a farla sembrare sangue. Nottetempo le avevano riversate sui campi, vicino al luogo dove la dea dormiva in attesa di ricominciare la strage. L’indomani Sekhmet si era svegliata, con il sole che splendeva sui campi ricoperti di liquido rosso scintillante. La dea aveva abbassato l’enorme testa leonina e aveva bevuto quella bevanda deliziosa, fino a farla cadere ubriaca – e finalmente, inoffensiva – tra le braccia di suo padre.
Non poteva allontanare Seth e non poteva punirlo. I mortali erano stati puniti, ma non abbastanza.
Bisognava agire…e così, magari, avrebbe risolto anche un’altra questione. 


“Sapete tutti perché vi ho chiamati.”
Il brusio cessò e tutte le divinità si rivolsero al Dio del Sole che li fronteggiava con aria grave.
“I mortali hanno dimenticato il rispetto e la reverenza che ci sono dovute. Hanno dimenticato che devono a noi il loro emergere dal fango della creazione, che siamo stati noi a insegnare loro le leggi di Maat che hanno fatto grande questa terra! Gli arroganti si sono rivoltati contro la mano che li ha nutriti, che ha concesso alla terra il potere di fruttificare e al Nilo la forza per fecondarla! Ora io decreto…che facciano a meno di noi!” “Cosa vuoi dire, Signore?” La voce di Iside si era levata più forte di tutte le altre. “Dovremmo abbandonare i nostri figli? Lasciarli in balia del caos?”
Dannata donna. Sempre a difenderli. 
“No, o almeno, non del tutto. Ma saranno costretti a riconoscere l’influenza che abbiamo sulle loro vite, che gli piaccia o meno! A partire da questo giorno, per il volere di Ra, Signore del Tutto e Voce di Maat…” - l’intero consesso degli dei trattenne il respiro, perché quella era l’espressione delle condanne inappellabili – “gli dei non potranno più girare per Khem in forma umana o animale. Non sarà loro permesso intraprendere rapporti di nessun genere con i mortali, se non con il Faraone e con i loro Sommi Sacerdoti, ed anche con essi secondo regole precise. Nessun dio potrà parlare con un mortale se non tramite gli oracoli prescritti, attraverso la divinazione o il sogno, e solo ed esclusivamente con il permesso mio e di Maat. A partire da questo giorno tutti gli dei si ritireranno dal Piano Mortale e assisteranno i loro devoti solo dalle loro dimore celesti. Solo su permesso mio e di Maat potranno intervenire nelle azioni dei mortali e solo ed esclusivamente senza rivelare la propria identità.”
Ormai gli dei stavano urlando. Abbandonare Khem? Impossibile. Tutti stavano cercando di far valere le proprie ragioni…suo malgrado, Ra sorrise quando sentì Thot parlare di un rotolo che doveva finire nella biblioteca del suo tempio di Tebe.
“E chi li proteggerà?” Ra girò lo sguardo su Sekhmet, che ormai aveva riassunto le dolci sembianze di Bastet e lo stava fissando, pallida come la calce.
“L’Occhio di Ra continuerà a camminare tra i mortali, ma a parte questo per lei varranno le stesse regole. Non potrà comunicare con loro. Ed è fatto divieto per tutti rivelare questo comando. Ora, ANDATE!!” Quell’ordine risuonò come un colpo di frusta. I legami che tenevano avvinti i corpi mortali e le entità divine si dissolsero.
Bastet vide le persone intorno a lei cadere come marionette a cui sono stati tagliati i fili. Solo Seth ed Iside opposero resistenza.
Con il primo fu più facile, ma la seconda sembrava irremovibile. Ra si rabbuiò. Allora era vero che nessuno rispettava più il suo potere!
“Donna, torna nell’Amenti da tuo marito! Non interferire!” Il grido colpì Iside, togliendole forza finché Bastet non la vide accasciarsi a terra con un rantolo.
“Padre…padre, cosa hai fatto? Hai condannato Khem alla rovina!” urlò la dea gatta, stringendosi le braccia al petto. “Non discutere i miei ordini! Sarai tu a proteggerlo! E se solo osi pensare di dirlo a quel mortale… punirò lui, non te. Figlia mia, le Due Terre sono nelle tue mani adesso.” L’ultima parola non aveva ancora finito di echeggiare nell’aria che il Sommo Sacerdote di Karnak cadde a terra, mentre Ra raggiungeva il suo trono celeste. 
Stavolta hai esagerato.
“Maat, non ho bisogno del tuo permesso per trattare con i miei figli.” Tu no. Ma Khem ne farà le spese. Te ne pentirai, prima o poi.

Suo padre se n’era andato. Tutti se n’erano andati. I loro corpi cominciarono a dissolversi nel vento come sabbia sottile, mentre Bastet urlava al cielo indifferente tutto il suo dolore, di dea e di donna. Sola. Pianse a lungo sotto le palme, poi lanciò un ultimo sguardo ad est, la direzione dove il suo amato si era allontanato. Si asciugò le lacrime con rabbia e, trasformatasi in una gatta selvatica, si diresse a sud.
…continua…

-Note-
Khem: antico nome dell'Egitto

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