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Cliens - Clientes

Il termine al plurale lo abbiamo finora incontrato nei racconti di presentazione di Aife e di Aleksandros, in effetti i più ricchi di termini latini.

Il cliens era una persona che, nella società romana, si sentiva in obbligo di rispetto verso chi era più potente di lui. Questo obsequium, obbligo di rispetto, coinvolge tutti i romani di tutte le classi sociali, a meno degli schiavi ovviamente.
Ricordiamo che gli schiavi erano considerati poco più che animali od oggetti, che fossero o meno istruiti la cosa non aveva alcuna importanza, salvo sulla cifra che il mercante poteva estorcere alla loro vendita.
Dal libero al patrizio, quindi, tutti avevano un patronus, un protettore, che in parole povere si prendeva cura di loro: i liberti rimanevano alle dipendenze del padrone che li aveva liberati, i parassiti che cercavano soccorso in caso di necessità (e quasi sempre economico, ovviamente) o magari anche solo un pasto. Spesso il patronus forniva ai propri clientes, una sportula di cibo da portarsi a casa, altre volte li invitava a fermarsi per il pranzo, più spesso forniva loro delle somme in denaro o rassicuranti impegni ad intervenire in loro favore in caso di lagnanze. In ogni caso, mai un patronus si sarebbe esentato dal ricevere i clientes o ne avrebbe rifiutati di nuovi: era un obbligo morale e sociale accogliere in casa questi postulanti, pena la perdita di reputazione se non avesse ascoltato le lamentele o non avesse risposto ai saluti di coloro che spesso lo attendevano da prima dell’alba.
Questo ricevimento avveniva nel vestibulum, appena oltre la soglia di casa, ma non ancora proprio dentro la casa del ricco protettore. Ogni mattina un cliens faceva visita al proprio patronus per la salutatio matutina, la visita rituale dovuta al dominus che offriva protezione. Di conseguenza, un altro fattore che denotava all’epoca l’importanza e la potenza del signore era la numerosità della clientela che ogni mattina gli rendeva onore, in cambio di una piccola ricompensa. Addirittura, sotto l’imperatore Traiano, la clientela era una pratica così diffusa che i ricchi patrizi stabilirono quello che oggi chiameremmo un “cartello”, imponendo una tariffa, la sportularia, omogeneamente utilizzata da moltissime famiglie signorili, pari a circa sei sesterzi a persona.
Quest’usanza della sportula si rivelava essere un risorsa preziosa per la sopravvivenza quotidiana di tutti quelli che si trovavano in serie difficoltà economiche: avvocati senza cause, insegnanti (Aii) senza alunni, artisti senza lavoro. Ma non solo: anche chi aveva un lavoro od un mestiere arrotondava il proprio reddito con la sportula, bastava presentarsi alla domus prima di andare a lavorare.
Ovviamente vigeva una rigida procedura di accesso della clientela alla presenza del domine, rigorosamente in ordine di importanza sociale: prima i pretori, poi i tribuni, quindi i cavalieri, gli uomini liberi ed infine i liberti.
Bisogna infine dire che i romani erano assai esigenti nella ritualistica quotidiana, non di meno sapevano essere altrettanto generosi. Difatti per potersi presentare al patronus era indispensabile essere vestiti con la toga che, essendo un abito decisamente costoso, era lo stesso protettore a fornirlo ai clientes che ne avessero effettivamente bisogno. Non era importante il modo in cui si giungeva alla casa del proprio patronus, ma era invece molto importante il modo in cui ci si presentava e ci si rivolgeva a lui: mai chiamarlo confidenzialmente per nome in quel momento, al magnate ci si rivolge chiamandolo dominus. In caso contrario si rischiava di tornare a casa a mani vuote.
Questo per quanto riguarda gli uomini, ossia la normalità della vita di un paterfamilias, poiché le donne non partecipavano a questa assistenza quotidiana né in qualità di patrone né come clienti, a meno che non fossero delle vedove o mogli gravemente ammalate portate da clientes intenzionati a indurre il proprio patronus ad essere più generoso del solito.
Nei nostri racconti, invece, le donne hanno conquistato un’indipendenza lievemente maggiore rispetto a quanto qui descritto, nel senso che per quanto preferiscano utilizzare il proprio tempo in altri modi, lasciando quest’incombenza ai rispettivi mariti, è anche vero che sanno fare di necessità virtù, sostituendoli qualora fosse necessario durante l’assenza del compagno.
Questa piccola licenza poetica ci consente una maggiore libertà di azione di molte delle nostre eroine che in futuro andrete a conoscere.

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